Ma allora si puo’ se si vuole?
L’elenco è lungo. Le storie incredibili. Ma è tutto vero. Vero come le facce che hanno fatto in Atac quando hanno rimesso in fila tutti gli straordinari licenziamenti firmati dall’inizio del 2022.
Sono 41 e nel calderone mescolato e rimescolato in questi ultimi 18 mesi c’è davvero di tutto. Dalla fatina dei talismani all’hacker dei badge, non manca davvero nessuno.
Lo chauffeur di limousine
Si prenda ad esempio la prima classe di esodati, quei dipendenti che sono letteralmente spariti e sono stati allontanati dopo aver accumulato cinque giorni di assenza senza alcuna giustificazione. Atac, che con la nuova gestione non ha più intenzione di fare finta di niente davanti a certi comportamenti, ne ha licenziati una decina.
Ma nel frattempo ha anche svolto le sue investigazioni: gli 007 aziendali hanno scoperto un conducente di bus impegnato all’estero come chauffeur di limousine. Un collega, invece, si era dedicato all’e-commerce. Al punto di dimenticarsi del primo lavoro. È stato congedato senza troppi rimpianti.
La fatina delle fiere
Che dire, poi, degli assenteisti patentati. Una di loro è stata pizzicata mentre, vestita da fatina, girava di paese in paese con il suo banchetto. Orecchini, collanine e talismani. Portafortuna che non le sono bastati quando Atac ha presentato il conto, contestandole le giornate passate lontane dal posto di lavoro. Nei mercatini dell’hinterland capitolino. Dopo essere stata individuata, l’impiegata ha cancellato ogni traccia digitale della sua seconda vita lavorativa.
L’hacker distratto
Un’altra storia che non è passata inosservata nel quartier generale di via Prenestina è quella del funzionario smanettone. Piglio da nerd, avendo accesso al sistema delle presenze, ha iniziato a modificare le proprie risultando al lavoro anche quando era beatamente a zonzo per Roma. Bando al badge, un paio di colpi di mouse e via.
Alla fine il dipendente, un quadro, è stato sospeso. Si è tradito da solo: a forza di giocare a fare l’hacker, si è messo in servizio nello stesso giorno in cui aveva mandato un certificato di malattia. Da quel passo falso è partita l’inchiesta di Atac.
L’autobus usato come un wc
Se i romani si sono abituati agli autisti al telefono – non Atac, che continua a punirli severamente – una menzione a parte merita il conducente pizzicato a fare pipì contro il copertone dell’autobus parcheggiato al capolinea. A fargli compagnia, ecco due colleghi fermati dai vigili. Si erano messi al volante dopo aver bevuto: guida in stato di ebrezza. Vai col licenziamento.
Il picchiatore e il ladro
Ovviamente Atac non può tollerare la presenza di condannati in sede penale tra le fila dei suoi oltri 7.000 dipendenti. Così è stato allontanato il conducente che aveva picchiato un collega fino a spedirlo in ospedale. Con lui c’è anche il ladro fermato dagli ispettori della municipalizzata dei trasporti a frugare nelle casse delle biglietterie.
Il pescatore di 104
Il furbetto della 104 per eccellenza è invece il dipendente che sfruttava i permessi per i genitori malati, residenti a più di 250 chilometri di distanza, per farsi gli affari propri. Una volta è stato visto mentre passava la giornata in relax, a pescare. Un’altra a passeggio con la famiglia. Una terza al ristorante con gli amici. Sempre quando avrebbe dovuto essere dai genitori malati. Inutile aggiungere che anche in questo caso Atac ha dovuto prendere provvedimenti. Severi, immediati.
I malati cronici
Gli stessi che toccano in sorte – ma qui la furbizia c’entra poco o nulla – con chi non può proprio lavorare. Chi supera i 540 giorni di malattia nell’arco di quattro anni è automaticamente fuori gioco. È successo anche questo, ma non ci sono dubbi sulla veridicità dei motivi per cui l’autista o il macchinista di turno non si è presentato per settimane o mesi consecutivi al lavoro.
“Licenziatemi, vi prego”
Esiste, infine, un’ultima categoria. Quella di chi, davanti a una contestazione che ammetteva ben poche repliche, a sorpresa ha scelto di partire in contropiede. “Licenziatemi, perché io non mi dimetto”. Perché un’uscita onorevole, con ammissione delle proprie colpe, non prevede il sussidio di disoccupazione.