La “cronaca di una morte Annunziata” ha uno svolgimento chiarissimo. Non c’è nessun giallo. È semplice: l’intesa Meloni-Conte ha aperto la strada all’occupazione di tutti i posti chiave a favore della destra in cambio di qualche piatto di lenticchie per l’avvocato del populismo. Al quale è stato trovato qualche strapuntino per i “suoi” giornalisti, redattori che lo seguivano quando egli era a palazzo Chigi (ma che criterio è?) Giuseppe Carbone, Claudia Mazzola, più altri tipo Simona Sala, che poi grillina non è mai stata, e Luisella Costamagna destinata a un programma qualitativamente più elevato di Ballando con le stelle.
Almeno questi sono i nomi noti ma è chiaro che nei gironi danteschi di Saxa Rubra gli amici di Conte non verranno mai ostacolati: gli amici non si dimenticano. Perché Giorgia Meloni ha avuto veramente bisogno di un amico, di una stampella (altro che Terzo Polo) dato che in Consiglio d’amministrazione la maggioranza di governo non avrebbe avuto i voti necessari per le nomine proposte da Roberto Sergio che infatti ieri sono state approvate con tre voti a favore, tre voti contro (tra cui la presidente della Rai Marinella Soldi, non ricordiamo quanti precedenti esistano) e la fatidica e decisiva astensione del consigliere Alessandro Di Majo, in quota Movimento 5 stelle.
La maggioranza di destra si è dunque allargata ai contiani, se è vero com’è vero che la Rai è lo specchio della politica generale, dopodiché Conte può anche fare una manifestazioncina contro il decreto lavoro ma non gli servirà a lavarsi la coscienza.
Dunque una novità tutta politica che ha consentito alla destra di papparsi tutto il pappabile – davvero tutto, a eccezione di un Tg3 che peraltro da anni non è più “comunista”- e nel quale è maturata la scelta di Lucia Annunziata di dire con una mail arrivederci e grazie. Se n’è andata – «non condivido niente» – e al suo posto chissà chi arriverà, uno dei “loro”, magari un altro maschio (non c’è nemmeno un direttore donna).
Con Lucia Annunziata – di cui si ventila una candidatura nel Partito democratico alle Europee, tra un anno, ma questi alla fin fine sono fatti suoi – la Rai perde un altro pezzo pregiato del giornalismo e dell’intrattenimento: “Mezz’ora in più” infatti andava bene. Dopo l’incredibile autogol con il mancato rinnovo del contratto a Fabio Fazio, prosegue dunque l’operazione di annichilimento delle voci non controllabili e critiche mentre resta una roba come “Report” che fa un tipo di giornalismo scandalistico il più delle volte rivolto non certo contro la destra (e anche qui pesa una certa “simpatia” di Conte per il programma di Ranucci, che proprio ieri ha dato dello «scemo» a un collega del Riformista reo di averlo beccato a tavola con il famoso faccendiere Lavitola).
È un repulisti. Si è sempre fatto così? No, così mai. Un minimo di pluralismo e di occhi alla professionalità c’è sempre stato. Persino ai tempi di Silvio Berlusconi. Quindi Fazio, Annunziata. Un professionista come Andrea Vianello spedito a Rai San Marino, una presa in giro, il Tg1 in mano al destrissimo Gian Marco Chiocci, un esterno quando c’era un interno come Nicola Rao – costretto per il manuale Cencelli della destra a lasciare il Tg2 al berlusconiano Antonio Preziosi – al posto di Monica Maggioni. E ci piace a questo proposito riprendere un articolo di ieri di Giuliano Ferrara: «Per oltre un anno scaletta e conduzioni femminili hanno prevalso nettamente su un giornalismo abbottonato, si è sentita un’aria fresca di giornalismo internazionale, il tono era quasi sempre azzeccato, il linguaggio consono, le espressioni dei volti davano ritmo alla secchezza e al coraggio personale di inviate e inviati…». Un lungo elogio, meritato, alla redazione del Tg1 e alla sua ottima direttrice. Che infatti è stata gentilmente mandata via. Mano al telecomando, tele-Meloni&Conte può cominciare.