La domanda che tutti si fanno dopo la sentenza che nel processo Imponimento ha assolto con formula piena i fratelli Stillitani di Pizzo e’ una sola: sono riusciti a cavarsela oppure sono degli innocenti sottoposti oltre che alle minacce degli Anello anche alla persecuzione degli inquirenti?
Bella domanda, alla quale pero’ non abbiamo una risposta, non siamo dei tifosi delle curve dei pm o dei garantisti. Sappiamo pero’ che la vicenda oltre che agli Stillitani riguarda tanti altri imprenditori calabresi e meridionali che, sbagliando, sono stati in tanti anni classificati sulla stampa come “borghesia mafiosa” o “zona grigia” che dir si voglia. Dico sbagliando perche’ a mio parere, fuori dal giuridichese, la zona grigia e’ una invenzione per connotare il cd “concorso esterno”, ma tale concorso possono provare ad individuarlo i giudici, nella realta’ la Mafia SpA non e’ piu’ quella antica dove da una parte c’era il padrino e dall’altro l’imprenditore. Oggi ogni capo cosca e’ un imprenditore che lavora nell’ambito economico, insieme ad altri imprenditori, a politici, a giudici, forze dell’ordine, soldati. Questa mafia contemporanea che controlla i territori, non piu’ solo Sud e isole, ma tutta l’Italia, ha una organizzazione fatta di vari soci e dunque la zona grigia non esiste piu’. Non ci sono piu’ alcune figure che possiamo annoverare nella zona grigia (avvocati, imprenditori, commercialisti, finanzieri, forze dell’ordine…) ma ciascuna di queste figure o sta dentro l’organizzazione oppure ne sta fuori.
Torniamo agli Stillitani, delle due l’una: o sono vittime di estorsioni o referenti del clan. Imprenditori che per salvarsi dalle pressioni, minacce, intimidazioni dei mafiosi, cioe’ per salvare le loro imprese e per continuare a lavorare, cercano una mediazione in una sorta di do ut des (stabile rapporto sinallagmatico in giuridichese) che non li faccia soccombere ma che gli consenta anche una liberta’ “vigilata’ di impresa oppure sono dei gran furbacchioni che hanno trovato il modo di ribaltare la frittata, ovvero fare delle cosche una sorta di leva, di punto di appoggio sul quale saltare per dominare sui concorrenti (un modo come un altro per non avere concorrenza in un certo territorio), e anche diventare dei riferimenti politici.
Perche’ di tutta la vicenda degli Stillitani, quel che ha rafforzato il teorema accusatorio e’ stata la vicenda politica di Francescantonio per 10 anni sindaco di Pizzo e per due volte consigliere regionale dell’Udc e assessore di Scopelliti. Se egli non avesse fatto politica (ma la politica si puo’ fare anche per interposta persona) il teorema sarebbe stato piu’ difficile spiegarlo.
E’ evidente che un imprenditore vessato il quale tenta di ottenere un do ut des dalle cosche e oltre che le sue aziende (con tanta manodopera da assumere) apporta nell’intesa decisioni e influenza politica, ha un potere contrattuale maggiore ricevendo in cambio consensi elettorali e eliminazione dei concorrenti.
Per l’ex assessore regionale Francesco Antonio Stillitani la Dda di Catanzaro aveva chiesto 21 anni di reclusione. Stillitani è rimasto coinvolto anche in altre operazioni della Distrettuale. Era stato arrestato a luglio 2020 e aveva subito un maxisequestro beni per oltre 17 milioni di euro.
Secondo il pm della Distrettuale antimafia di Catanzaro, Antonio De Bernardo, il “problema” non sarebbe stato quello di «stabilire se c’è responsabilità penale o meno per il reato associativo ma soltanto se si tratta di un concorso esterno o di una partecipazione attiva». Così aveva detto nella requisitoria dello scorso aprile.
Secondo i giudici, Angelina Silvestri presidente con Maria Giulia Agosti e Gian Marco Angelini, invece, i fratelli Emanuele e Francescantonio Stillitani sono innocenti e quindi li ha assolti, nonostante i 21 anni di reclusione chiesti per ciascuno. Assolti in primo grado per i due capi di imputazione perché il «fatto non sussiste» e per «non aver commesso il fatto», come sostenuto dai difensori rispettivamente Ioppoli e Andreano e Comi e Gennaro. La Silvestri, sino al 2015 a Lamezia prima di trasferirsi alla Corte di Appello di Catanzaro, ha lasciato un buon ricordo : “Gli avvocati lametini – disse la Silvestri accomiatandosi- si distinguono per la loro professionalità e correttezza”.
Con l’assoluzione dell’imprenditore e dell’ex sindaco di Pizzo, cade gran parte dell’impianto accusatorio sulla quale si basa l’inchiesta “Imponimento” di Gratteri, scattata nell’estate del 2020, contro i presunti appartenenti al clan Anello-Fruci ma, soprattutto, contro il presunto sistema che avrebbe controllato, almeno per un ventennio, alcune delle strutture turistiche presenti sul litorale tirrenico al confine tra le province di Catanzaro e Vibo Valentia.
Stillitani era stato l’arresto “eccellente” del blitz “Imponimento” della Dda di Catanzaro del 21 luglio 2020, che aveva colpito i clan di ‘ndrangheta operanti tra Lamezia e Vibo Valentia. Stillitani era stato arrestato insieme al fratello Emanuele con le accuse di concorso esterno in associazione mafiosa ed estorsione e anche di voto di scambio e, dopo l’esperienza politica, era tornato al business del turismo, che curava già in precedenza insieme ai suoi familiari.
La politica Stillitani era stato assessore al Lavoro e alle Politiche sociali nella Giunta Scopelliti, dopo essere stato eletto con l’Udc alle Regionali del 2010 e si era dimesso nel 2013 anche dalla carica di consigliere regionale. Un addio che era rimasto avvolto nel mistero. Stillitani, da allora, era tornato a curare le attività imprenditoriali della sua famiglia, che gestisce alcuni dei più importanti villaggi turistici del litorale vibonese. Le cronache erano tornate ad interessarsi di lui quando, qualche anno fa, aveva presentato alla Regione un progetto per un mega resort a Pizzo, la sua città di origine.
In precedenza, Stillitani era stato a lungo sindaco di Pizzo Calabro, dal 1993 al 2003. Nel 2001, come unico rappresentante dell’Udc, era stato nominato assessore regionale esterno dal presidente Chiaravalloti.
Concorrenti esterni Stillitani, come si legge nell’ordinanza, ha “concretamente contribuito, pur senza farne formalmente parte, al rafforzamento, alla conservazione ed alla realizzazione degli scopi dell’associazione mafiosa denominata ‘ndrangheta, operante sul territorio della provincia di Vibo Valentia e su altre zone del territorio calabrese, nazionale ed estero (Svizzera), ed in particolare della locale di Filadelfia e della cosca Anello-Fruci ivi operante, associazione”.
Francescantonio Stillitani e suo fratello Emanuele “come concorrenti “esterni”, nella qualità di imprenditori del settore turistico-alberghiero, Francescantonio Stillitani anche quale uomo politico di riferimento del sodalizio… fornivano stabile contributo alla vita dell’associazione mafiosa”.
Secondo gli inquirenti, Stillitani sarebbe stato “in contatto diretto con i vertici dell’organizzazione criminale operante a Filadelfia, Acconia di Curinga e zone limitrofe, famiglia Anello e Fruci e loro faccendieri e sodali del sodalizio – dopo una prima fase in cui avevano subito richieste estorsive ed a seguito di una tipica evoluzione del rapporto in termini collusivi -” e avrebbe messo in essere “uno stabile rapporto “sinallagmatico” caratterizzato dalla perdurante e reciproca disponibilità a prestarsi ausilio ed in forza del quale gli Stillitani consentivano a tale organizzazione di infiltrarsi e di avere voce in capitolo negli affari relativi allo specifico settore della gestione di strutture turistiche, anche mediando con altri imprenditori in relazione alle pretese estorsive della cosca e dei suoi appartenenti, concorrendo nelle condotte estorsive, favorendo l’affidamento di opere, forniture e servizi ad imprese contigue alla cosca ovvero direttamente avvalendosene, garantendo l’assunzione di sodali o di soggetti comunque indicati dall’organizzazione”.
Protezione e altri vantaggi Ottenevano così, oltre alla “protezione” mafiosa, una serie di ulteriori vantaggi, tra i quali l’appoggio in favore di Francescantonio Stillitani in occasione delle competizioni elettorali che lo vedevano candidato (in particolare, le elezioni regionali calabresi del 2005), “attraverso plurimi accordi politico-mafiosi maturati e conclusi nel contesto delle cointeressenze economiche legate alla gestione delle strutture turistiche di proprietà degli Stillitani e dei reciproci vantaggi dalle stesse derivanti”.
Ma il castello costruito da Gratteri e dai suoi collaboratori e’ crollato e tutto e’ rimandato al secondo grado.