Aldo Cazzullo/ Perchè l’Italia non vota a sinistra

Aldo Cazzullo sul Corsera ha spiegato perchè secondo lui la sinistra perde le elezioni:
“Credo che la sinistra abbia perso e perda per altri motivi. Nel dopoguerra quasi tutti i Paesi europei erano governati dai conservatori (tranne il Regno Unito grazie alla sorprendente vittoria laburista del 1945). Ovunque la sinistra è andata al potere — con Brandt in Germania, con Mitterrand in Francia, con Gonzalez in Spagna — rinunciando al marxismo. In Italia avevamo il più grande partito comunista dell’Occidente; il che si è rivelato un problema più che un’opportunità.
Inoltre l’estremismo rosso degli anni 70 ha suscitato paura e ripulsa anche in ceti che negli altri Paesi guardavano alla sinistra con interesse. Il Pci prendeva i voti nei grandi conglomerati industriali del Nord — Torino, Genova, la cintura Nord di Milano, Marghera — che ora non esistono più, mentre parte dei ceti popolari guarda ora a destra.
Ma credo ci sia una motivazione ancora più profonda. La maggioranza degli italiani non crede alla sinistra perché non crede alla politica. Teme lo Stato. Non vuole che il governo si occupi della sua azienda e della sua famiglia. Considera la sinistra sinonimo di tasse. Non concepisce che un politico possa fare qualcosa nell’interesse di qualcuno che non sia se stesso o un proprio caro.
La sinistra ci ha messo del suo, tassando e minacciando di tassare ancora di più i suoi stessi elettori del ceto medio. E assumendo un atteggiamento di superiorità intellettuale e morale che proprio non la rende simpatica.
Il risultato è che ci tocca in sorte una destra che di liberale ha poco.”

Condivido quasi tutto di quello che sostiene Cazzullo. Cerchiamo dunque di riassumere le ragioni che non fanno diventare la sinistra maggioranza elettorale: 1) l’origine marxista del Pci, sfociata poi nella stagione dell’estremismo rosso; 2) La politica economica “tassa e spendi” che ha alla fine penalizzato anche i ceti medi; 3) Non è più prevalente il lavoro industriale perchè oggi esistono i lavori, autonomi o precari; 4) La sinistra Ztl è antipatica per la superiorità intellettuale e morale che esibisce.

Ma detto ciò, secondo me restano altri nodi di fondo che nel passaggio dal Pci ai Ds non si sono ancora sciolti. Tali nodi rappresentano le ambiguità e le contraddizioni che sopravvivono in una lunga storia politica cominciata come opposizione al predominio democristiano. Sono come delle cicatrici profonde che sono rimaste in un corpo politico. Esse sono:

a) l’ostilità verso l’impresa e il libero mercato (e predilezione per le industrie di Stato e la contrattazione collettiva);

b) attraverso un legame profondo con la Cgil si perpetua il valore assoluto dato alla concertazione

c) i ceti di riferimento, venuti meno operai e contadini, sono diventati il pubblico impiego e i pensionati, ovvero le sole categorie sindacalìzzate

d) persiste grande diffidenza se non aperta ostilità verso gli Usa e la Nato, in un tentativo ancora idealistico di trovare una terza via o una neutralità di fatto impossibile sullo scacchiere internazionale;

e) la contraddizione maggiore resta quella verso le disuguaglianze, che non si manifestano in Italia solo tra Nord e Sud, tra città e paesi, tra uomini e donne. Si concretizzano in una incontrollabile evasione fiscale che attraverso lavoro sommerso e abusivismo rende il nostro paese ingiusto e piegato dal debito pubblico.

f) l’assistenzialismo, il giustizialismo, una meritocrazia all’incontrario, sono le coordinate culturali dominanti di una sinistra che intende procurarsi voti stando sempre al governo in nome di emergenze ripetute

Insomma, secondo me, proprio perchè, come dice Cazzullo, la destra che ci ritroviamo in Italia “non ha niente di liberale” noi italiani abbiamo sommato ad una destra illiberale una sinistra marxista che ha mantenuto tratti ideologici preesistenti alla caduta del Muro. Il risultato è un paese che aspettando di decidere, decide sempre di aspettare. Il mercato, la libera concorrenza, lo stato di diritto con tutte le sue garanzie, i doveri accanto ai diritti, insomma le virtù antiche del liberalismo, sono concetti combattuti a destra e sinistra.