Fabio Fazio? Un furbacchione che passa per censurato. Lucia Annunziata? Una messa dalla sinistra che si candida con il Pd. Antonio Scurati? Ho letto le carte, ma quale censura! Roberto Saviano? Fa il martire, ma è dappertutto. Tra i tanti attacchi che da mesi il governo riceve per la censura e l’assenza di pluralismo in Rai, c’è una voce tra i giornali di opposizione che si distingue dalle altre: Marco Travaglio.
Giorgia Meloni occupa la tv di stato, dice in sostanza il Fatto quotidiano, ma né più né meno rispetto a chi l’ha preceduta. Nessun allarme fascismo, insomma. È una posizione legittima, sicuramente frutto di un’analisi disinteressata, ma che può essere letta incrociando i dati economici del Fatto quotidiano.
Pochi giorni fa Seif, la società quotata che edita il giornale di Travaglio, ha pubblicato il bilancio 2023. I dati non sono per niente positivi. Il bilancio si è chiuso con una perdita di 2,39 milioni di euro. Un risultato certamente in miglioramento rispetto ai -4,29 milioni del 2022, ma che si aggiunge alla perdita dell’anno precedente. Questo ha, ovviamente, deteriorato ulteriormente il bilancio consolidato portando tutti gli indicatori più importanti in territorio negativo. Indebitamento finanziario netto pari a 3,12 milioni, capitale circolante netto -4,41 milioni e patrimonio netto negativo: -2,08 milioni.
Il quadro è particolarmente critico, tanto che la società di revisione Kpmg nella sua relazione evidenzia una “Incertezza significativa relativa alla continuità aziendale”. La continuità aziendale è uno dei presupposti del bilancio, indica che si presume che la società possa continuare a operare per i prossimi 12 mesi. Una “incertezza significativa” indica, al contrario, una seria difficoltà ovvero che l’orizzonte della società può essere inferiore a un anno. Questa criticità non è solo segnalata dalla società di revisione ma, com’è doveroso per una società quotata, dagli stessi amministratori di Seif con un paragrafo specifico nella nota integrativa.
Senza negare le oggettive difficoltà finanziarie, gli amministratori hanno concluso che sussiste il requisito di continuità aziendale sulla base di un ambizioso piano industriale 2024-2026 che ha l’obiettivo di aumentare margini e ricavi riportando così i conti in ordine. Ma sempre considerando che “tale determinazione… è suscettibile di essere rivista in funzione dell’evoluzione dei fatti ove no si verifichino gli eventi ad oggi ragionevolmente prevedibili”. E su cosa si basa il nuovo piano industriale di Seif, dopo che l’andamento della gestione “risulta non allineato” rispetto al precedente piano?
Lo spiega la relazione sulla gestione: i) l’avvio dei corsi di formazione della “Scuola del Fatto”, slittato di un anno, ii) il progetto “Community web 3.0” e iii) la attività di Loft Produzioni, la società controllata che produce format tv. Tra i tre pilastri è evidente, dai numeri e dagli investimenti, che è Loft quello che dovrebbe tenere in piedi il piano. Seif ha un accordo per alcuni format, come Accordi & Disaccordi, con la Nove (Discovery) e il format “La Confessione – il programma di Peter Gomez – che con la nuova gestione è per la prima volta approdata su Rai 3”.
Ma non basta, servono maggiori ricavi, avviare “importanti interlocuzioni con emittenti televisive generaliste”: “Le trattative a oggi gestite per il 2024 da Loft Produzioni – è scritto nel bilancio – esprimono la tendenza prevista a piano e un’ottima diversificazione dei fornitori”. Ma dove si può diversificare? Quali sono le possibili alternative?
La7 di Urbano Cairo, dove pure i volti della galassia Fatto hanno ampio spazio come ospiti dei vari talk show, predilige le produzioni interne e i propri giornalisti: non compra format preconfezionati dall’esterno. Mediaset? Difficile per Travaglio bussare alla porta di Marina e Pier Silvio Berlusconi, anche perché è più difficile che loro la aprano. Non resta che la Rai, “che è in mano al governo”, come ripete il direttore del Fatto quotidiano.
Soprattutto ora che molti volti Rai stanno passando a Discovery, il gruppo Seif può fare il tragitto inverso. Con profitto. Già con “La Confessione” di Peter Gomez, che era sulla Nove, ha messo un piede dentro la tv pubblica in seconda serata su Rai 3. Ma nei corridoi di Viale Mazzini si parla di un possibile arrivo di “Accordi & Disaccordi”, condotto da Luca Sommi, che sta per concludere la sua stagione sulla Nove, o di un nuovo format per Andrea Scanzi, giornalista del Fatto.
Da parte di Giorgia Meloni tendere una mano a Travaglio servirebbe a dimostrare che nella sua Rai c’è pluralismo e a ottenere, forse, un po’ di riconoscenza da un oppositore mediatico. Dal lato di Seif, il braccio teso della Rai meloniana salverebbe il piano industriale e la continuità aziendale evitando le due possibili alternative, entrambe spiacevoli: una ricapitalizzazione milionaria da parte degli azionisti (tra cui l’amministratore delegato Cinzia Monteverdi e i giornalisti Antonio Padellaro, Marco Travaglio, Marco Lillo e Peter Gomez) oppure lo stato di crisi. Basta che Giorgia Meloni rinunci a occupare tutta la Rai, lasciando un loft in Viale Mazzini per Travaglio & co.