Pieluigi Bersani (1951)= Esaltare Bersani è lo storytelling imperante che spiegherà agli storici futuri la tragedia della sinistra italiana sconfitta da Berlusca, poi dai 5Stelle, poi da Meloni. Bersani nel 2013 venne sbeffeggiato in streaming dalla coppia Crimi & Lombardi (ancora viventi) nel tribunale cinquestelle. Uno con le palle vita natural durante non avrebbe voluto più sentirne parlare dei grillini. Ma vittima della sindrome di Stoccolma ci si è fidanzato, perchè lui è lo zio tontolone che scorge le mucche nel salotto. Simpatia, antipatia. E’ così pacifico che se si fosse trovato a Londra nel 1940 ad un Winston Churchill (“noi combatteremo sulle spiagge”) lo avrebbe mandato a pettinar le bambole. Uno che bivacca in tv solo perchè è amico dell’agente Beppe Caschetto, ex impiegato alla regione Emilia, ha la stessa credibilità di sboroni come Malgioglio e Morgan.
Massimo D’Alema (1949)= Come spiegarsi un ex presidente del Consiglio che partecipò all’operazione Nato su Belgrado e ora va in Cina e davanti alla nomenclatura di un partito regime sul palco ha intonato il de profundis della democrazia occidentale? Ha detto che “ha perso credibilità ed efficacia”, “soffocata dal potere del capitalismo globale”, indebolita dalla “decadenza delle classi dirigenti” e “da fenomeni di populismo”. L’anticapitalista D’Alema sulla sua barca non fa impressione almeno quanto Renzi che in Arabia elogia Bin Salman?
Michele Santoro (1951)= Santoro è Santoro, come Sanremo. Un truismo. Una tautologia. “Non mi sento un reduce, mi sento uno che ha ancora cose da dire”, diceva in un battibecco con Gad Lerner qualche anno fa sull’opportunità o meno di ritirarsi, di andare in pensione. Ma i guru e i santoni non vanno in pensione. Entrano e escono dalla tv, restano vigili, sempre acquattati nell’ombra. In tutti questi anni di onoratissima carriera Santoro si è guadagnato l’indubbio ruolo di santone dell’indignazione. Dove l’atto dell’essere indignato, la statura del risentimento, sono più importanti dell’oggetto scatenante, la guerra, la Nato, la corruzione, i “potenti della terra”, le diseguaglianze, il Cda della Rai, Renzi o il Pd di Letta. Alla celebre teoria del “venerato maestro” di Arbasino (“c’è un momento stregato in cui si passa dalla categoria di brillante promessa a quella di solito stronzo, solo a pochi fortunati l’età concede di accedere alla dignità di venerato maestro”) andrebbe aggiunta l’ulteriore sfumatura del “santone” o del guru, che è in fondo sganciata dall’età. Santoro, per esempio, studiava da santone già ai tempi di “Samarcanda”, snodo di carovane, crocevia tra mondi, “sogno color turchese”, basta evocarla e l’oriente ti assale (andrea minuz).
Walter Veltroni (1955)= Veltroni aveva promesso di andarsene in Africa a far volontariato, ma da quando lasciò la segreteria del pd perchè il giochetto del “ma anche” non gli riuscì, ha messo su un’industria con la figlia e produce: film, romanzi, saggi, interviste, articoli, documentari. Juventino “ma anche” romanista se fa il sindaco di Roma, Veltroni non riposa mai, fa di tutto senza saper fare nulla. O meglio, sa far tutto zuccheroso, è come quelle bustine di zucchero a velo con le quali ricopri il pandoro. Uno che è capace di intervistare per 113 minuti 39 bambini per il film (2015) “I bambini sanno”, pensando che può ricollegarsi al De Sica che ammoniva “I bambini ci guardano”, non capisce che De Sica era un genio e lui è al livello del figlio Christian. Le sue interviste sul Corsera hanno domande così zuccherose che la glicemia sale all’istante. “Tu li abbracci i tuoi figli?”, “Sei un padre molto affettuoso?”. Le risposte di Totti sono così sorprendenti da lasciare noi allegri lettori di stucco: Sì.
Paolo Mieli (1949)= Può un giornalista, saggista e conduttore di prestigiosi programmi televisivi di storia, sia pure sempre ironico, esprimersi nel salotto della Gruber con frasi del seguente tenore “per me quello che dice Elly Schlein è sempre vangelo”?!
Lucio Caracciolo (1954) Ma che è successo, in piena sintonia con Travaglio sull’Ucraina e Putin, allora cosa serve iscriversi alla scuola di Limes basta leggere Il Fatto quotidiano. (di Mah) LA RISPOSTA A CURA ALDO GRASSO Appunto. Invecchiato male.
Giuseppe Conte (1964)= Ecco un caso di rincoglionimento precoce, trattandosi di un giovane che arriva al vertice della politica per caso e siccome non ha nè le basi culturali nè la modestia per ammetterlo è stato capace da capo del governo di scassare i conti pubblici nelle vesti di avvocato der popolo. Nel caso specifico del sussidio edilizio, una prima stima dei costi l’ha fornita Meloni. «È costato duemila euro a ogni italiano, anche a un neonato» afferma nella sua rubrica social. La replica di Conte non si fa attendere ed è inequivocabile. «C’è qualcosa di profondamente sbagliato nel ragionamento della premier» ammonisce due giorni dopo in un’intervista. «Io non ho mai detto che il Superbonus era una misura che non costava niente: è gratis per le famiglie, non per lo Stato.» È curioso notare che nel pensiero di Conte lo Stato non siamo noi, bensì qualcosa di estraneo ai nostri destini, un’entità soprannaturale. Le sue disavventure e i suoi debiti non ci appartengono. E invece è bene non scordarlo mai: i debiti dello Stato sono i debiti degli italiani. Ad onor del vero, il leader pentastellato non è l’unico a spiegare che sì, la spesa gratis esiste.
Nicola Zingaretti (1965) = Le prove del rincoglionimento precoce di un segretario Pd che pur si dimise vergognandosi di un partito che parlava solo di poltrone, si rinvengono in queste risposte alle domande di Francesca Schianchi: Candidate l’ex direttore di Avvenire Marco Tarquinio, da sempre contrario all’invio di armi in Ucraina «In un partito pluralista come il Pd ogni punto di vista è una ricchezza. Anche perché non ci divide l’anelito alla pace. Dopodiché, io credo che la pace passi dalla costruzione di un’Europa politica più forte, a cui noi possiamo contribuire». La guerra in Ucraina è quello che vi separa anche dal M5S di Giuseppe Conte. È una distanza colmabile?«Non ho mai pensato che il M5S fosse la stessa cosa del Pd. Esattamente come non sono la stessa cosa Meloni, Salvini e Tajani. Ma si può trovare un compromesso». Pensa ancora che Conte sia «un punto di riferimento fortissimo dei progressisti»? «Quando dissi quella frase, Conte era il presidente del consiglio di forze progressiste. Insieme abbiamo salvato l’Italia e conquistato il più grande investimento economico e sociale dai tempi del piano Marshall. Il problema è semmai la disinvoltura con cui abbiamo archiviato passaggi di cui dovremmo essere orgogliosi, come il contrasto al Covid».(…)
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