Nella saga del concordato biennale si aggiunge un’ultima puntata della farsa. Dopo un momento iniziale in cui il governo voleva imporre a chi avesse voluto accedere al concordato di dichiarare fino al 300 per cento in più dell’anno precedente, siamo passati al secondo tempo in cui il Parlamento approva emendamenti che invece danno luogo a un’imposta flat del 10-15 per cento sull’incremento di reddito dichiarato.
Come dire, il governo aveva proposto un concordato per recuperare un gettito che considerava “giusto”, ma poi i rappresentanti del popolo si sono espressi dicendo che quel gettito era troppo. Da un certo punto di vista sembra di rivedere il film del Superbonus: la misura arriva già con dei difetti sostanziali alle Camere per via di una proposta governativa, e il Parlamento sembra che non abbia di meglio da fare che renderlo sempre più generoso peggiorando la proposta del governo. Anche nel caso del concordato biennale, alla generosità del Parlamento si aggiunge la bandierina politica. Come il Superbonus fu la bandierina politica del M5s alla ricerca di un sistema per far ripartire l’economia, così il concordato nella versione flat tax diventa la bandierina politica del centrodestra per far ripartire (o definitivamente affondare) l’economia.
Il gradualismo non sembra essere il piatto forte del governo, eppure è l’unico modo per combattere l’evasione è dare fiducia ai contribuenti. Avevamo proposto un modo più graduale di procedere: bastava usare la promessa di meno controlli per chi aderiva al concordato, e la minaccia di più controlli per chi non aderiva, per convincere i contribuenti a dichiarare (poco più) di quanto avevano fatto l’anno precedente. Per aumentare il gettito bastava portare i contribuenti a migliorare di un paio di punti il loro “indice di affidabilità” Isa, tutto questo mantenendosi rigorosamente nell’alveo del sistema dell’Irpef: chi guadagna di più, paga di più.
Invece il governo cancella la progressività dell’Irpef: sollecitato dalle audizioni parlamentari, con il dlgs 108 del 5 agosto ha deciso di introdurre la flat tax incrementale per il lavoro autonomo anche a chi non ce l’ha. E per di più di introdurre una flat tax agevolata per i forfettari, che hanno già la flat tax al 15 per cento: se dichiarano di più dell’anno scorso, pagano sull’incremento il 10 per cento (invece del 15). Una doppia flat tax per i forfettari che dichiarano troppo poco (ma la flat tax non doveva eliminare l’evasione?). Così non solo si rischia di non raccogliere gettito ma si scassa ancor di più l’edificio già compromesso dell’Irpef.
La possibilità di pagare sull’incremento del reddito imponibile una flat tax che andrebbe dal 10 al 15 per cento, a seconda del punteggio Isa del 2023, víola il principio base dell’equità orizzontale e verticale. Recentemente Dario Stevanato su questo giornale è intervenuto a riguardo: è una violazione dell’equità verticale e dello stesso principio di progressività – garantito dalla nostra Costituzione sulla totalità di tasse e imposte – perché non si può far pagare alla stessa persona un’aliquota più bassa su un incremento di reddito e una più alta sul suo reddito iniziale; è una violazione dell’equità orizzontale perché non si può far pagare aliquote diverse a due persone che hanno un reddito uguale nel 2024 ma partivano da redditi diversi nel 2023.
Il punto fondamentale da capire è che qui non si tratta di un’imposta sostitutiva di un reddito di origine diversa, ma dello stesso reddito Irpef assoggettato ad aliquote diverse a seconda dell’andamento del reddito durante il periodo di vita dell’impresa: chi, a parità di reddito, ha un andamento del proprio reddito uniforme nel tempo sarebbe penalizzato rispetto a chi ha un reddito che varia in modo erratico. Una tassazione così strutturata può sicuramente indurre comportamenti opportunistici finalizzati ad avere incrementi di reddito ad anni alterni, con buona pace dell’obiettivo di recupero dell’evasione. Si può infatti decidere di fruire del concordato e alla scadenza del biennio non aderire nuovamente, rallentando la propria attività, in modo tale da ottenere redditi molto bassi per poi aderire al concordato nel periodo successivo, con redditi di riferimento di nuovo bassi.
Il problema è evidente ma il centrodestra ha fatto di tutto per cercare di far passare il concetto di flat tax e ora con il dlgs 108 del 5 agosto 2024 questo è addirittura parte integrante del concordato biennale preventivo. E pur sapendo di rischiare l’incostituzionalità, si è proceduto lo stesso, sicuri del fatto che comunque un’eventuale sentenza annullerebbe gli effetti pro-futuro, salvaguardando gli effetti del passato. Questa deriva purtroppo può dare adito a una pericolosa imitazione a sinistra, perché ricordiamo che la pretesa di detassare gli aumenti contrattuali per i lavoratori dipendenti (più volte reiterata ma fortunatamente respinta da tutti i governi precedenti) è esattamente un altro esempio di violazione della equità orizzontale e verticale tra contribuenti.