Tanti anni fa vidi in tv un musicista che spiegò come avevano ideato la canzone “Nessuno mi può giudicare“, che al Sanremo 1968 arrivò seconda (c’era anche Gene Pitney) prima di sbaragliare la Hit Parade. Con la chitarra in mano accennò la famosa canzone di Roberto Murolo “Fenesta ca lucive e mo nun luce/ sign’è ca nenna mia stace malata…”. Poi spiegò che l’avevano solo accelerata con un testo nuovo “nessuno mi può giudicare/ nemmeno tu”. Quell’autore era un triestino del 1938, Lorenzo Pilat, che aveva fatto il cantante nel Clan Celentano con il nome di Pilade, creando diverse canzoni di successo, come Charlie Brown, La legge del menga e Un po’ di vino (quest’ultima incisa in duetto con lo stesso Celentano). Come autore ha partecipato a ben 23 edizioni del Festival di Sanremo e nel 1966 come cantante con Santercole e altri cantò proprio “I ragazzi della via Gluck“, brano escluso dalla finale ma poi diventato un successo eccezionale. Poi negli anni settanta lasciò Celentano e formò, con altri due personaggi, un trio di compositori che in un periodo lunghissimo sfornarono insieme canzoni e hit a getto continuo.
Il più importante e famoso dei tre era Mario Panzeri, nato nel 1911, che è stato autore di decine di successi passati alla storia della musica leggera, tra la fine degli anni Trenta e l’inizio degli Ottanta.
Già nel primo Sanremo del 1951 è l’artefice di “Grazie dei fior”, cantata da Nilla Pizzi. Panzeri è un bollatese d’adozione, ha vissuto per più di trent’anni nel quartiere Ospiate di Bollate nell’hinterland milanese, dedicandosi alla coltivazione di orchidee e di canzoni di successo. Vivendo tra la campagna e Milano, dotato di un innato senso della musicalità, non sapeva suonare nessun strumento nè cantare ma sapeva fischiettare (“vado a orecchio”, era solito ripetere). Ora immaginatelo fischiettare “Maramao perché sei morto” (1939) oppure “Pippo non lo sa”, “Aveva un bavero color zafferano” , il “Re del Portogallo” e la magica “Casetta in Canadà”. Tutti motivi orecchiabili e divertenti anche se poi seppe costruire altri successi come “Cantando con le lacrime agli occhi”, e “E se son rose parlano d’amor” vincitrice a Sanremo. In Liguria è di casa e quando sforna “Papaveri e papere” sempre per Nilla Pizzi, pur classificandosi secondo, fa diventare una canzone un modo di dire, coniando un’espressione che passerà alla storia.
Ma il suo genio è irrefrenabile, prima di lanciare la Caselli con “Nessuno mi può giudicare” e dopo aver prodotto “Come prima”, nel 1959 partecipò allo Zecchino d’Oro con la celeberrima “Lettera a Pinocchio”, poi diventata un evergreen per tutti grazie alla interpretazione di Johnny Dorelli. Infine negli anni Sessanta si unisce a Daniele Pace e Lorenzo Pilat e l’acronimo PacePanzeriPilat diventa una fabbrica di successi. Ricordiamo “Io tu e le rose”, “Fin che la barca va”, la “Tramontana”, “Tu che m’hai preso il cuor”, “Viso d’angelo”, “Quanto è bella lei”, “Vino amaro”, brano dolce e malinconico che ottenne un grande successo in Germania ed è tuttora compreso nel repertorio di molte orchestre italiane. “Alle porte del sole”, brano che vinse l’edizione 1973 di Canzonissima, fu portata al successo negli USA da Al Martino col titolo di To the Door of the Sun.
Ce ne sono molti altri sino agli anni Ottanta quando decide di aver già dato e si dedica (come spiega Paolo Nizzola) alle orchidee, ai funghi, all’orto e al pollaio. E’ scomparso nel 1991, mentre il suo socio Daniele Pace era scomparso nel 1985. Pace è vissuto poco, cinquanta anni, era nato a Milano da genitori di origini pugliesi. Si fece conoscere nel 1968, quando aveva 33 anni, per un successo dei Nomadi Ho difeso il mio amore, la cover in italiano del brano Nights in White Satin, scritto da Justin Hayward e pubblicato originariamente dai Moody Blues. Ma passa un anno e il trio Pace-Panzeri-Pilat si assicurano il successo internazionale (vincendo un Grammy Award) per Love Me Tonight, interpretata da Tom Jones. Era la versione inglese di Alla fine della strada, una canzone del Sanremo 1969 cantata da Junior Magli e dai Casuals e, pensate un pò, eliminata prima della finale
Vento che torni ogni sera a parlare con me,
tu mi domandi: l’amore, l’amore dov’è?
Quando la luna passò,
solo una voce restò;
io mi ricordo che lei mi diceva così:
Vieni, vieni, vieni che alla fine della strada
c’è l’amore per te.
Vieni, vieni, vieni se ti senti innamorato
vieni, vieni con me!
Quando la luna tornò, l’amore mio non trovò:
forse quella voce nella notte io non sentirò
mai più.
Alla fine della strada un albero è caduto
e un fiore si spezzò.
Pace ha scritto – con altre collaborazioni – brani della musica italiana divenuti molto celebri. Ricordiamo: La pioggia per Gigliola Cinquetti, Non illuderti mai, L’altalena, Io tu e le rose, Tipitipitì e Via dei ciclamini per Orietta Berti, E la luna bussò per Loredana Bertè,
Inoltre nel 1971, in piena crisi discografica, Pace riuscì, assieme ad Alfredo Cerruti, Giancarlo Bigazzi, Totò Savio e Elio Gariboldi a far diventare il gruppo degli Squallor un fenomeno di culto, ottenendo anche un buon successo discografico e prendendosi gioco della censura che ancora negli anni settanta era molto forte.
Nel 1984 Daniele Pace fu anche tra gli interpreti del film Arrapaho, diretto da Ciro Ippolito e ispirato all’album omonimo degli Squallor. In questo film, nella parte di un capo indiano, il Grande Capo Palla Pesante, per propiziare la pioggia canta il ritornello della canzone che anni prima aveva scritto per Gigliola Cinquetti, appunto La pioggia.