Devo confessare che personalmente mi occupo pochissimo, con un occhio solo, dei due poli opposti, il troppo piccolo e il troppo grande: la politica lametina, che concerne la città in cui risiedo; la geopolitica, che riguarda i conflitti internazionali. Me ne occupo pochissimo da quando, diversi anni fa, credo di aver capito che sono fenomeni non analizzabili utilizzando la logica.
Come scrive sulla Stampa Anna Zafesova, «nella nuova tragedia russa, quello che forse colpisce di più è proprio questo: il distacco ormai definitivo dalla realtà, e lo sfoggio compiaciuto della violenza». Sul Foglio, Giuliano Ferrara parla giustamente di «disturbo paranoide di personalità».
Il distacco ormai definitivo dalla realtà è necessario ed indispensabile per accettare l’idea che un presidente ebreo come Volodymyr Zelensky possa essere il manovratore di un’organizzazione jihadista. Il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, ha spiegato che «è un ebreo un po’ particolare», sensibile allo «spirito nazionalista del suo regime». Del resto, se un presidente ebreo può essere a capo di un regime nazista, come la Russia sostiene da anni, non si vede perché non potrebbe anche occupare il tempo libero ad addestrare terroristi islamisti in Medio Oriente.
Quindi, se anche in Italia (Arlacchi sul Fatto quotidiano) c’è chi crede che dietro gli attentati di Mosca ci sia «certamente l’Ucraina» (a compiere l’attacco sono stati terroristi dell’Isis, ma addestrati in Ucraina, e pure con l’aiuto di Stati Uniti e Gran Bretagna) credo davvero che sia finito quel tempo in cui pensavamo di poter confrontare le opinioni diverse.
Un ex giornalista santone come Santoro gridava in tv l’altro giorno: «Il giornalismo si sta riducendo alla descrizione di un Putin come mostro e mentitore. Non è un mostro e non sempre, quello che dice, sono balle». Sbraitava: «Volete fare la guerra, ok fate la guerra! E quando si vuol fare la guerra si dipinge il proprio nemico come mancante di alcun tratto umano. Come si fa a essere certi che l’Ucraina non c’entra con l’attentato del Crocus City Hall, solo perché l’ha detto Zelensky?».
S’infervorava: «Avviciniamoci al nemico se vogliamo la pace. Invece tutti qui è dire che Putin è cattivo, è un mostro come Hitler. C’è un clima da terza guerra mondiale, come se fosse solo Putin unico colpevole… Se ci sono gli Stati Uniti è perché prima c’erano gli indiani e li hanno fatti fuori per fare gli Stati Uniti».
Voglio dire che uno come me a Santoro non deve dire nulla come lui non ha da dire nulla a me. Siamo andati avanti per lunghissimi anni credendo nello scambio delle idee, nel confronto democratico, nei fatti separati dalle opinioni, nel dialogo, nel pluralismo. La stampa democratica era questa, quelli come me che si sono formati con le lezioni di Piero Calamandrei, Guido Calogero, il settimanale Panorama di Lamberto Sechi, oggi hanno capito una sola cosa: che la realtà non esiste e ciascuno di noi vive nel suo mondo. Saranno stati il web oppure i social, il riscaldamento del globo o soltanto il rincoglionimento generale, qualunque sia la causa, il mondo in cui vivo io non ha nulla a che fare col mondo di quelli che considerano Putin più affidabile di Biden e un presidente ebreo capo di un regime nazista. Solo domani si capirà chi sta vivendo in un mondo capovolto. Per ora il nuovo linguaggio delle supercazzole ha creato una Torre di Babele in cui vero e falso non sono più distinguibili. Quindi, se non abbiamo più la certezza che 2+2 fa 4, perché c’è chi sostiene che faccia 3 ma altri 28, su quale base possiamo ragionare?
Secondo il racconto biblico, all’epoca gli uomini parlavano tutti la medesima lingua. Gli uomini volevano arrivare al cielo per acquisire gran fama e non essere dispersi su tutta la terra come Dio aveva loro comandato (Genesi 1:28). Ma Dio creò scompiglio nelle genti e, facendo in modo che le persone parlassero lingue diverse e non si capissero più, impedì che la costruzione della torre venisse portata a termine. Il nome di “Babele”, attribuito alla torre, è riconducibile all’ebraico bālal, che significa «confondere», in quanto l’episodio della Genesi parla di “confondere le lingue”.