Il guaio delle elezioni è che gli astenuti sono sempre sottorappresentati. A ogni tornata i giornali danno risalto sempre maggiore al loro crescente successo – alle politiche del ’48 erano solo il 7,8 per cento a quelle di settembre veleggiavano su un ottimo 27 per cento – ma poi, quando si distribuiscono i seggi, il partito del non voto viene sempre dimenticato. Prendiamo ieri, prendiamo la Lombardia. Dei 78 seggi disponibili, ben 22 sono andati a Fratelli d’Italia, con una percentuale del 25 per cento, pari a molto meno della metà degli astenuti. I quali, con uno schiacciante 68,3 per cento, hanno ottenuto meno seggi perfino del Movimento 5 Stelle (3,9), perfino dell’Alleanza fra Verdi e Sinistra (3,2), perfino di Noi Moderati – Rinascimento (1,2).
Con nessun rappresentante in aula, a stento riescono a eguagliare la smagliante performance di Unione Popolare. Per questo urge una riforma elettorale che assegni agli eletti solo la percentuale di seggi pari a quella dei votanti: per dire, dei 78 scranni disponibili in regione Lombardia, ieri avrebbero dovuto venire distribuiti solo 32. 9 a Fratelli d’Italia, 7 al Pd, 6 alla Lega, 3 ad Azione, e poco altro. E i restanti 46 posti? Alle sedie vuote lasciate da chi non ha votato: da un lato, per ricordare ai politici che, senza riconquistare l’elettorato, il loro potere verrà progressivamente eroso; dall’altro, per dimostrare agli eletti che, se nessuno va a votare, non li rappresenta nessuno.