Dopo le sue missioni non concordate a Mosca e Pechino, giusto il tempo di presenziare al vertice Nato in cui si è deciso di intensificare il sostegno all’Ucraina e Viktor Orbán è volato negli Stati Uniti, alla residenza di Donald Trump (per la seconda volta in quattro mesi), evidentemente per riferire sull’esito della sua diplomazia parallela, pur condotta sotto le insegne della presidenza di turno del Consiglio dell’Unione europea. Il suo gioco si fa sempre più scoperto, come punta di lancia in una specie di internazionale dell’autoritarismo (e dell’estrema destra) che va da Trump a Putin, e che non promette nulla di buono né per l’Ucraina né per l’Europa. Piaccia o no, gli schieramenti ormai sono questi: di là fascisti, autocrati e aspiranti dittatori, di qua l’Unione europea e la Nato. Matteo Salvini ha scelto da tempo da che parte stare. Giorgia Meloni pensava forse di essere così furba da riuscire a giocare in entrambe le squadre senza che nessuno se ne accorgesse, e ora rischia di restare in tribuna.