Sabato il procuratore di Napoli Gratteri ha avuto a Lamezia il suo bagno di folla e intervistato dalla bravissima Giovanna Vitale ha espresso le sue opinioni sulla politica giudiziaria, sul ministro, e cosi’ via.
Da sabato prima Repubblica, poi tutti gli altri giornali, i siti, hanno rilanciato l’intervista e le opinioni di Gratteri. Quindi i media hanno diffuso a largo raggio le idee di Gratteri su intercettazioni, sulla gestione fallimentare dei beni confiscati alla criminalità, sulle riforme della giustizia, sulla separazione delle carriere e via discorrendo. E’ l’esatto copione che conosciamo sin dal 1992, con Borrelli, Di Pietro, Davigo. Ricordate ” resistere, resistere, resistere” ? Allora c’era Berlusconi che prima penso’ di assoldare nelle proprie fila Di Pietro, dopo aver fatto diventare il pool e Mani pulite con Emilio Fede e Brosio -sistemato ogni santo giorno davanti al Palazzo di giustizia- degli eroi, e poi ne divenne il piu’ acerrimo nemico. Ma dopo 32 anni possibile che non sia fatto un passo avanti in questa Repubblica che fino a prova contraria si presenta come uno Stato di diritto?
Qui non e’ in discussione il diritto di Gratteri o di qualsiasi pm di esprimere liberamente in pubblico le sue opinioni politiche, e’ ancora in discussione la reazione della politica. Ogni volta che parla Gratteri, ma e’ gia’ successo con Di Pietro, Ingroia, De Magistris, Davigo, Di Matteo, la sinistra applaude sempre. E quando, come nel caso dell’aprile di un anno fa, una sentenza della Cassazione è la pietra tombale su anni di imbrogli della cosiddetta Trattativa, Travaglio & company non fanno una piega (chi non ricorda i collegamenti, persino dal Guatemala, di Michele Santoro e Marco Travaglio, con Ingroia che in preda a chissà quali ardori e furori pensò addirittura – nel giugno del 2013 – di presentarsi alle elezioni politiche come candidato alla presidenza del Consiglio? La sua avventura finì com’era prevedibile in un impietoso zero virgola, ma la scia luminosa della Trattativa non conobbe sosta). In altre parole, e per capirci, non e’ che la sinistra sia il partito dei giudici come in maniera facilona si usa dire, no, ha scelto di diventare il partito di alcuni pm. E si badi ho citato Travaglio ma il suo piu’ grande nemico Renzi voleva fare di Gratteri un ministro. O Falcone che fu costretto a seguire il socialista Martelli perche’ i comunisti avevano altri prediletti. In un sistema serio, basato sulla separazione dei poteri, la politica non deve chiedere il permesso ai giudici per fare le norme che li riguardano. In una sistema come il nostro dove c’e’ un potere dal 1992 uscito fuori dai confini, si procede per opposte tifoserie. Non c’e’ destra e sinistra, c’e’ solo opportunismo, la confusione degli opposti opportunisti. Con un eccesso di grottesco che in Italia non puo’ mai mancare.
Luca Palamara, diventato cosi’ potente da decidere le carriere di tanti suoi colleghi e ora fuori dalla magistratura, nella primavera del 2006 era un giovane pm della procura di Roma. Era quello che nella primavera del 2006 gestì lo scandalo Calciopoli. Quel famigerato cortocircuito tra informative, verbali, stralci di intercettazioni, titoli dei giornali, gogna mediatica, sentenze inoppugnabili di colpevolezza sui media
Le danze, in quel 2006, cominciarono a fine aprile, con i “blitz” a Roma nella sede della Gea, celebre società di procuratori sportivi (tra cui molti figli di personaggi celebri, come Alessandro Moggi e Davide Lippi), mentre a Napoli si indagava sul fronte “arbitri”, la vera “polpa” di Calciopoli. Il 5 maggio la Gazzetta ci informo’ che “in Procura a Roma c’è stato un vertice tra il pm Luca Palamara (la collega Palaia è impegnata in un corso) e gli investigatori della Guardia di Finanza (…). La prima decisione è stata quella di cominciare subito a sentire le persone informate dei fatti”, in quanto “l’interesse dei magistrati romani è proprio sulla società diretta da Alessandro Moggi (…) per stabilire se, oltre a gestire calciatori, la Gea riesca anche a interferire con la scelta degli arbitri”.
(Massimo Zampini) Una vera e propria associazione a delinquere, per il giovane pm Palamara, che ha fretta e vuole capire. Comincia così una sfilata di nomi celebri di fronte al pm, permettendo alla vicenda di acquisire sempre maggior rilievo mediatico: ecco Marcello Lippi, poi è il turno di Cannavaro, Trezeguet e così via. Ogni giorno spunta qualche nuova intercettazione, a volte fronte Gea e a volte fronte arbitri, per aiutarci a indignarci e farci capire bene chi siano i cattivi. Ed è qui che comincia il disastro. Per Moggi Jr e la sua famiglia, perché ci tocca leggere le parole confidenziali e i dettagli relativi a un suo weekend con una giornalista (Ilaria d’Amico). Le conversazioni relative a un corteggiamento, del tutto irrilevanti a fini penali, finiscono su tutti i giornali. Risatine, commenti, quel furbo di, quella povera moglie, tutto per quelle pubblicazioni assurde e inconcepibili. E il problema, quello vero, è che pure ora, 18 anni dopo, tutti ricordano quella vicenda, che non avrebbero mai dovuto conoscere. Ma in pochi sanno che Moggi Jr, accusato con titoli e blitz di essere il protagonista di un’associazione a delinquere che decideva illegalmente le convocazioni della Nazionale, gli arbitri, i trasferimenti grazie a una forma di concorrenza illecita, su tutte quelle questioni, alla fine, è stato assolto del tutto.
Lo capite ora perche’ dal 1992 in poi l’Italia ha a che fare con pm e amichetti che sono tutti tifosi di curve opposte?