(20/9/22 Repubblica) Il nuovo algoritmo che darà una svolta all’evasione fiscale in Italia si chiama VeRa. L’acronimo sta per Verifica dei Rapporti finanziari e per ora siamo alla versione 1.0. All’alba di ciò che sarà il super calcolatore in casa Sogei, in grado di elaborare milioni di dati in contemporanea e sputare liste selettive di contribuenti a rischio di evasione fiscale. VeRa e le sue sorelle o fratelli impareranno dall’esperienza. E grazie all’Intelligenza artificiale evolveranno e si miglioreranno, diventando sempre più precisi.
L’evasione fiscale e contributiva in Italia è scesa per la prima volta sotto i 100 miliardi nel 2019, ultimo dato ufficiale: 99,5 miliardi. Scende da quando il fisco è diventato più digitale, a partire dal 730 precompilato. Ma resta altissima. E la svolta arriva ora grazie al Pnrr che ha messo tra gli obiettivi anche quello di erodere il moloch del tax gap, la distanza tra le tasse dovute e quelle incassate, al 15,8% entro il 2024 dal 18,5% del 2019. Non sarà facile. Se non ci fosse stato il Pnrr, a fine giugno non sarebbe mai arrivato il decreto ministeriale che l’Italia aspetta da quasi tre anni, dalla legge di bilancio 2020: incrociare i dati per avere liste sempre più selettive e accurate di potenziali evasori.
Ora ci siamo. E anche se la delega fiscale, ormai decaduta con la fine del governo Draghi, avrebbe impresso altro sprint alla lotta all’evasione, VeRa e i suoi eredi esistono. E hanno l’ok del Garante della Privacy. Va bene cioè incrociare i dati dei conti correnti, immobiliari, finanziari, le fatture elettroniche, i pagamenti con le carte degli italiani purché questo incrocio non sia una caccia alle streghe. Sia fatto cioè su dati “pseudo anonimizzati” e solo dopo, a liste compilate e controllate da “umani”, abbinati a nomi e cognomi per un’ultima chiamata gentile. Per dare la possibilità di spiegare l’inspiegabile, scostamenti improvvisi nei saldi dei conti correnti, anomalie che VeRa non riesce a giustificare.
Quanto impulso potrà avere questa lotta all’evasione 2.0? La strada è tracciata, ma a guardare i programmi dei partiti in campagna elettorale c’è poco da sperare. Di evasione si parla poco o zero. A destra anzi prevalgono condoni, flat tax, rottamazioni, saldi&stralci. Eppure, calcola l’Osservatorio dei conti pubblici della Cattolica di Milano, la rottamazione e le sue varianti hanno riportato nelle Casse dello Stato solo 18 miliardi su 53 totali, dal 2016 a oggi. Il direttore dell’Agenzia delle Entrate Ernesto Maria Ruffini ha riferito in Parlamento che “non hanno avuto effetti deflattivi”.
Vale a dire che non hanno ridotto il magazzino fiscale da 1.100 miliardi di tasse, multe e contributi mai pagati da 19 milioni di italiani in debito con il fisco (16 milioni di persone fisiche e 3 milioni di società). L’equivalente di 22 anni di crediti non riscossi: un unicum al mondo. Che fare di 130-140 milioni di cartelle? Per Salvini la risposta è chiara: colpo di spugna.
Fatto sta che ogni anno l’Agenzia conta 70 miliardi di crediti da riscuotere e solo 10 riscossi. Di sicuro il fisco da remoto, digitalizzato, affidato a VeRa e all’AI, darà una mano. Come la fattura elettronica obbligatoria dal primo luglio anche per le partite Iva in regime flat tax sopra 25 mila euro di ricavi (le altre dal primo gennaio 2024, nuovo governo permettendo). E la trasmissione giornaliera dei pagamenti elettronici dai gestori di carte e bancomat all’Agenzia delle Entrate, 7 miliardi di dati in un anno: volano formidabile per verificare la congruità tra scontrini emessi e strisciate al Pos.
L’obiettivo di incassi dalla lotta all’evasione è ambizioso: 14,4 miliardi quest’anno, 15,9 nel 2023 e 16,1 nel 2024. Come pure il vincolo Pnrr. Resisteranno ai nuovi inquilini di Palazzo Chigi?
ADDIO ALLA DELEGA FISCALE Nonostante le richieste del premier Draghi, i partiti bruciano due anni di lavoro. Stop alla riforma di Irpef, Irap, Ires, catasto. Cade anche il cashback fiscale. Salta così uno dei punti del Pnrr, anche se non vincolante