Sono tre gli interventi principali del decreto lavoro da venerdì in vigore: un taglio del cuneo fiscale, la riforma del Reddito di Cittadinanza e le misure sulla durata dei contratti a tempo determinato e sui voucher nel turismo. Il taglio di 4 punti ai contributi vale circa 5 miliardi per sei mesi, quindi su base annua è di circa 10 miliardi. Il beneficio netto per i lavoratori interessati sarà però inferiore: 7 miliardi, perché diminuendo gli oneri sociali aumenta il reddito imponibile e quindi le tasse sul reddito. Il monte salari complessivo di chi ha retribuzioni fino a 35.000 euro (i beneficiari del taglio) è di circa 220 miliardi.
Da quando è iniziata la corsa dei prezzi, nell’agosto 2021, i salari hanno perso circa il 10% del loro valore, l’equivalente di 22 miliardi per la platea dei beneficiari. Quindi la misura nel suo complesso compensa circa un terzo della perdita del potere d’acquisto dei beneficiari, una quota comunque non irrilevante. Senonché… questi conti valgono se il taglio rimarrà in vigore per un anno intero. Se dovesse interrompersi a fine 2023, o anche scadere definitivamente a metà 2024, potrebbe addirittura rivelarsi una misura controproducente: creerebbe incertezza e toglierebbe credibilità a tentativi di tagli di tasse futuri. Ma non sarà facile: a fine 2023 scade anche il taglio del cuneo attuato dal governo Draghi, con un costo di 3,4 miliardi. Bisognerà quindi trovare oltre 10 miliardi (7 del taglio Meloni e 3,4 del taglio di Draghi), circa lo 0,5 percento del Pil. Finora non ci sono indicazioni su dove reperirli.
(…) Infine, in materia di contratti viene estesa la durata massima dei contratti a tempo determinato con lo stesso datore di lavoro da due a tre anni. Ma già oggi sono pochissimi i contratti che vengono rinnovati fino a due anni: la carenza di personale delle aziende sta spingendo verso un aumento delle stabilizzazioni. Quindi questa misura avrà effetti pratici limitati.
Una misura che invece irrigidirà il mercato del lavoro è il ritorno ai “causaloni” (motivazioni per il rinnovo dei contratti a tempo determinato) che richiederanno certificazioni, quindi burocrazia. L’opposizione si è scagliata contro la norma che estende l’utilizzo dei voucher nel turismo. I voucher in vigore attualmente, introdotti dal governo Gentiloni, sono però uno strumento molto diverso dai voucher di un tempo. Per utilizzarli bisogna che datore di lavoro e prestatore d’opera si registrino sul sito dell’Inps e richiedano il pagamento di remunerazione e contributi in anticipo, oltre comunicare il luogo e la durata del lavoro.
Se si vuole davvero lottare contro il precariato, invece di demonizzare i voucher o anche i contratti a tempo determinato, sarebbe più opportuno preoccuparsi dei lavori a tempo pieno spacciati per lavori part-time, del lavoro intermittente, del praticantato, dei tirocini, delle finte partite Iva, e di altre stratagemmi fantasiosi per smussare i confini fra il lavoro autonomo e il lavoro alle dipendenze.