La Meloni underdog e l’età

Leggo Guia Soncini che scrive su Tasmania, il nuovo libro di Paolo Giordano (19/12/1982), il quale compie quarant’anni tra qualche settimana. Giordano è un bravissimo scrittore, ma è anche un fisico che sulla pandemia scrive sempre cose molto illuminanti e acute.

“Quando uscì La solitudine dei numeri primi aveva appena compiuto 25 anni. L’età alla quale Aaron Sorkin scriveva sui tovagliolini del bar in cui lavorava i dialoghi di quel che sarebbe diventato Codice d’onore, Orson Welles preparava Quarto potere, io cercavo di capire cosa volessi fare da grande, e Giorgia Meloni aveva già le idee chiarissime”.
Comincia così nella mia mente il gioco dell’età, e mi domando cosa facessi io a 25 anni. Niente, mi ero laureato a 23 e mi guardavo attorno, così provai a fare domande di supplenze a scuola perchè così non dovevo chiedere favori a nessuno. A 25 anni mi diedero una supplenza e così scoprii che potevo essere remunerato per un lavoro.
La Meloni si è definita «Underdog», significa non essere il più quotato per la vittoria e vincere comunque. “Commentatori non so quanto stolidi e quanto pretestuosi hanno precisato che la Meloni è sempre stata favorita a queste elezioni, era sottosegretario a 29 precoci anni, e insomma che underdog sarebbe?
Non è mica un’underdog, obiettavano i saperlalunghisti: era già ministro a 31 anni, e a queste elezioni era favoritissima. Ma davvero mi state dicendo che voi vent’anni fa – ma pure dieci, ma pure cinque – avreste scommesso su una pischella di estrema destra come futura presidente del consiglio?”.

Io certamente no, gli occhi a palla della Meloni non mi hanno mai fatto immaginare il suo successo politico.
Meloni (15/1/1977), 1,63 d’altezza, dal 22 ottobre 2022 è Presidente del Consiglio dei ministri della Repubblica Italiana, prima donna nella storia d’Italia a ricoprire questa carica, e io come tanti non avevo mai pensato che potesse accadere anche se sono convinto da almeno dieci anni che la sinistra dovrebbe avere una donna di 30 anni come sua leader (ma non Edy Schlein, per favore, che quando parla non la capisco).
A 29 anni Meloni è stata vicepresidente della Camera dei deputati e a 31 per tre anni ministro per la gioventù nel quarto governo Berlusconi.
Ecco, io a 32 anni diventavo insegnante di ruolo nella scuola e mi diedero l’incarico a Cirò Marina in un istituto tecnico, ogni giorno per arrivare a scuola impiegavo in auto 75 minuti all’andata e 75 al ritorno. L’anno successivo, avevo 33 anni, mi trasferirono a Crotone e riuscivo a fare il tragitto in meno di un’ora. A 37 anni la Meloni ha fondato, insieme a Ignazio La Russa e Guido Crosetto, il partito Fratelli d’Italia, a me a 43 anni mi hanno mandato a Bordighera (SV) a dirigere una scuola mentre la Meloni a 45 fa già il presidente del Consiglio dopo aver partorito Ginevra a 39 anni.

(Guia Soncini) “Ho pensato a quella cosa verissima che diceva Camille Paglia: che non è vero che ci sono meno donne di successo, nella storia, perché sono state discriminate. Ci sono meno donne perché a certi livelli di eccellenza arrivi solo con un approccio ossessivo al tuo lavoro che le donne in genere non hanno. La ragione per cui non c’è mai stata una Mozart, diceva Paglia, è la stessa per cui non c’è mai stata una Jack la squartatrice.
Quando ce n’è una, è perché in lei ha trionfato il maschile – che non è una sconfitta, se non siamo così prive di senso del ridicolo da pretendere che essere ossessive rispetto alla merenda del puccettone di mamma sua valga quanto essere ossessivi rispetto al capire come scindere l’atomo. Se non siamo incapaci di ammettere che i Nobel non li vince proprio chiunque mentre i figli li fanno anche i gatti”.