DA CONSERVARE CON CURA Ai posteri e agli storici consegno di questa prima campagna elettorale balneare combattuta spiaggia per spiaggia, ombrellone per ombrellone, un tweet di Giuseppi Conte (Repubblica, 20/8/22) :
“Caro Enrico (Letta), possiamo anche illuderci che con Draghi sarà “tre volte Natale e festa tutto il giorno”. Esci dalla nostalgia, la realtà dell’agenda Draghi sono 6 euro in più al mese per i lavoratori a più basso reddito”.
Grazie a questo tweet (dimmi cosa scrivi sui social e ti dirò chi sei) nel futuro, poniamo nel 2052, i posteri si faranno un’idea precisa degli italiani di 30 anni prima. Per esempio noi soltanto oggi, passati ormai 30 anni, abbiamo inquadrato bene i limiti di Mani Pulite e non sappiamo che fine abbia fatto Di Pietro (nel 1992 sembrava a molti un cavaliere senza macchia e senza paura).
In questo tweet c’è tutto. Innanzitutto il rancore, il sentimento che nel 2022 unisce e assimila tutti i politici italiani di qualsiasi colore. Più che al servizio del paese sono al servizio del proprio rancore personale. Il tweet lo scrive il più inetto ed improbabile presidente del Consiglio “per caso” che ci sia capitato di avere, uno che al suo confronto Pella e Goria, Medici e Rumor erano degli statisti. Lo conosceva Bonafede ma poi quando devono formalizzare il contratto giallo-verde gli serve una testa di legno, un prestanome, essendo i due vice Di Maio e Salvini i capi politici della coalizione. E infatti il Conte1 diventa il governo di Salvini fino a quando lo stesso non decide di suicidarsi al Papeete. Il 66°governo della 18^ legislatura viene chiamato Conte2 e rimane in carica dal 5 settembre 2019 al 13 febbraio 2021, per un totale di 527 giorni. Un anno e mezzo con la pandemia (le disgrazie non vengono mai da sole) dove il burattino si trasforma in un bambino comparendo in tv la sera per parlare agli italiani che pendiamo dalle sue labbra. Il naso gli si allunga ma nessuno lo nota.
Nel 2052 gli italiani avranno ormai appurato che la mancata dichiarazione di zona rossa di Nembro e Alzano nel bergamasco, quell’indecisione fatale di 7 giorni per poi il settimo giorno chiudere tutta la Lombardia, ha causato il disastro lombardo con la pandemia che dilagò al nord. Lo spiega nei dettagli “L’ora Zero. 9 marzo 2020, la notte in cui il Covid si è preso l’Italia”, un grande reportage di Repubblica (di Carlo Bonini, Ciriaco e altri giornalisti) che racconta e collega i fatti di questa pandemia all’italiana. La foto di un Paese arrivato nudo all’appuntamento con il Big One, l’epidemia che tutti aspettavano. E che nessuno è riuscito a fermare perchè il destino ci ha estratto a sorte Giuseppi e Speranza Roberto.
Grazie a santo Mattarella e all’astuto Renzi l’Italia si libera poi di questo inetto chiamando l’uomo che il mondo ci invidia, Draghi. Un uomo che a 74 anni potrebbe godersi la vita e che invece, nell’ora del bisogno, si mette a disposizione per tenere in piedi la baracca. In cambio deve gestire il marciume politico e certa stampa incapace per disonestà di distinguere l’oro dal piombo. Come ha ricordato Daniele Manca, vicedirettore del Corsera, Draghi riesce in un miracolo-impresa ( appunto paragonabile a “tre volte Natale e festa tutto il giorno”), racchiusa in quei numeri che ci dicono che l’Italia cresce più e meglio di molti partner come Germania e Francia.
“Esci dalla nostalgia”, grida l’Inetto a Letta, perchè Draghi l’uomo solo al comando, l’uomo dei miracoli, l’uomo che controlla i soldi del Pnrr, deve rappresentare, per la politica marciume, una parentesi. E così, calcolato che il 24 settembre 2022 i parlamentari potranno avere il loro vitalizio, si può votare il giorno dopo, per consegnare la penisola ad una donna, la Meloni.
L’uomo indeciso a tutto, beninteso, non voleva far cadere Draghi, ne voleva prendere solo le distanze, ma egli è Zeno, il redivivo inetto di Svevo. Come lui è inadatto a vivere perché incapace di rischiare e di mettersi in gioco, incapace di esprimere i suoi veri desideri e perciò costretto a rinunciarvi. Pertanto la sua inettitudine apre la strada a chi a votare ci vuol andare davvero sulla base dei sondaggi. In Italia i posteri capiranno bene che a settembre 2022 c’è “quella sensazione comune a famiglie e imprese di dover viaggiare continuamente sul filo del rasoio, cosa che allarga a dismisura l’area del disagio. Se i numeri aggregati ci disegnano un Paese che continua a correre, le bollette di gas ed elettricità che cittadini e aziende ricevono ci ricordano quanto i prossimi mesi potranno essere difficili”.
Votare è sacrosanto, votare per disfarsi di draghi è un sucicidio collettivo. Per la prima volta gli italiani si erano trovati davanti ad un esecutivo che nonostante pandemia e guerra aveva una direzione chiara che era racchiusa in una sola parola: crescita. Un esecutivo nato dall’emergenza, al quale Mattarella aveva dato un solo compito economico (e c’è finanche chi da Draghi avrebbe preteso nientemeno che la riforma della Rai!), vista la situazione di crisi pandemica che ci ha portato a perdere oltre il 9% di prodotto interno lordo in un anno. Draghi ha accelerato sul fronte delle vaccinazioni liberandosi del faccendiere Arcuri per potere permettere al Paese di riaprire in sicurezza e lavorare alla ripartenza. Per innescare poi, su quella ripartenza le misure, le riforme legate al Pnrr, che hanno condotto il Paese a realizzare nel 2021 un aumento storico del 6,6% del Pil e, nel primo semestre di quest’anno, un altro più 3,4% già acquisito. Insomma, è riuscito a recuperare interamente la frenata determinata dallo stop del Covid.
I continui rincari dei prezzi dell’energia, cominciati già nel novembre 2021 ben prima dell’invasione russa in Ucraina, avevano visto l’Italia farsi promotrice di quel tetto ai prezzi del gas che soltanto mesi dopo l’Europa avrebbe accettato di discutere. Contemporaneamente si avviavano quei sostegni anti rincari finalizzati non solo a dare sollievo ai cittadini e all’attività economica ma anche a evitare di frenare lo sviluppo.
Con sulle spalle un debito pubblico che ha superato i 2.700 miliardi l’Italia non ha scelta, sa che il debito è gestibile solo se il Paese continua a crescere. Se cioè il rapporto tra indebitamento e pil scende, come è accaduto in questo anno e mezzo, periodo nel quale è stato tenuto sotto il 147% annunciato.
Quel debito significa dover pagare attorno ai 70 miliardi l’anno di interesse agli investitori. Per riuscire a farlo la finanza pubblica (il saldo di entrate e uscite, il fisco e la spesa pubblica dello Stato) deve essere in grado di sostenere la spesa. Altrimenti chi ci presta soldi, a iniziare dagli stessi italiani, pretenderà interessi ancora più alti (il famoso spread che si allarga).
La campagna elettorale marinara non ha posto di fronte il Bene e il Male, perchè tutti i medici al nostro capezzale hanno prescritto la stessa dolce medicina: fornire soldi ai cittadini e magari anche alle imprese. Lo stesso governo Draghi, per come già detto, ha stanziato in poco più di un anno ben 33 miliardi da destinare a cittadini e aziende penalizzati dai costi fortemente in rialzo di luce e gas.
Ma mentre quelle di Draghi sono misure temporanee, i suoi critici promettono provvedimenti strutturali che ammazzeranno i conti dello Stato. Hanno promesso riforma delle pensioni o aumenti indiscriminati degli stipendi oppure improbabili tagli di tasse. In questo modo non si favorisce la crescita, anzi, deteriorando i conti pubblici se ne minano le basi future. Inoltre verrà rotto quel patto di fiducia instaurato dal nostro Paese con l’Europa e che è stato decisivo sia per combattere la pandemia sia per garantirci con il Pnrr la costruzione della ripartenza.
Poche settimane dopo il voto del 25 settembre il nuovo possibile governo Meloni dovrà varare una Finanziaria per il 2023.
Con Draghi avevamo una direzione ben tracciata, adesso gli investitori e i nostri partner internazionali aspettano di farsi un’idea della nuova direzione del Paese. Gli hedge Fund stanno scommettendo contro l’Italia in vista delle elezioni, scrive il Financial Times, e hanno montato la maggiore speculazione contro i titoli di stato italiani dalla crisi finanziaria globale. I partiti non se ne curano. Promettere sostegni è facile. Ma saper governare significa combinarli con quella crescita senza la quale nessun Paese riesce a garantirsi un futuro. Con la decrescita felice e i No a tutto tranne ai sostegni non si cresce e inoltre non si va da nessuna parte. Ma per Conte che dovrà stare all’opposizione tutto fa brodo, lui non ha nostalgia di Draghi e quelli che che nel 2052 studieranno le nostre vicende non lo definiranno inetto come generosamente ho fatto io. Semplicemente non se ne occuperanno affatto così come oggi nessuno ricorda quasi più chi fosse Di Pietro. Figurine che la storia dimentica.