Quando c’è il Festival di Sanremo, tira sempre aria di plagio. Non fa eccezione nemmeno l’edizione 2024, la 74esima della storia dell’Ariston.
Ha vinto La noia di Angelina Mango che ricorda “Boogie nights” di Rkomi e Ghali. La cantante di Lagonegro, pupilla di Marta Donà, l’agente nipote di Celentano che ha fatto vincere Mengoni lo scorso anno, inoltre si ispira decisamente alla cantante spagnola Rosalia. “Rosalia è la mia artista preferita? Possiamo dirlo, sì. Ma io non faccio cose così all’avanguardia come lei” ha ammesso la cantante di Amici intervistata da Radio Deejay
Con la canzone “Tu no” Irama è stato uno dei primi cantanti a esibirsi sul palco dell’Ariston nella prima serata della 74esima edizione del Festival della Canzone italiana. La canzone che Irama ha portato in gara, infatti, sembra avere qualcosa in comune con il famosissimo brano “Someone you loved” di Lewis Capaldi (ascoltatelo su you tube). Gli indizi riguardano: base del pianoforte; linea melodica; timbro vocale utilizzato in occasione del ritornello. Secondo altri riecheggerebbe molto anche Da Sempre di Alessandro Martire. Ma altrettanto effettivamente, allargando il quadro, anche «Ovunque sarai», portata in concorso dallo stesso artista a Sanremo 2022, somigliava un po’ a «Someone you loved».
Fiorella Mannoia con “Mariposa” canta una canzone alla De Andrè (ricorda Bocca di rosa): Alla stazione c’erano tutti
Dal commissario al sacrestano
Alla stazione c’erano tutti
Con gli occhi rossi e il cappello in mano…
(Mariposa) Mi chiamano con tutti i nomi
Tutti quelli che mi hanno dato
E nel profondo sono libera, orgogliosa e canto
Ma anche Gigi D’Alessio (‘A città de Pulecenella).
E veniamo ad Annalisa e al suo brano Sinceramente.
Una hit praticamente certa dei prossimi mesi, in odor di tormentone come le precedenti Disco Paradise, Mon amour o Bellissima, che secondo molti è già sul podio del Festival e favorita per la vittoria finale. Gli orecchi fini hanno trovato una certa assonanza con “La notte” dei Modà. E con la Kylie Minogue e la sua Can’t Get You Out of My Head (2001). Quel “na, na, na” ripetuto con voce quasi sussurrata e ritmo insistente è indimenticabile e, a quanto pare, ha avuto il potere di ispirare anche Annalisa.
C’è chi ha scritto che «Sinceramente» di Annalisa è tormentone ben costruito con cassa in quattro che promette di monopolizzare l’airplay e non solo. Ma «quando quando quando» parte il ritornello ci pare di rivedere sul palco dell’Ariston i picciotti Colapesce e Dimartino che intonano danzerecci il ritornello di «Musica leggerissima». Savona tutto sommato non dev’essere poi così lontana dalla Sicilia.
Poi c’è Alfa e la sua Vai che ricorda troppo Run degli OneRepubblic , un noto brano della band americana, che confrontato a quello di Alfa risulterebbe simile anche negli arrangiamenti. E’ presente lo stesso identico fischio. (Il Sole 24ore Francesco Prisco) Il caso più clamoroso, quest’anno, è senza dubbio «Vai!» di Alfa, evidentemente grande fan del Brit Pop anni Novanta. Troppo fan: il giro armonico e la melodia della strofa arrivano da «Wonderwall», capolavoro degli Oasis, mentre l’intecalare woo-oo pare uscito fresco fresco da «Song 2» dei Blur. Condire con una spruzzatina leggera di «Shape of you» di Ed Sheeran e aromi fischiettari belli corposi da «Run» degli OneRepublic e il piatto è servito. Derivativo oggettivo.
Un giro armonico di “Apnea” di Emma Marrone ci ricorda “Tu” di Umberto Tozzi. Per non parlare di Rose Villain e la sua “Click Boom” che assomiglia per buona parte a “Control” di Zoe Wees. E ancora, Ghali e la sua “Casa mia”, proprio nel ritornello, avrebbe gli stessi accordi di “Time is running out” dei Muse. Qualcuno ha anche notato una somiglianza tra “Finiscimi” di Sangiovanni e “Rosso fuoco” di Mida, che era già stata accostata a “Viola” di Fedez.
L’incipit di Clara e della sua Diamanti grezzi ci ha immediatamente fatto canticchiare “Voglio parlare al tuo cuore, leggera come la neve” andando a ripescare Di sole e d’azzurro, uno dei pezzi più iconici di Giorgia.
Spostandoci nell’emisfero rap, I p’ me, tu p’ te di Geolier ha qualcosa della hit dello scorso anno by Lazza, Cenere. Nel pre-ritornello “Nun l”ess”a penzato maje / Ca ll’inizio d”a storia era ggià ‘a fine d” storia pe nuje” c’è una rincorsa vocale che fa pensare a “Rinasceremo insieme dalla Cenere”. Un punto di contatto che sembra suggerire come, per entrare nei ranghi di Sanremo, la musica rap debba addomesticarsi, almeno un po’.
“Tuta Gold” di Mahmood conterrebbe l’intero pre-ritornello di “Que Tengo Que Hacer” di Daddy Yankee. E ancora, più eclatante è il brano dei Ricchi e Poveri, “Ma non tutta la vita”, che sembrerebbe praticamente la copia di “Non amarmi” di Aleandro Baldi.
Piuttosto melenso Fragili de Il Tre, che vuoi o non vuoi, replica l’intonazione dei Club Dogo nella loro Fragili feat. Arisa. E a proposito di commistione tra vecchie leve e nuove promesse, vien da sé il paragone tra i cori iniziali di Autodistruttivo de La Sad e quelli in Tutto è possibile dei Finley.
Chi non copia gli altri copia sé stesso, vedi il Diodato di Ti muovi che fa il Diodato di Fai rumore.
A proposito di pezzi costruiti bene: «Un ragazzo una ragazza» di The Kolors funziona a meraviglia, però dite la verità: il dancefloor della strofa è parente stretto di quello della strofa di «Salirò» di Daniele Silvestri, in concorso a Sanremo 2002. Della serie: il tempo passa, ma non passa mai veramente.
(Massimo Poggini) Qualcuno ha storto il naso anche quando è partita Mariposa di Fiorella Mannoia, con quell’attacco potente che rimanda a Princesa di Fabrizio De André. Ma qui parlare di plagio (o anche di semplice scopiazzata) è assolutamente fuori luogo. Meglio usare la parola “omaggio”. Appena parte («Sono la strega in cima al rogo/ una farfalla che imbraccia il fucile») il pensiero va subito all’esplosivo incipit di «Princesa» di sua eminenza Fabrizio De André («Sono la pecora, sono la vacca/ che agli animali si vuol giocare»). Animalesca.
(Il Sole 24ore Francesco Prisco) Non vogliamo certo scagliare la prima pietra, soprattutto nell’epoca in cui la cultura hip-hop e l’arte dei campionamenti hanno relativizzato il diritto d’autore e il concetto di plagio è stato spazzato via da quello di «reference». Non al festival che nel 1967 vide Antoine eseguire «Pietre» che era una specie di cover non dichiarata di «Rainy day woman #12 & #35» di Bob Dylan. Non nel paese in cui il più grande monumento nazionale canzonettaro si chiama «Sapore di sale» di Gino Paoli ed è uscito due anni dopo «Le rock de Nerval» dell’immenso Serge Gainsbourg (dite la verità: con questa qui vi abbiamo fatto svoltare la giornata, eh?). Non vogliamo, e proprio per questo eravamo tentati di cominciare così questo nostro articolo: «J’accuse». Però ci sembrava di averlo già sentito da qualche altra parte.