(Estratto dell’articolo di Giacomo Amadori per “la Verità”)
Quasi un miliardo di euro. A tanto ammonterebbe l’importo degli assegni indebitamente erogati con il Reddito di cittadinanza in un solo anno. Questo dato monstre è ricavabile dall’analisi delle tabelle dell’esercizio 2021 dell’Inps recentemente rese pubbliche.
Un salasso che, con buona probabilità, potrebbe essersi ripetuto anche nel 2020 e nel 2022. Tali numeri sono confluiti in una segnalazione per danno erariale visionata dalla Verità, datata 9 agosto e inviata alla Procura della Corte dei conti da Antonio Buccarelli magistrato della Cdc addetto al controllo del più grande istituto previdenziale d’Europa.
Una delle contestazioni più gravi contenute nella segnalazione del magistrato riguarda gli omessi controlli sulla corretta erogazione durante la presidenza di Pasquale Tridico. Il reddito di cittadinanza sbandierato dal M5s di Luigi Di Maio, Giuseppe Conte e dallo stesso Tridico come strumento di lotta alla povertà, in gran parte non sarebbe andato a veri bisognosi, ma a migliaia di persone che non avevano i requisiti per chiederlo. Infatti, soltanto dopo tre anni, come abbiamo scritto più volte, l’Inps di Tridico, in risposta alle truffe emerse e raccontate dai media, ha iniziato le doverose verifiche.
Le parole di Buccarelli non sono equivocabili: «Non risulta essere stata posta in essere una attività di controllo successiva all’accoglimento delle domande sulla base della autodichiarazione dei requisiti, limitandosi l’Istituto ad interrompere le erogazioni illegittime volta per volta segnalate dall’Autorità giudiziaria o di polizia» e «ad avviare le procedure di recupero a decorrere dal 2021» scrive Buccarelli.
[…] Nella segnalazione di danno erariale sono riportati gli «indebiti» (pagamenti) messi nel conto dall’Inps, cioè le erogazioni non dovute e da recuperare (compito particolarmente arduo), ed è specificato che «una gestione indebiti dedicata è stata avviata dall’Istituto solo nel 2021 e che fino a tale annualità non sarebbe stata posta in essere alcuna attività di recupero».
Ed ecco i numeri che abbiamo citato in apertura di articolo. Secondo la segnalazione «per gli anni 2021 e 2022 gli indebiti pagamenti –in quanto conseguenti a carenza originaria dei requisiti di accesso al beneficio- che risultano accertati sono stati pari a 791.380.228,22, e di questi quelli ancora da recuperare euro 671.232.396,07. In termini proporzionali, alla luce dell’elevato numero di domande presentate ed autorizzate, la stima dell’indebito aggregato sulle annualità 2019 e 2020 potrebbe ammontare a circa 900 milioni di euro».
A questo punto il magistrato bacchetta l’istituto, accusandolo di aver utilizzato degli artifizi contabili per dimostrare l’esistenza di una qualche forma di gestione degli «indebiti» e di recupero delle somme.
Traduciamo: a giudizio di Buccarelli, l’Inps avrebbe cercato di contrabbandare come «decadenza», ossia come interruzione immediata dei versamenti al momento del venir meno dei requisiti, quelle che sarebbero «revoche» di prestazioni che non avrebbero dovuto essere erogate dall’inizio e che, invece, sono state bloccate con colpevole ritardo, causando un grave danno erariale, tutto da recuperare.
[…] Nell’atto Buccarelli evidenzia che «l’Istituto avrebbe dovuto controllare, entro cinque giorni lavorativi dalla data di erogazione, il possesso dei requisiti» e che «tutti i dati anagrafici, di residenza, di soggiorno e di cittadinanza, così come quelli reddituali e patrimoniali, e del casellario giudiziario avrebbero potuto essere preventivamente verificati dall’Inps proprio sulla base delle informazioni comunque presenti nelle numerose banche dati in dotazione all’Istituto».
A fine 2020 l’istituto avrebbe messo in piedi una sorta di messinscena: «Dopo circa due anni dall’istituzione della prestazione, ed in ragione delle suggestioni mediatiche connesse al ripetersi di casi di fraudolenta od indebita percezione della provvidenza, lo stesso Istituto prendeva atto della mancata attivazione dei controlli di legge e approvava uno schema di disciplinare dei controlli da sottoscrivere con le amministrazioni interessate, sebbene già avesse diritto ad accedere alle banche dati esterne. Seguiva, quindi, la sola convenzione con l’Aci stipulata il 21 dicembre 2020».
Insomma, sotto il regno di Tridico, il Reddito di cittadinanza era un sistema che consentiva di regalare soldi a tutti e in cui quasi nessuno si preoccupava di recuperare le somme indebitamente distribuite. Con il risultato che dove abbondava il reddito (Campania, Sicilia, Lazio e Puglia) vinceva il Movimento. Morale: il Rdc più che al dividendo sociale immaginato da James Meade assomiglia sempre più alle scarpe distribuite tra gli elettori dall’ex sindaco di Napoli Achille Lauro.