Scuola/ la tragedia del fiume Lao e il capro espiatorio

È stato ritrovato il corpo senza vita di Denise Galatà, la studentessa diciottenne di una scuola di Polistena (RC), dispersa da ieri dopo essere caduta nelle acque del fiume Lao, nel parco del Pollino, dal gommone su cui si trovava per praticare rafting. Ha detto un’amica e compagna di scuola della vittima, Giorgia Cannatà, che ha assistito all’incidente: «Il fiume era molto agitato, ma le guide ci hanno rasserenato. “State tranquille, non è mai successo nulla, neanche con le onde alte”. 

«Il rafting dev’essere un divertimento in completa sicurezza per le persone che lo praticano», ha spiegato al Corriere Emanuele Bernasconi, titolare di Rafting.it. «Come tutte le attività all’aria aperta (outdoor) ha però un margine di imprevedibilità che cerchiamo di ridurre al minimo. Il livello dell’acqua può variare di ora in ora per le condizioni a monte, si possono creare situazioni inaspettate, ma un istruttore esperto sa come modulare le scelte in relazione alle situazioni».

Intanto sono arrivate anche le parole del Ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara: «Il mio cordoglio ai genitori di Denise Galatà e alla comunità scolastica per questa tragedia. Ho già chiesto alla direttrice dell’Ufficio scolastico regionale della Calabria di disporre adeguati accertamenti e verifiche per capire se tutte le condizioni organizzative e di sicurezza dell’attività proposta ai ragazzi dalla scuola fossero state adottate». La Procura di Castrovillari ha aperto un’inchiesta. L’ipotesi è che ci sia stato uno scontro tra due gommoni. La Pollino Rafting, organizzazione che ha organizzato l’escursione sul fiume Lao, parla invece di una tragica fatalità.

Ecco un caso che provoca due conseguenze terribili, le quali, quando facevo il preside, costituivano insieme la mia preoccupazione più grande. Ho sempre ammirato i miei colleghi che non ci pensa(va)no. La prima conseguenza è la morte di uno studente, l’evento più crudele che possa capitare. A questa fatalità che colpisce una famiglia e una intera comunità si aggiunge un’altra fatalità italiana. Mentre la prima si abbatte sull’umanità con la ferocia del fato, la seconda è invece un costrutto giudiziario-culturale.

Per elaborare il lutto entra in campo l’autorità giudiziaria oltre quella amministrativa superiore che indagano per fornire alla società un colpevole. Dopo aver pianto la morte si fanno indagini per vedere se poteva essere evitata. Le indagini sono rivolte alla ricerca della “possibile” causa della tragedia. Ora il meccanismo è comprensibile. Se io esco di casa passo dal fruttivendolo e poi tornando a casa vengo investito da un’auto, la causa dei danni da me subiti è chi mi ha investito. Solo che risalendo indietro si può dire che se il fruttivendolo non mi avesse fatto perdere tempo o se mia moglie non mi avesse chiesto di comprare frutta, o se mio figlio avesse accettato di comprarla lui la frutta, avrei evitato l’incidente. Insomma dalla causa prossima si può risalire indietro nel tempo trovando altri nessi casuali precedenti.

Ricorderete come nel caso dell’ incidente ferroviario di Viareggio si arrivò a condannare il presidente di FS, Mauro Moretti. Basta porsi una domanda di buon senso. Come può influire uno che sta a Roma, il vertice dell’azienda, su quello che avviene su un treno che viaggia su qualsiasi linea? Allo stesso modo, organizzato un viaggio dalla scuola di Polistena, cosa c’entra la scuola per quel che è successo sul fiume Lao?

Nell’escursione sul fiume Lao la preside era anche tra i partecipanti. Toccherà adesso a lei passare sotto le forche caudine e dovrà dimostrare varie cose: perchè hai deciso di portare gli alunni da Polistena al fiume Lao? Non potevi andare in Sicilia o in Trentino o in qualsiasi altro posto? Dovrà poi spiegare se tutta la procedura burocratica è stata seguita per filo e per segno, se gli accompagnatori c’erano in numero sufficiente e come sono stati scelti, se insomma  l’intera organizzazione sia stata impeccabile. Voi pensate che la magistratura riterrà impeccabile qualcosa? Troverà di certo qualcosa di burocratico e formale che non quadra e la povera preside dovrà difendersi. E’ questo meccanismo infernale, dato dal combinato disposto della magistratura in cerca del capro espiatorio sommata a tutti gli adempimenti formali di cui il preside è il solo unico responsabile (mentre in pratica li fanno i Dsga), a rendere ancora più penosa una tragedia che ha un risvolto umano importante. Oltre al dolore incalcolabile della perdita si aggiunge la pena di una sorta di persecuzione, basti pensare a quel sindaco condannato pur avendo perso sua figlia per opera del terremoto che fece crollare una scuola. Oppure per il terremoto dell’Aquila la condanna in primo grado degli scienziati colpevoli di non averlo previsto.

Ripeto, ammiro i dirigenti scolastici che, al contrario di me, durante viaggi e visite, in Italia e all’estero, riescono a non pensare a tutti i pericoli che corrono ma soprattutto ignorano questo rito del capro espiatorio-giudiziario che in Italia si finge possa alleviare il dolore di una tragedia collettiva.