Oggi 19 aprile Giovanni Moretti detto Nanni compie 70 anni. Fabio Secchi Frau lo ha definito così: È un regista politico, va detto, ma anche intimista, asciutto e sostanzialmente intelligente. La chiave del suo successo? Noi, il pubblico.
Concordo con questo giudizio, perchè Nanni per me ( che sono solo uno spettatore) non ha le qualità nè dei registi-autori che io amo (per intenderci, la tecnica cinematografica di un Bellocchio) nè l’estro l’ingegno e la corrosività dei grandi della commedia all’italiana (Monicelli, Risi, Scola), ma si è conquistato il suo spazio soprattutto in Francia e in Italia esprimendo, attraverso il suo cinema personale, tutta la sua libertà creativa. Scommetto che ha appreso, magari dal fratello Franco, che Gustave Flaubert, accusato di oltraggio alla moralità pubblica e religiosa e al buoncostume (in quanto si riteneva che la sua narrazione e, soprattutto, il personaggio da lui creato nel 1856, Emma Bovary, conducessero il pubblico femminile alla devianza e all’adulterio) si era difeso dicendo ” Madame Bovary c’est moi“. E così Nanni ha creduto di capire tutto. Forse si è convinto cioè che in fondo ogni autore fa autobiografia e che emotivamente aderisce ad ogni personaggio.
Il Michele Apicella (in onore della madre) che Moretti ha messo in scena parlando di sè parlava a (di) tanti, che, comunque, in Italia siamo sempre (stati) una minoranza. La madre di Moretti si chiamava Agata Apicella, faceva l’insegnante e una mia amica ha pure lavorato con lei nella stessa scuola romana. Questo per significare come poi ci si affeziona a certi registi anche per strane coincidenze affettive.
Il Michele asociale e antipatico era un personaggio che ha consentito a Moretti di condurre le sue varie battaglie, per esempio contro il Caimano o Alberto Sordi, contro gli ipocriti o contro le brutte scarpe. Sin dal 1976 con la sua Super8 Michele Apicella ha saputo proporsi come un amico che sa parlare al nostro cuore. E’ dovuto arrivare al 2001 quando aveva già 48 anni, per raccontare con “La stanza del figlio“, una storia universale che parlasse non più agli amici del cuore italiani ma a tutti, in tutto il mondo. Così come ha fatto poche volte, per esempio nel 2011 con Habemus papam. Nel 2001, tanto per fare un confronto, esordì Paolo Sorrentino con “L’uomo in più” ma già tre anni dopo, aveva 34 anni, con “Le conseguenze dell’amore” tentava, in una location svizzera, di individuare temi e argomenti che potessero essere compresi in tutto il mondo. Sorrentino, al contrario di Nanni, anche perchè padroneggia una tecnica visiva superiore, ha capito subito, anche perchè è stato sempre un felliniano devoto, che si può partire dall’Italia ( Il divo, Loro, La grande bellezza) per arrivare a parlare al mondo.
Moretti è stato per troppo tempo non autobiografico, chè ripeto lo sono tutti, ma autoreferenziale che è il vizio ideologico della sinistra italiana ( la via italiana al socialismo piuttosto che socialdemocratici o liberali europei). Non è un caso che poco tempo fa volendo fare con Il Sol dell’ avvenire una sorta di bilancio personale ha di nuovo ri-messo insieme tutti i suoi cliché, le idiosincrasie, i rituali, le passioni.
1″…io, anche in una società più decente di questa, mi ritroverò sempre con una minoranza di persone. Ma non nel senso di quei film dove c’è un uomo e una donna che si odiano, si sbranano su un’isola deserta perché il regista non crede nelle persone. Io credo nelle persone. Però non credo nella maggioranza delle persone. Mi sa che mi troverò sempre d’accordo e a mio agio con una minoranza…”
Se dovessi indicare, oltre ai film “universali” già citati qual è il mio film preferito indicherei senz’altro quello del 1993 Caro diario, con il quale abbandona Apicella e diventa Nanni. La pellicola è divisa in tre parti: In vespa, Isole e Medici e mette insieme gli omaggi al cinema e alla città che l’ha cresciuto, Roma, fino alla scoperta di un tumore benigno, passando per una ironica critica alla televisione.
Ecco, Moretti, come Fellini e al contrario di Sorrentino, la tv proprio non la digerisce. Non ci va mai e quando ci va ce lo fa pesare. Da questo particolare si trae un filo rosso che lega Nanni ai vecchi intellettuali comunisti, i quali ritenevano il cinema superiore alla tv. I vari Eco e Beniamino Placido hanno dovuto metterci una vita per far capire loro che non si può essere così apocalittici con la cultura di massa. Eppure, e basta pensare alle canzoni che Moretti ha inserito nei suoi film, la musica che ascolta è tutt’altro che pretenziosa. Da “Insieme a te non ci sto più” di Paolo Conte a Battiato, Einaudi, The Koln concert, Lauzi, Jovanotti, arriva sino a Loredana Bertè (Sei bellissima).
Olga: “Mah, te l’ho detto: giro, vedo gente, mi muovo, conosco, faccio delle cose.” (Ecce Bombo, 1978)