Sanremo straboccante di giornalisti e napoletani

Sanremo è ormai una saga annuale dove si colleziona il politicamente corretto, dalla Costituzione ai diritti di qualsivoglia specie alla pace. Come la nuova collezione di Armani viene presentata in una sfilata così la nuova collezione dei monologhi contemporanei  a fin di bene viene esibita a Sanremo: un po’ predica e un po’ autocompiacimento, un po’ indignazione e un po’ autopromozione, un po’ mozione degli affetti e un po’ mercato degli effetti (Aldo Grasso).

Siccome non esistono più una donna e una canaglia come il film del 1973 di Claude Lelouch dove lei aspetta che lui scenda dall’aereo però non arriva perchè ci ha ripensato chè gli uomini sono tutti mascalzoni, ora tutto è fluido. Non lo sapete che le canzonette vecchie sono lessico famigliare e quelle nuove sono solo bugiardi numeri di streaming? Lo ha chiesto Guia Soncini e ha ragione perchè in Italia non esiste più un musicista come Umberto Bindi capace di scrivere con Giorgio Calabrese nel 1960 “Il nostro concerto” e se la ascolti 63 anni dopo capisci che certa musica come certa letteratura come certi dipinti sculture invenzioni sconfiggono il tempo e le convenzioni.

Se, come capitò a me per lavoro, andate nei giorni del Festival a Sanremo ci troverete camminando per strada due categorie. La prima è quella dei giornalisti, migliaia di persone che invadono come cavallette gli alberghi da Arma di Taggia  a Ventimiglia per seguire il Festival. A me capitò di incontrare Giovanni De Grazia con Paolo Giura e siccome era il 1993 fate il calcolo da quanti anni Giovanni ogni anno sta andando in Riviera.

L’altra categoria che incontrerete sono turisti napoletani i quali per il Festival hanno una passione smisurata e sono lì in vacanza per una settimana per incontrare h24 e farsi una foto con i cantanti e gli ospiti. La sera non vanno all’Ariston perchè solo pochi fortunati accedono ai biglietti, perlopiù omaggio, e sono tutti rigorosamente claque dei cantanti.

Ecco spiegata la ragione per la quale tutti quelli che continuano ogni anno a ripeterci che Sanremo è la festa nazional-popolare, la solenne liturgia che da tempo si è conquistata il diritto allo splendore civile, secondo me esagerano. E’ una liturgia per i giornalisti e i napoletani. Quelli che lo seguono da casa non fanno testo perchè i milioni di spettatori che vengono ogni anno sbandierati nessuno sa come vengono calcolati. Se io lo vedo per 5 minuti conto quanto uno che vede l’intera trasmissione per 5 ore?

Ma la osservazione  più intelligente che vi regalo a questo punto è quella di Antonio Gurrado: Quando – da Sanremo ai Grammy – qualcuno esalta la musica, l’arte, la cultura in genere per l’impegno sociale, per la capacità di ispirare, ricordatevi che vi sta invitando a decidere se sia più importante Beyoncé o il Rinascimento, la Venere di Botticelli o Chiara Ferragni finta nuda.