(16/5/24) Quello che ha fatto ieri sera Allegri davanti e dietro le telecamere e’ la conseguenza di un’alterazione psico-fisica, di un esaurimento nervoso (chiamiamoli cosi’) che nei miei settanta anni non avevo mai visto in un allenatore. Ricordo Baldini, Mazzone, Delio Rossi, ma erano scatti d’ira, Allegri e’ una persona violenta che nella sua intera carriera e’ stato protagonista di una serie interminabile di aggressioni verbali (alla Della Valle, De Grandis, Adani, Sconcerti, Calvo, ma sono molti di piu’…) o fisiche (Pippo Inzaghi quando allenava le giovanili del Milan). Gli e’ andata sempre bene fino a ieri quando dopo un anno intero ha covato e recitato una sceneggiata simile a quella che fanno i bimbi per ricattare in pubblico i genitori, roba da psicanalista bravo. Pero’ siccome stiamo parlando di teatro sia pure ripreso in tv, e’ nelle opere di Shakespeare dove ritroviamo molte volte i Fool che parlano per dare voce all’autore stesso, oppure per avere un ruolo chiave sulle sorti della storia. In inglese fool si traduce insieme sia pazzo che scemo.
Convinto di subire l’ultima sconfitta prima del licenziamento, l’imprevista vittoria sull’Atalanta lo convince che deve andarsene togliendosi tutti i sassi dalle scarpe. Decide di interpretare il pazzo (il tipico fool shakespeariano) perche’ gli sta crollando il mondo addosso e il suo immenso potere accumulato in dieci anni di Juve non gli ha consentito di farsi confermare. Fuori dalla Juve, ecco la ragione del suo crollo nervoso, non ha dove andare, non lo vuole nessuno, e l’estero la sua indole provinciale e vitellonesca non lo contempla. Insieme con i suoi quattro amici al bar (Galeone, Zazzaroni, Buffon, Sabatini) ha tentato in tutti i modi di convincere Elkann a dargli il posto di Giuntoli e di continuare a fare il padrone della Juve, ma ora sa che non ci e’ riuscito. Gli pagheranno l’ultimo anno e andra’ al Gabbione a Livorno a fare il ricco milionario in ciabatte. Nella parabola di un vitellone felliniano che ha accumulato un potere immenso grazie alla benevolenza di Andrea Agnelli ma e’ incapace, perche’ e’ un rozzo presuntuoso ignorante, di conoscere i suoi limiti e quindi di conseguenza di imparare da chi ne sa piu’ di lui, e’ racchiusa la storia di una Juve che ha conquistato 9 scudetti senza capire il perche’. La Juve ne ha vinto tre con il metodo e il martello di Antonio Conte, poi altri 5 ha pensato che fossero il frutto del cortomusismo, della “halma allegriana”, della difesa ad oltranza. In realta’ gli scudetti Allegri li ha vinti per essere stato al posto giusto nel momento giusto, aveva una rosa molto piu’ forte di tutte le altre messe assieme, assemblata da Beppe Marotta nel periodo in cui le milanesi erano giunte al punto piu’ basso della loro storia. Una difesa con Buffon, Barzagli, Bonucci e Chiellini spiega bene i successi del cortomuso e del fantino, un centrocampo con Pirlo e Kedira ha fatto il resto, ma quando e’ giunto il momento di rinnovare Agnelli ha tracimato. Prima ha cambiato Marotta con Paratici, poi ha preso Ronaldo per l’ossessione della Champions, infine ha assunto i pieni poteri. Ha sostituito Sarri con Pirlo e infine si e’ ripreso il suo amico. Cosi’ il giocattolo si e’ rotto perche’ una societa’ di calcio, come tutte le aziende serie, deve basarsi su una chiara catena di comando (il presidente non puo’ fare pure il direttore sportivo e questi sceglie l’allenatore). Andrea Agnelli queste cose le sa bene, ma c’e’ una cosa che lo ha avvicinato e accomunato ad Allegri sino a costituire insieme una coppia deleteria per la Juve e se stessi: l’incapacita’ di ri-conoscere i propri limiti. Dio li fa e poi li accoppia, il potere e il successo sono droghe micidiali che fanno perdere il senno.
Mi fermo qui, perche’ dovete leggere il peggio, la minaccia aggravata (che e’ un reato grave) fatta ieri sera da Allegri al direttore di Tuttosport Guido Vaciago. Se John Elkann fosse un dirigente d’azienda importante (invece e’ solo un finanziere) stamane avrebbe chiamato Giuntoli e fatto licenziare Allegri per giusta causa. Acciughino non e’ nuovo a queste cose, lo scorso anno se la prese con Calvo che lo voleva fuori e ottenne da JE lo spostamento di Calvo, chiamato dallo stesso Elkann per ricostruire le fondamenta di una azienda sportiva. La faccenda ebbe testimoni ma rimase nascosta, stavolta la pipi’ l’ha fatta fuori dal vasino come un mafioso qualsiasi
Guido Vaciago (Tuttosport) Allegri, evidentemente alterato, si stava sottoponendo all’ultima incombenza mediatica della sua serata trionfale (ma evidentemente non troppo serena), la conferenza stampa, ma ha trovato qualche minuto per me. «Direttore di merda! Sì, tu direttore di merda. Scrivi la verità sul tuo giornale, non quello che ti dice la società! Smettila di fare le marchette con la società». A un primo invito a stare calmo e spiegarmi quale fosse la verità che stavo occultando di concerto con i suoi datori di lavoro, Allegri ha risposto strattonandomi, spintonandomi e con il dito sotto il mio naso ha gridato: «Guarda che so dove venire a prenderti. So dove aspettarti. Vengo e ti strappo tutte e due le orecchie. Vengo e ti picchio sul muso. Scrivi la verità sul giornale» e altre amenità del repertorio della rissa da bar. Intanto Gabriella Ravizzotti dell’ufficio stampa della Juventus e un addetto della Lega Serie A lo trattenevano, riuscendo poi a trascinarlo in sala stampa. Tutto qua: spiace per chi si aspettava qualcosa di più cruento e spiace per la maleducazione di chi, soprattutto in pubblico, dovrebbe tenere altro contegno.
Di tutta la vicenda, che di per sé non dovrebbe diventare notizia, resta il dubbio di quale sia la fantomatica «verità» di Allegri, perché se la conoscessimo ci faremmo volentieri due pagine. E resta, purtroppo, l’atteggiamento minaccioso dell’allenatore della Juventus nei confronti di un giornalista. Nel confronto ci può stare tutto, perfino l’insulto al limite, ma la minaccia no. La minaccia è vile, intimidatoria e pure pericolosa, in un mondo dove la possibilità che qualcuno si prenda la briga di metterla in pratica rischi sempre di trovarlo.
Allegri, ieri sera, ha evidentemente stappato una rabbia che da mesi ribolliva in lui: è un essere umano e può capitare, ma è anche l’allenatore della Juventus e dovrebbe capitare un po’ meno. Visto che nella sua tumultuosa serata romana ha insultato l’arbitro, aggredito il quarto uomo e nel dopo partita ha aggredito Rocchi (a ventiquattr’ore dall’incontro con il presidente Mattarella che nell’accogliere le squadre della finale si era identificato proprio con gli arbitri). E, ancora, si è fatto pizzicare dalle telecamere mentre invitava Giuntoli ad andarsene proprio prima della premiazione, insomma ha vinto la Coppa e ha perso il controllo, rovinando la festa e imbarazzando non poco la sua società (che si è immediatamente e molto premurosamente scusata), il cui aplomb è assai diverso.
La verità, noi di Tuttosport, l’abbiamo sempre scritta e la scriveremo sempre, insieme alle nostre opinioni, che possono piacere o non piacere (esattamente come il gioco di Allegri), ma restano tali e le esprimiamo con educazione, senza spintoni e restando aperti al dialogo con chiunque voglia contraddirle. Con educazione e senza spintoni, ovviamente.