Scuola/ Adesso scoprono la violenza ma la raccontai gia’ nel 2014

Oggi 3/2/23 Corrado Zunino su Repubblica scrive: Vodka a ricreazione e aggressioni ai prof diffuse con lo smartphone: inchiesta sulla scuola violenta

Quello aperto dagli studenti contro i loro insegnanti è un vero conflitto. Istituti evacuati per lo spray al peperoncino, zaini che si abbattono “per errore” sulle docenti del sostegno. “Ci lanciano chiodi, urlano insulti sessisti”. Pavia, Modena, Reggio Emilia, Ferrara, Ancona, Napoli, Foggia, Cosenza: l’ultima emergenza è il comportamento aggressivo della generazione post-Covid

A Zunino nel 2015, otto anni fa, avevo inviato il mio libro “La fabbrica dei voti finti”, dove a pag. 114 avevo scritto così:

“Ormai sono venuti meno i confini tra realtà e reality ed è come se vivessimo nei regimi ad economia socialista, quando lo stakanovismo di qualche volontario nascondeva la situazione normale della sottoccupazione e dell’improduttività (Rosario Drago). «Non siamo ciò che fingiamo di essere, perciò dovremmo fare attenzione a chi fingiamo di essere» (Kurt Vonnegut).

Frequento scuole sin dalla metà degli anni sessanta, e so che non sono più edifici protetti dove entrano studenti, ma ormai senza porte vi entrano soprattutto «non studenti» (li riconosci perché si presentano solo col cellulare senza neppure una penna), sottoposti ad una leva obbligatoria ma almeno in classi miste. Quello che accade per strada succede anche nelle nostre aule e poi lo vedi sugli smartphone degli alunni. Un prof trascinato per il collo da uno studente nell’ufficio del preside, il quale si barrica dentro e il ragazzo tenta di sfondare la porta sino all’arrivo della polizia; una prof che in preda ad una crisi isterica sbatte i pugni sul pavimento urlando sino all’arrivo del 118… e potrei continuare a raccontare fatti quotidiani e così normali che per quieto vivere non vengono diffusi. La scuola italiana si preferisce credere che sia altro, ma una rondine non fa primavera.

Troppe nostre scuole sono come Twitter, libertà da selvaggio west, comunità senza regole e senza alcuna autorità riconosciuta. I fatti del liceo Virgilio di Roma, dove la preside è stata contestata perché, secondo alcuni genitori e comitati studenteschi, il problema dello spaccio di droga andava risolto «discutendo» tutti insieme e non con l’intervento della forza pubblica, è l’ennesima dimostrazione che dietro al processo al preside sceriffo, colpevole di non volere a scuola spacciatori, fa capolino la concezione della scuola «come comunicazione educante orizzontale, insegnanti, famiglie, studenti, impegnati in una continua, ininterrotta, ricerca del compromesso…Ma la comunità educante semplicemente non esiste…troppo spesso si dimentica che l’educazione è un fatto eminentemente gerarchico. Ora è evidente che nessuna educazione si esercita se la vita degli studenti si sottrare ai principi elementari della legalità». La scuola italiana è raccontata dai media quando protestano i prof oppure per fatti di cronaca nera. Ma proprio a nessuno importa se molte scuole assomigliano ormai a quella del carcere minorile del film «Mary per sempre» (1989). Oppure alla scalinata romana di Piazza di Spagna, con un vigile con fischietto che tenta di salvaguardare quel luogo dai vandali. Gente che esce, gente che entra, chi grida, chi corre, chi si azzuffa, chi mangia, chi urla, chi si abbandona a scene isteriche. Ogni componente della scuola può fare quello che vuole, anche non andarci mai oppure fare il suo dovere; alle riunioni collettive vedi pochi partecipanti che si guardano incerti se valga la pena iniziare, una lezione comincia quando qualcuno, studente o docente, s’impone. Il caos, semplicemente il caos. Magari agli scrutini la percentuale dei promossi con buoni voti è altissima e perciò le iscrizioni aumentano. Una scuola ideale per bulli, prepotenti e sorellastre di Cenerentola.

Zunino, che ora è anche corrispondente di guerra essendo andato a fare reportage in Ucraina, si è finalmente accorto della scuola italiana “non raccontata”.

Sui giornali di tanto in tanto appaiono degli articoli sulla scuola che io chiamo “articoli spia“. La sporadicità con la quale vengono pubblicati produce l’effetto di eccezionalità. In realtà ogni giorno, basta una ricerca sul web e l’esperienza diretta, questi fatti avvengono in tutta la penisola. In genere vengono definiti “scherzi” dai suoi autori, e nessuno riflette più, dunque, su cosa succede per davvero nelle scuole.

Per esempio sul Corsera si legge che “a tre mesi di distanza da quella brutta storia della prof di una scuola di Rovigo colpita a un occhio dai pallini di gomma durante la lezione, la situazione è desolante: nessun alunno è stato sospeso mentre l’insegnante ha cambiato classe. Sembra un paradosso. L’episodio risale all’11 ottobre quando i ragazzini di una classe del primo anno dell’istituto «Viola Marchesini» pare avessero organizzato una sfida: sparare con una pistola ad aria compressa contro l’insegnante di Scienze, Maria Cristina Finatti. A impugnare l’arma giocattolo era stato uno studente, mentre altri riprendevano la scena con il telefonino, per poi diffondere il video su Whatsapp, Facebook, Istangram e Tik Tok”.

La storia, finita a “La vita in diretta” su Rai 1, ha interessato i magistrati, che indagano per interruzione di pubblico servizio, e ora anche il ministro Valditara. Nel frattempo e in attesa, i ragazzi continuano a frequentare le lezioni come nulla fosse accaduto. Il 18 ottobre il consiglio di classe aveva disposto cinque giorni di sospensione per lo studente che aveva sparato e altrettanti per quello che aveva ripreso la scena con il cellulare, due giorni invece per il proprietario della pistola e per l’alunno che l’aveva poi lanciata dalla finestra nel tentativo di sbarazzarsene. Punizioni decise ma mai attuate. Il motivo? La famiglia di uno dei giovani coinvolti ha presentato un ricorso interno alla scuola e il provvedimento è stato annullato: pare vi fosse un errore nella stesura del testo della sospensione.