Nel giorno dell’avvio della procedura di infrazione da parte dell’Europa all’Italia per deficit eccessivo, abbiamo assistito a qualcosa di memorabile: da una parte il centrodestra prosegue a narrare i successi della propria politica economica, dall’altra il Partito democratico di Elly Schlein chiede più soldi alla sanità da prendere dalle “entrate per maggiore crescita”. In quale mondo alla rovescia stiamo vivendo in Italia?
Nel nostro Paese a guida meloniana, cioe’ con un governo illiberale con pericolosi tratti autoritari, l’opposizione e’ ormai ben delineata con una sua linea politica precisa. Le priorita’ legate all’attuale centrosinistra a trazione Schlein/Landini/Conte/Fratoianni sono legate a un utilizzo sfrenato, insostenibile e irresponsabile della spesa pubblica, a ricette sorpassate sul diritto del lavoro, a titubanze imperdonabili nel sostegno all’Ucraina, alla difesa a oltranza dello status quo rispetto all’amministrazione della giustizia. Da una parte quindi un governo illiberale, all’opposizione sinistre antieuropeiste, antiatlantiche, sovraniste, populiste e in ultima analisi anch’esse illiberali. Se opporsi secondo Schlein significa dire “no” su tutto, accodarsi alla Cgil e alla magistratura, ripetere poche proposte identitarie, aspettando che il malcontento verso Meloni cresca fino a farle perdere il referendum istituzionale, esiste un altro modo? Vediamo
La prima sfida da affrontare insieme è quella della produttività. L’alta produttività del lavoro negli Stati Uniti, in costante crescita, porta oggi un corriere di Ups a guadagnare almeno ventuno dollari l’ora e un cameriere a guadagnare non meno di trentamila dollari l’anno. E se guardiamo a un Paese europeo come l’Olanda, l’importante crescita della produttività del lavoro determina per un neolaureato in informatica un primo stipendio di duemila euro netti a fronte di milleduecento/milletrecento offerti per la stessa posizione a un neolaureato in Italia.
La produttività stagnante, quasi ferma da un quarto di secolo in Italia, è il problema dei problemi, porta con sé salari bassi e limitati spazi di bilancio per lo Stato – per sanità, scuola, giustizia, controllo del debito – e per le imprese.
Non vi è alternativa ad agire sui fattori produttivi e quindi sul dimensionamento delle imprese, sulla produttività del lavoro, nel privato, per lo più piccolo, come nella Pubblica amministrazione, per innescare una crescita dei salari e quindi dell’imponibile. E per attivare un circolo virtuoso che porti maggiore redditività per le imprese, entrate e risparmi per la Pa, maggiori investimenti, sviluppo, crescita. L’unica porzione dell’economia italiana iperproduttiva è quella delle medie imprese, con addetti dai cinquanta ai duecentocinquanta. Nel settore privato il peso delle nano-imprese improduttive resta il problema principale.
Tra gli elementi che accrescono la produttività c’è anche l’apertura dei mercati, la concorrenza. Pensiamo al settore dei servizi pubblici locali, ancora bloccato da amministrazioni locali indifferentemente di centrodestra o centrosinistra impermeabili a forme di liberalizzazione. Pensiamo all’azione combinata di centrodestra e centrosinistra nel limitare la prima proposta Draghi che prevedeva reali passi avanti nell’aprire questo mercato. Un settore, quello dei servizi pubblici locali, che ha un impatto sulle finanze pubbliche e sulla qualità di vita delle persone senza eguali rispetto ad altri mercati.
Chi altri, tranne i liberali (riformatori e/o riformisti di ogni sorta), ha strumenti per affrontare seriamente la sfida della bassa produttività, bassi salari, bassa crescita, bassa concorrenza e alta pressione fiscale e alto debito? Chi, tranne i liberali, può dare una casa a chi chiede più libertà individuali, diritti civili, libertà economiche, opportunità professionali, merito e concorrenza?