Ci sono Silvio Berlusconi e le «persone perbene» che l’amico Vladimir Putin avrebbe voluto mettere al governo di Kyjiv con un’operazione speciale che il Cavaliere avrebbe condotto militarmente in maniera diversa, tipo quando spiegava a Sacchi come schierare il Milan.
C’è Matteo Salvini, armato di crocifisso, t-shirt putiniane e un canestro di parole in cirillico. C’è Giorgia Meloni con il suo faro illiberale Viktor Orbán e con quello golpista Steve Bannon, arricchiti da camerati che salutano Romano, dalla più improbabile classe dirigente d’Europa, naturalmente dopo i Cinquestelle, e da un tal Federico Mollicone che non riconosce le unioni civili, Peppa Pig e presto, si immagina, anche l’aborto, sempre sulla scia degli amici Orbán e Trump.
Questo caravanserraglio di neo, ex, post fascisti pensa di poter governare l’Italia. Auguri a loro e a tutti noi.
Vedremo nei prossimi giorni se questo confuso assembramento avrà la forza elettorale e politica oppure se avrà bisogno dell’aiuto di quell’altro campione del mondo di bipopulismo che ci stava facendo fallire e morire durante il Covid, ovvero il premier che ha fatto sfilare l’esercito russo sulle autostrade italiane mentre gli italiani erano in lockdown e che ha messo a disposizione dei brutti ceffi di Trump (e dei mandanti del Cremlino) l’expertise delle autorità di intelligence per aiutarli a diffamare Biden e a inguaiare il governo di Kyjiv.
Per tutto questo, Giuseppe Conte è stato allontanato a pedate nel sedere da Palazzo Chigi, scatenando un entusiasmo popolare che non si vedeva dalla vittoria Mundial del 1982 e a poco è servito il servizio d’ordine offerto dal Pd e da Giuliano Ferrara (in psicanalisi, questa che ha colpito il Partito Democratico e il Foglio quotidiano si chiama “sindrome di Volturara Appula”: è come la “sindrome di Stendhal” ma al contrario, perché i sintomi di confusione mentale e di incontrollabile euforia si manifestano al cospetto di personaggi insulsi, di opere oscene e di azioni miserabili).
Oggi Giuseppe Conte amplifica la propaganda del Cremlino, spiega come governare a Draghi e s’incarica di difendere il “reddito di pigranza” (copyright del Giuliano Ferrara pre sindrome di Volturara), ed è pronto per un potenziale governo neroverdegiallo (Ferrara scrive già di QuaterConte, memore del successo del Trisconte con Arcuri e Ciampolillo), un esito non del tutto improbabile nel caso di una vittoria mutilata di Meloni, ma anche l’inevitabile chiusura del cerchio bipopulista.
Il Pd è il Pd, l’unico partito costituzionale e repubblicano italiano, il pilastro su cui nel bene e nel male si è retta l’Italia negli ultimi dieci anni, e per questo va ringraziato. Ma è stato trascinato alla sconfitta da risentimenti personali e piccinerie di dirigenti che giocano al piccolo socialdemocratico, confondendo la socialdemocrazia con il populismo, Olof Palme con Rocco Casalino. Socialdemocratico è Tony Blair, non Peppe Provenzano.
Qualche giorno prima del voto, sulle storie Instagram di una parlamentare del Pd abbiamo visto un surreale party elettorale con Letta e Franceschini in piedi in un salotto molto borghese e molto elegante, dotato di primari drappi e di velluti in purezza e popolato di signore ingioiellate e di signori con nodo importante di cravatta, tutti incantati dalla dolce melodia di un violino suonato per l’occasione dal sindaco Dario Nardella. Niente come quel salotto del Pd rievoca alla perfezione la scena madre del Titanic e della famigerata orchestra che suonava nonostante la nave stesse affondando. Per fortuna, Giorgia Meloni non se ne è accorta, altrimenti ne avrebbe fatto uno spot da plebiscito.
Restano solo i due Dioscuri, Castore Renzi e Calenda Polluce, insopportabili e irrequieti quanto si vuole, ma allo stesso tempo gli unici che combattono il bipopulismo perfetto italiano, gli unici che hanno un progetto politico europeo per ridimensionare sovranisti e demagoghi e gli unici che riconoscono come l’Italia, l’Europa e il mondo abbiano ancora bisogno di Mario Draghi.