Su Cielo ha visto un’opera prima del 2022 della regista scozzese 35 enne Charlotte Wells. Questo gioiello conferma quello che abbiamo sempre saputo sulle opere d’arte. Tu puoi andare al Louvre per vedere la Gioconda e allora ti sorprendi per le dimensioni (77×53), le dai uno sguardo distratto e credi di aver finito. Ma e’ come se uno andasse a visitare una casa e la osservasse dall’uscio senza entrarvi dentro. Le opere d’arte hanno bisogno di tempo, per entrarci dentro.
Torniamo al film dove per un’ora (siamo negli anni ’90) osservi Callum e Sophie, padre e figlia scozzesi, che sono in vacanza in una località di mare turca, presso uno di quei villaggi “tutto compreso”. Il padre sta per compiere 31 anni, la figlia ne ha 11, il che vuol dire che è nata quando Callum (Paul Mescal candidato all’Oscar 2023) era appena ventenne. Dopo un’ora credi di aver capito tutto e se sei a casa (al cinema pagando il biglietto almeno ti costringi a stare sino alla fine) spegni e vai a letto. Una palla, signori, dirai agli amici che ti chiedono. Ma non sai che se lo vedi sino alla fine non solo capisci tutto (frase ambigua e forse insignificante per ogni opera d’arte) ma i pezzi si incastrano magicamente e il disegno della Wells appare in tutta la sua complessita’ perche’ tutti i dettagli del film, le battute, le situazioni, le espressioni, le frasi, ma soprattutto una fotografia immensa (che rende le immagini di questa opera un portento frutto di una sapienza cinematografica matura), rendono bene l’assunto.
Non volendo qui fare una recensione (ad ognuno il suo mestiere) ed esprimendo il mio parere di spettatore vorrei solo dire che al di la’ del rapporto padre e figlio, ognuno di noi dimentica spesso e volentieri che una persona, per quanto l’hai potuta frequentare e parlarci nel corso di una vita, non finisci mai di comprenderla per davvero. Un piccolo particolare che dimentichiamo spesso. E non e’ solo questione di attenzione, come si dice, ma, almeno io credo questo, dell’imperfezione umana.