Andare in pensione e’ una di quelle cose alle quali ci si prepara per tutta la vita. Come a metter su famiglia, fare dei figli, girare il mondo… e’ un proposito che sta tra il desiderio e la necessita’. Solo che poi, nel momento in cui si va in pensione, ci si accorge di non essere ancora pronti a fare quella cosa alla quale ci si e’ preparati da lungo tempo. Ecco perche’ ciascuno vive la pensione a modo suo, per alcuni e’ una gioia immensa, per altri un dolore indicibile, ma tutti non erano ancora pronti per andare in pensione. Gioacchino Tavella, che e’ del 1954, ha deciso anche lui di andare in pensione come libraio di Lamezia, ma sa bene che nulla si crea, nulla si distrugge e tutto si trasforma. La sua storica libreria di via Crati non chiude, solo lui va in pensione, e tra i due eventi c’e’ un rapporto che tentero’ di districare con pazienza e un pizzico di emozione. Gioacchino ha tra i tanti difetti una sola unica dote riconosciuta che e’ quella di fare le cose perche’ ci crede. Se non ci crede una cosa non la fa. Quindi va in pensione perche’ ora crede sia giusto farlo cosi’ come nella vita ha fatto altre scelte importanti. Un libraio come lui, che qualcuno ha anche avuto l’ardire di definire il mestiere piu’ bello del mondo, svolge un’ attivita’ che lo costringe ad un rapporto continuo con una categoria (quella dei lettori) che e’ composita e varia. Mentre chi vende un oggetto si misura con il consumatore, si pensi alla cassiera di un supermercato, per cui lo scambio avviene senza che ci sia tra i due soggetti, chi compra e chi vende, una relazione (io compro un detersivo e il rapporto lo instauro con il produttore, non con la cassiera), nelle librerie il venditore non resta un perfetto estraneo ma diventa suo malgrado una sorta di garante dell’oggetto che vende. Non della sua qualita’, e’ chiaro, quella appartiene tutta allo scrittore con il nome in copertina, ma del suo “valore”. I soldi che costa un libro, mentre passano di mano, sono soldi buttati o per cosi’ dire ne vale la pena? Ecco pertanto che il libraio col tempo, con la esperienza, con la frequentazione, diventa molto di piu’ di un venditore ma innanzitutto un conoscitore di anime, e di gusti, quelli dei suoi lettori. Questi possono essere occasionali, e allora la vendita e’ un mero atto di consumo, ma quasi sempre sono assidui (anche al cinema o in una galleria d’arte o in una edicola succede la stessa cosa) e ogni libro e’ un segno della sua sensibilita’, delle sue predilezioni, dei suoi amori. Delle sue idiosincrasie, delle sue fissazioni, delle sue passioni. Il libraio diventa senza volerlo (ma col tempo ne e’ consapevole) un confidente, un consigliere, un garante, un trait d’union, un amico devoto. Se io amo i gialli sara’ il mio libraio che non perdera’ l’occasione di segnalarmi un nuovo sconosciuto autore che si affaccia sul mercato. Lo fara’ perche’ sa che la cosa mi procurera’ piacere, prima ancora che per vendere una copia, e soprattutto oggi in cui nelle librerie non si comprano piu’ libri ma oggetti messi in vendita da personaggi televisivi (Bruno Vespa e simili), il rapporto tra lettore e libraio diventa fiduciario, per cosi’ dire di tipo sentimentale. Come ha scritto Gian Arturo Ferrari, in Storia confidenziale dell’editoria italiana (Marsilio), quello dei libri e’ un settore “stretto tra il Dio della cultura e il Mammona delle leggi economiche”. In mezzo si ritrova il libraio a barcamenarsi tra mille titoli. Anzi piu’ di 100 mila l’anno (compresi ebook e autopubblicati), 282 al giorno.
La differenza tra le librerie che fanno parte di una catena (la Feltrinelli) e quelle indipendenti consiste nella liberta’ imprenditoriale che il libraio alla Tavella si garantisce. Ogni ordine da lui fatto alla casa editrice resta a suo rischio, mentre se e’ inserito in un franchising il numero di copie che gli arrivano per ogni nuova uscita e’ stabilito non da lui ma dall’alto, dalla casa madre. E’ allora evidente come il libraio indipendente col tempo non solo intenda e debba conoscere i gusti dei suoi lettori ma anche costruirli, stimolarli, sensibilizzarli. Come uno psicologo che non ti dice cosa devi fare ma ti aiuta a capire quali potrebbero essere le scelte migliori.
Un’altra intensa attivita’ di Gioacchino sulla quale vorrei spendere qualche parola e’ quella della presentazione dei libri. Visto da fuori appare come lavoro elementare, se come ho detto lui quasi sempre fa quello in cui crede: c’e’ un libro da far conoscere insieme con il suo autore e lui organizza la presentazione. Solo che non e’ cosi’ semplice come sembra. Per “organizzare” occorre sentire (quante volte?) l’autore e/o la casa editrice, trovare gli incastri giusti per far coincidere le date, e poi pensare a tutto: quando e come arriva l’autore da fuori Lamezia; dove alloggia? Dove mangia? Chi lo prende in stazione o all’aeroporto, chi lo riaccompagna, chi gli fa compagnia? E poi, come pubblicizzare l’evento, chi lo presenta? E anche qui, il presentatore da dove viene, come arriva? Un’ attivita’ che, fatti i conti, tra il dare e l’avere, cioe’ qualche copia in piu’ del libro da vendere, non sembra per il tempo e gli sforzi necessari del tutto “vantaggiosa” da mettere in piedi. Pero’ esiste un piccolo particolare che molti ignorano, vale a dire che nelle citta’ del centro-nord alle presentazioni di libri, anche in prestigiose librerie del centro, sono solite partecipare (a meno che non si tratti di personaggi televisivi) pochissime persone, nell’ordine di una decina. Sono cenacoli di appassionati che l’autore e’ ben lieto di incontrare in un incontro che diventa, per il numero, confidenziale e intimo. Quando invece questi autori cosi’ abituati arrivano alla libreria Tavella e si ritrovano davanti ad una cinquantina o a cento persone, non credono ai loro occhi, e vivono questo bagno di folla con una intensita’ che lascia loro tracce indelebili. Per cui si affezionano e vogliono tornare, ecco il piccolo miracolo che il libraio ha saputo creare con sforzi e tempo ed energie. Un miracolo che appare bene anche da un altro punto di vista. Come nel film Toy Story i giocattoli diventano oggetti animati parlanti simili alle persone, interagendo tra di loro, le presentazioni dei libri fanno diventare quell’oggetto pieno di pagine numerate un soggetto che parla per bocca del suo autore, il giornalista, lo scrittore, l’autore o autrice. Talvolta sarebbe meglio continuare ad immaginarsi l’autore attraverso la semplice lettura della storia che ha scritto, ma altre volte e’ una vera scoperta, una sorpresa piacevole che arricchisce la lettura. In questo impegno continuo e appassionato Gioacchino ha saputo fare divulgazione quanto Piero ed Alberto Angela, e’ chiaro. Questo Tavella in versione Toy Story per Lamezia e’ stato una benedizione, oso dire uno di quegli eventi culturali ultradecennali che ci hanno qualificato e contraddistinto. Si potrebbe paragonare a qualche parco che e’ stato aperto al pubblico, a qualche strada nuova che ha facilitato i nostri spostamenti automobilistici, nel senso che abbiamo visto da vicino qualche prestigioso intellettuale capitato a Lamezia per presentare il suo libro e lui ha di conseguenza apprezzato i lametini, la nostra ospitalita’ e anche, perche’ no, il nostro acume che non e’ inferiore (o superiore) a quello di nessuno.
Nelle nostre case ci fanno compagnia muti ed impassibili i libri che abbiamo accumulato in tanti anni e di essi Gioacchino e’ stato l’ambasciatore accreditato, e si e’ accreditato perche’ la sua attivita’ quotidiana consiste nel misurarsi sempre con la verita’. Il libraio non puo’ dire come un Pinocchio qualsiasi solo bugie, leggi questo libro perche’ e’ bellissimo quando sa che non lo e’, leggilo perche’ e’ avvincente quando invece sara’ noioso. Quindi ogni consiglio che ti da’, ogni suo giudizio, sara’ pesato e lui sara’ misurato nella sua affidabilita’ umana prima che nella sua attivita’ imprenditoriale. Non penso di esagerare se arrivo a dire che uno sciocco non puo’ fare il libraio perche’ dopo un poco di tempo i lettori capiscono chi sia.
Si pensi infine alla campagna annuale per la scolastica. Anche qui solo chi non ha mai approfondito la cosa puo’ essere superficiale e pensare che il gioco valga sempre la candela. Il lavoro organizzativo, alle prese con liste dei libri provenienti dalle scuole che spesso sono imperfette se non sbagliate, con distributori che intendono soprattutto vendere le nuove edizioni piuttosto che le vecchie, alle quali invece al contrario sono molto affezionati i docenti, con genitori che non vogliono perdere tempo, con una concorrenza di anno in anno sempre piu’ agguerrita (la scolastica scontata la vende Amazon ma ormai anche le catene dei supermercati), con la logistica (i libri piu’ ne accumuli piu’ hai bisogno di spazio e di carico e scarico), il lavoro organizzativo dicevo e’ tanto, troppo, dura mesi e il guadagno ti lascia sempre con l’interrogativo annuale se ne valga proprio la pena. Ma, anche qui, c’e’ alla base, si crea inevitabile un rapporto fiduciario con i clienti, che stavolta sono famiglie con figli, con le scuole, i presidi, i professori, rapporti che si consolidano nel tempo e con gli anni perche’ quei figli crescono e formano nuove famiglie e cosi’ via. Quei libri sui quali i docenti impartiscono le loro lezioni, sui quali i figli studiano (piu’ o meno) per poi diventare magari professionisti importanti dentro e fuori Lamezia, insomma quei libri che pur nel mondo di internet non scompaiono come qualcuno aveva sbrigativamente decretato, sono strumenti indispensabili che il libraio “distribuisce’ sul territorio, nelle case, legandosi alle scuole e alla formazione delle nuove generazioni. Se non e’ cultura questa, nobile ed essenziale nella misura in cui prima gli studenti hanno i libri a loro disposizione e prima possono cominciare a studiare, non saprei rintracciare altro termine adatto.
Il mestiere di libraio non e’ ne’ facile ne’ agevole perche’ le difficoltà che affliggono il mondo dell’editoria lo investono in pieno e rischiano di trascinarlo fuori dal mercato. In Italia si legge meno che in altri paesi nel mondo e il crescente aumento delle vendite on line sui siti web specializzati e degli e-book stanno sempre più conquistando il mercato diminuendo, quindi, la sua l’importanza. Le edicole vendono piu’ gadget che giornali e riviste, e le librerie dovunque si stanno trasformando in bar dove si passa il tempo a consumare qualcosa e a guardare sulle pareti i libri esposti. Ma solo se si pensa a tutti quelli che avevano previsto anni fa la scomparsa (come i dinosauri) del libro cartaceo, cosi’ come del cinema o della radio a favore della televisione (e invece ora sappiamo che ogni mezzo si aggiunge e continua a coabitare con gli altri) e’ giusto concludere che anche le librerie si trasformeranno ma non scompariranno. La esperienza e professionalità del libraio alla Tavella sara’ sempre interconnessione tra il cliente ed il libro stesso e l’Italia è un paese ricco di storia e di cultura anche per tutto il patrimonio librario che ogni libraio custodisce nel proprio negozio.
Il piu’ famoso libraio del Novecento si chiama Lawrence Ferlinghetti, morto a 101 anni, ed e’ stato anche un notevole poeta novecentesco di quelli che hanno chiamato “i beat”. Ma la fama la deve alla sua libreria, la City Light Books sita al numero 261 di Columbus Avenue a San Francisco, la città americana che a parte New York ha il maggior numero di librerie in proporzione ai suoi abitanti. Un altro libraio famoso e’ stato il francese Pierre Brossolette, un indomito antinazista francese che per campare nella Parigi occupata dai nazi aveva apprestato una sua piccola libreria a Parigi, fino a quando i tedeschi non lo catturarono. Anche il triestino Umberto Saba con la sua libreria ci campò, nonostante i drammi che la’ dentro vi avvennero, ma c’e’ un piccolo racconto di George Orwell (Memorie di un libraio, Garzanti) che vorrei ora ricordare. Orwell, ben prima di inventare la distopia di 1984, narra di quando era stato commesso in una libreria londinese di libri di seconda mano. Egli dice di come non più del dieci per cento dei clienti di quella libreria sapessero distinguere un buon libro da un pessimo libro. Non so se Gioacchino condivida questa percentuale ma, anche se ora siamo diventati tutti con il collo ricurvo per le troppe ore passate a compulsare cellulari e tablet, quelli che amano leggere i libri non si toglieranno mai il vizio. Non solo perche’ i ricordi si affastellano, il primo volume letto da ragazzi, il piacere di sfogliare le pagine e annotarvi dentro qualcosa, di farvi le pieghe al bordo superiore, e anche l’atmosfera respirata in certe librerie. Dove c’e’ un signore che continua a fare un mestiere senza tempo piu’ simile oggi a una vocazione, come se fosse un parroco che cura le sue anime. E come ogni parroco, segue il via vai di clienti tutti diversi, magari bizzarri o appassionati, scontenti o con richieste impossibili, adusi a raccontare storie o a dialogare e/o battibeccare con la commessa del negozio. Ma il libraio forse e’ anche, nel momento di massimo splendore di Amazon, un minuscolo «farmacista letterario», «biblioterapeuta» o specialista della cura con i libri. L’esperienza quotidiana riesce ad incrementare la sua saggezza e conoscenza. Gestire una libreria significa tante cose, come spostare e aprire scatole e scatoloni, saper tenere i rapporti con i grossisti, saper esporre i libri, dar loro un ordine e consentire al cliente di ottenere subito a vista d’occhio una mappa del luogo, occuparsi di arredi, di contabilita’, di fatture e resi, usare i social, pianificare la comunicazione sul web. E infine per chi ci riesce e ne ha la voglia, riuscire a consigliare ai lettori il libro giusto, quello che li terrà incollati alle pagine e che li farà tornare in libreria per avere un nuovo consiglio. La libreria Tavella e’ stata tutto questo, a cominciare dalla grafica inventata da quel genio di Antonio Milano, dall’apporto fondamentale del fratello di Gioacchino, Pierluigi, da tutti i suoi collaboratori. Senza dimenticare che se uno come lui fa sempre quello in cui crede credo lo debba innanzitutto ai genitori, al mondo sano in cui e’ cresciuto e si e’ formato.