Faccio sempre l’esempio del referendum sul divorzio nel 1974 per raccontare come sia stata stravolta dalla tecnologia la discussione politica. Quasi mezzo secolo fa l’intero popolo italiano discuteva animatamente, e si divideva sulle opzioni, su un tema che riguardava non soltanto la famiglia nata dal matrimonio referendario ma anche i diritti civili, le opzioni valoriali e laiche, il significato di poter rimediare ad uno dei tanti errori che si fanno senza volerlo nella vita. Appena due anni prima Pio Baldelli col suo “Informazione e controinformazione” (Mazzotta editore) aveva aperto la mente a noi giovani sui mass-media, “arma micidiale nelle mani della classe dominante contro la quale si può combattere solo conoscendone a fondo i meccanismi e le tecniche”. Operazione vana ed inutile dal momento che venti anni più tardi Berlusconi avrebbe messo tutti in riga imponendo il suo messaggio con le sue tv che trasmettevano con le cassette gli stessi programmi sfalsati di pochi minuti in ogni regione. Nel ’79 Eco, Livolsi e Panozzo (Informazione, consenso e dissenso, Il Saggiatore) ci illustravano il concetto di completezza dell’informazione e obiettività “non più come oggetti di dispute specialistiche, ma come temi per la lotta politica per lo sviluppo democratico del paese”. Pensavamo di dover combattere per affermare la verità, per far prevalere i fatti e il ragionamento, ma nessuno di noi avrebbe mai immaginato che saremmo finiti a dover occuparci dei terrapiattisti e delle bufale che i social impongono senza possibilità alcuna di confutarle. Ora che ciascuno di noi ha potuto prendere la parola, accanto agli specialisti ai politici e agli intellettuali, quel che pensavamo fosse maggiore democrazia si è rivelata una torre di Babele.
Il mondo in cui noi viviamo, quello in cui da Putin all’ultimo scarcinato leone di tastiera tutti sono impegnati h24 ad imporre le loro bufale, segna il definitivo superamento dell’illusione illuminista e delle magnifiche sorti e progressive dell’umanità, non a caso giunta a considerare come possibile l’annientamento nucleare in una sorta di muoia Sansone con tutti i filistei che neppure il più acceso nichilista avrebbe creduto di arrivare a scorgere così da vicino. Da un punto di vista puramente economico forse non sarebbe razionale per la Russia bruciare gas pur di non fornirlo all’Europa. Ma quando ci sono di mezzo aspetti geopolitici e militari (oltre al fanatismo della leadership russa attuale), è pericoloso fare affidamento sulla razionalità altrui. La politica ormai può assumere qualsiasi tesi (tipo: i vaccini fanno male, o la terra è piatta) e attraverso la semplice ripetizione costante qualsiasi tesi, anche la più idiota o folle o stramba, può imporsi e fare proseliti. I seguaci, convinti e innamorati di una tesi, a loro volta si mobiliteranno per fronteggiare, sputtanare e annientare tutti i contrari, che diventeranno i nemici. Lo faranno innanzitutto sui social ma poi dai social tutto tracima verso i mass media e poi si sversa nel grande mare dell’odio incontenibile che arma i killer/kamikaze in azione per passare dalle parole ai fatti. Non è che il nemico lo puoi soltanto e sempre deridere o offendere, prima o poi giunge il momento in cui lo devi molto prosaicamente eliminare, magari prima avendolo torturato ben bene perchè la morte sia la più dolorosa che si merita. Voglio dire che i social dove ognuno di noi, se li usa, parla soltanto con quelli che la pensano come lui, sono ormai l’accampamento di tante tribù nelle loro tende. Ogni tribù è formata da fanatici o faziosi, per fare un esempio sportivo, la tribù juventina, la quale a sua volta si divide in allegriani e antiallegriani, e così via, perchè poi gli antiallegriani si dividono in tante altre fazioni , per cui da una tribù originaria avremo a cascata tante piccole tribù sempre più minuscole che figlieranno altre tribù sino alle monadi, i pensatori liberi, esemplari unici che però si pensano uni e trini come la santissima trinità. La storia della sinistra ( anche italiana) con le scissioni e divisioni in realtà ha anticipato quello che i social rendono oggi evidente.
Alle nostre spalle ci sono ormai i mitologici Protocolli dei savi Anziani di Sion, che restano ancora oggi la più famosa falsificazione propagandistica antisemita, redatta probabilmente da un agente della polizia segreta russa. Apparve in forma abbreviata nel 1903, e integralmente nel 1905, ma si diffuse soprattutto negli anni successivi alla Prima guerra mondiale. La propaganda con la sua organizzazione statale che fece un salto durante la seconda guerra mondiale (guerra psicologica) e che i regimi autoritari e i dittatori hanno usato e usano per rafforzare il potere è ormai un’arma potente che i social hanno reso disponibile per qualsiasi uomo che sappia usare internet. La menzogna non è più distinguibile dalla verità, e ogni Salvini che usa la Bestia con i suoi troll per imporre i suoi obiettivi attraverso il Ministero della Paura induce i suoi avversari a mobilitare forze uguali e contrarie. Conosciamo meno, perché è più recente e nonostante ci viviamo immersi, la componente digitale della società. Ha scritto Chiara Valerio che la scuola italiana ha ignorato la centralità dello studio dei linguaggi delle macchine, accelerando quel processo che ci fa leggere la tecnologia come un fenomeno religioso, che ci sovrasta e accade indipendentemente da noi. Infatti, con un neologismo “edulcorato” si è cominciato a parlare di “storytelling”, per cui la realtà non va più descritta ma narrata, non va più analizzata nelle sue nude cifre e sezionata per capirla, ma va offerta all’immaginario di tutti attraverso gli effetti speciali delle emozioni. Non c’è più, ai nostri tempi, chi ha ragione e chi ha torto, chi ragiona e chi vaneggia, chi può dimostrare una tesi con metodo scientifico e chi può confutarla usando lo stesso metodo. C’è solo la guerra della comunicazione pubblica condotta con tutti i mezzi sino a condizionare e manipolare gli esiti elettorali di qualsiasi paese. La vicenda della pandemia, che in apparenza ha dimostrato due cose, il valore della globalizzazione (perchè solo collaborando su scala mondiale il vaccino è arrivato presto) e il prestigio della scienza, in realtà ha lasciato le cose come stavano perchè l’umanità sembra aver dimenticato che mangiando si fanno briciole, che non ci sono pasti gratis, che ogni moneta continua ad avere due facce, che ogni medicina e cura hanno le loro controindicazioni. Insomma, anche il metodo scientifico, fatto di prove ed esperimenti prima di arrivare ad affermare una tesi provvisoria che sarà poi superata da un’altra anch’essa costruita sulla base di prove ed esperimenti, ce lo siamo giocato con assurdità del tipo “uno vale uno”, o la libertà consiste nel poter fare quello che uno vuole senza capire prima se uno vuole davvero quello che fa oppure si è intruppato con la sua tribù a seguire il pifferaio magico. La storia del pifferaio magico è una storia vecchia, la sanno tutti. Parla di una città invasa dai topi e di un giovanotto che, con il suo piffero incantato, portò tutti i topi ad annegare nel fiume. Poi il sindaco non lo volle pagare e lui ricominciò a suonare il piffero e si portò via tutti i bambini della città. Con lo stesso mezzo si possono fare cose ben diverse, come capì anche Nobel inventando la dinamite.
Nella risposta a Togliatti, pubblicata sul numero 35 del Politecnico nel 1947, Elio Vittorini pose una domanda: chi è lo scrittore rivoluzionario? Colui che asseconda la politica limitandosi a suonare il piffero per la rivoluzione; o rivoluzionario è lo scrittore che, attraverso gli strumenti della letteratura, sa individuare e comprendere le vere esigenze dell’uomo?
Anni dopo, in una lettera a Calvino Vittorini spiegò che per lui la vera cultura è quella capace di ricercare la verità, senza piegarsi a nessuna esigenza esterna. Nel Politecnico ho tentato di convincere i politici a riconoscere che se una parte della cultura lavora per la civiltà e può, come tale, piegarsi anche alle esigenze politiche, un’altra parte della cultura (la cultura nel suo senso maggiore, e specialmente la poesia, le arti) lavora principalmente per la verità, per la ricerca della verità, e non può dunque assecondare le esigenze immediate della politica senza il rischio di perdere ogni senso e ogni valore.