Su Canale 5 e’ cominciata ieri sera una serie ambientata a Palermo, tratta dai romanzi di Salvo Toscano. Diretta da Francesco Micciche’ la novita’ e’ che soggetto e sceneggiatura sono di Giuseppe Fiorello, Salvatore De Mola, Pier Paolo Piciarelli.
Beppe Fiorello e’ noto come l’attore, il fratello triste di Fiorello. Con gli anni qualsiasi regista che abbia avuto bisogno di far impersonare un povero cristo il primo nome al quale ha pensato e’ lui.
Finanche il nostro Mario Vitale, con l’Afide e la Formica, suo film d’esordio, ha voluto la sua faccia di cane bastonato. L’altro attore da cane bastonato del cinema italiano e’ Favino il quale pero’ essendo bravissimo nelle imitazioni si trucca e quindi diventa chi vuole il regista. Beppe no, lui sul personaggio sfigato continua la sua carriera che ha adornato, come si usa fare, con l’impegno, per cui ogni interpretazione la spiega con il messaggio importante che il film inoltrerebbe non si sa a chi (la tipica bottiglia con messaggio dispersa nel mare).
Questo prologo mi serve per far capire come non gli sia parso vero, a B. Fiorello, trovare nelle storie di Toscano il ruolo adatto a lui: un giornalista di Palermo, Fabrizio Corsaro investigatore ma anche tombeur de femmes, con la battuta pronta, sveglio; messo accanto ad un fratello avvocato triste, Roberto, perche’ vorrebbe un figlio e la moglie non vuole. Solo che Beppe sempre sfigato resta, al fondo, e quindi con le migliori intenzioni provoca guai nel tentativo di trovare assassini. Ognuno ha la sua croce.
Cio’ detto, la serie della Sicilia Film Commission presenta le solite incongruenze delle serie italiane che ancora non hanno imparato niente dagli americani. Proprio niente no, una cosa sola ormai la mettono sempre, Fiorello salutando il fratello invece di dirgli come facciamo noi italiani ” Ci vediamo” lo saluta con “Ti voglio bene“, che e’ molto usato nel cinema americano nel rapporto padri e figli (non nei fratelli).
Le scenografie e gli arredamenti nei polizieschi italiani sono sempre assurdi e incredibili. L’avvocato Paolo Briguglia (Roberto Corsaro) vive in una casa non di un grande avvocato ma di Aurelio De Laurentiis mentre la moglie (non vuole figli) fa traduzioni e lavora tanto per farsi assumere dalla casa editrice perche’ occorre un’altra entrata in famiglia.
La diversita‘ non puo’ mancare nelle nuove storie italiane per cui la socia dell’avvocato e’ lesbica, il mafioso pur essendo a Palermo nella prima puntata ha appena fatto capolino ma in compenso s’e’ visto un prete che dirige una scuola religiosa che copre gli scandali sessuali per il buon nome dell’istituzione.
La tavola e il cibo, ingrediente fondamentale di Montalbano, qui e’ rappresentata dalla signora Corsaro madre dei due fratelli; Palermo con le sue piazze e la sua architettura si mostra in tutta la sua belta’; si conoscono tutti e tutti sono stati compagni di scuola, il pm s’incazza perche’ l’avvocato Corsaro lo chiama ancora Carletto come al liceo, il commissario e Beppe Fiorello se non hanno fatto la scuola assieme avranno fatto bisboccia tanto e’ l’affiatamento e la cordialita’.
Insomma, noi italiani con la serialita’ vogliamo guardare tanto oltreoceano e poi costruiamo questi concentrati di paesini, di circoletti chiusi, dal momento che la Vigata di Camilleri rappresenta per noi la summa di tutto quello che il giallo deve contenere per aver successo: omicidi come pretesti narrativi, cibo, amori, sesso, simpatia, paesaggio.
E Agatino Catarella, che qui in questa prima puntata non c’e’ se non in un ultratimidone collega di redazione di Fiorello che non sa come approcciare una ragazza come se fossimo ancora nei musicarelli degli anni sessanta.
Nelle serie italiane il tempo si e’ fermato, infatti hanno un unico ingrediente per rivolgersi al pubblico anziano, la nostalgia. Ecco allora spiegato il successo delle serie turche e di Kemal, la nostalgia per il tempo (Il bell’Antonio di Bolognini, Mastroianni e Cardinale in Sicilia, anno 1960) di vendette, onore, ricatti, quando si riconoscevano i buoni e i cattivi e i figli nel bene e nel male dipendevano dal padre.