La Repubblica giudiziaria in cui tocca vivere ci presenta due notizie ( da Repubblica) come queste:
1)” Dice lesbica ad una collega per scherno. La Cassazione: va licenziato”.”
2) “Licenziato perché in malattia va a vedere Fiorentina- Juve: è reintegrato dal giudice”.
Non intendo spiegare i fatti e i dettagli dei casi giudiziari, dico solo che talvolta i giudici nel caso che devono trattare si divertono a trovare coincidenze, e mettendole insieme arrivano ad una conclusione assurda (la stessa di quelli che credono alla leggenda delle coincidenze Lincoln-Kennedy). Mi spiego: un dipendente in malattia fu trovato a gestire una pompa di benzina e un giudice approvò il licenziamento. Uno che durante la malattia va a vedere una partita non deve essere invece licenziato. Ma non è la stessa cosa? No, perchè il secondo giudice unisce vari puntini e conclude: andare allo stadio “non necessariamente implica l’aggravarsi della malattia lamentata (sciatalgia) “, infatti a fine certificazione l’operaio si è presentato guarito. Inoltre: poiché l’orario della partita non coincideva con la reperibilità per la visita fiscale, uscendo di casa l’uomo “ha esercitato il proprio diritto alla libera circolazione”. Per concludere: “Non esiste obbligo di riposo assoluto in pendenza di malattia, se non oggetto di prescrizione medica”. P. S.: “Una partita dura meno di una giornata lavorativa, non richiede particolari sforzi e, in caso di accentuarsi del dolore in quel ristretto frammento temporale il malato avrebbe potuto reagire tramite l’assunzione di un unico antidolorifico”. Sappiate che il linguista Noam Chomsky ci ha già spiegato che la mente umana, a differenza dell’intelligenza artificiale, non cerca di dedurre correlazioni brutali tra i dati.
Guardiamo all’aspetto psicologico dell’azione. Certamente l’ammalato si poteva aspettare che se la ditta lo avesse saputo allo stadio, non l’avrebbe presa bene; mentre l’ autista di bus che ha apostrofato la collega dicendole ” Sei uscita incinta pure tu? Ma perché non sei lesbica?”, magari non temeva il licenziamento in tronco ma forse la reazione dell’ uomo della collega.
O tempora o mores, il comportamento dell’ autista non è solo inurbano, come aveva sentenziato la Corte d’ Appello di Bologna, ma anche discriminatorio, per gli ermellini.
Così è se vi pare, ma essere ammalato, perciò non lavorare e recarsi allo stadio, mi chiedo, è solo inurbano? I giudici hanno ormai l’ ultima parola su tutto, e le nostre vite sono guidate dalle loro teste, ma considerare soltanto maleducato uno che si fa i cavoli suoi ai danni di una azienda che lo paga, a quale “corretta scala valoriale ” fa riferimento? Lavorare agli italiani non piace. Voi se uno si fa male ad una unghia, se l’ammacca, gli dareste 10 giorni di vacanza perchè non può insegnare? Io ho visto anche questo.