(frasco) Subito dopo questa mia modesta introduzione potrete leggere l’unico articolo che vi racconta nel modo giusto la vicenda dei bassi salari nella scuola rilanciata dall’Ocse. E’ comparso sul Foglio.
Se invece leggete “Repubblica”, l’inviato di guerra Corrado Zunino (unico caso al mondo di un cronista che ama fare reportage dagli scenari di guerra, quindi e’ coraggioso, e poi pero’ torna in Italia e si limita pavido a far cassa di risonanza ai sindacati scuola) vi spiega che i bassi salari sono dovuti al governo Meloni, come se al tempo di Conte 2, di Renzi, di D’Alema fossero stati alti. La tesi di Schlein: “stipendi italiani troppo bassi, il governo incrementi le risorse in manovra”.
La mia posizione sui bassi salari vorrei ribadirla ancora una volta su questo blog. In premessa pero’ occorre ricordare, per onesta’ storica, da dove nasce il patto che tutti i sindacati hanno siglato tanti anni fa con la Dc che, lo ricordate, governava la scuola con i suoi ministri, sino alla Falcucci. Nasce dalla pretesa, che e’ logica, della triplice di rappresentare tutte le componenti del mondo scuola per fare massa critica e avere piu’ forza contrattuale: docenti, Ata e presidi. E’ chiaro che chi rappresenta solo i presidi ha poco peso, mentre chi fa l’avvocato difensore di docenti e Ata e presidi insieme ha un peso maggiore. Dunque, i sindacati rappresentativi di tutti hanno sempre ragionato cosi: se c’e’ un aumento di stipendio, esso va sempre distribuito con un unico contratto collettivo nazionale con una proporzione automatica: 100 % ai presidi, 80% ai docenti, 60% agli Ata. Con questa politica salariale in testa, seduti al tavolo con i governi dc prima e poi con gli altri, i sindacati hanno siglato un patto (do ut des) ancora in vigore che dice: i salari possono essere anche bassi, in cambio pero’ vogliamo che le porte per il reclutamento nella scuola siano sempre aperte. Cio’ spiega il fenomeno del precariato diffuso perche’ se tu hai una regola in Costituzione che dice che all’impiego pubblico si accede per concorso e fare un concorso e’ sempre molto lungo (e costoso), i proff che entrano a scuola dopo aver superato un concorso sono pochi rispetto al fabbisogno annuo. Tra un concorso e un altro lo Stato ha bisogno di aprire le porte ai precari e quindi ecco la cicatrice del grande precariato che nessun governo di nessun colore riuscira’ mai a rimarginare perche’ ad impossibilia nemo tenetur. Quindi i bassi salari nella scuola li vuole il sindacato che li accetta purche’ in cambio (politico) ottenga le porte aperte, per cui a scuola si accede anche senza concorso (per i nostri costituzionalisti di sinistra e’ tutto a posto).
Se questo e’, come si possono alzare gli stipendi troppo bassi? E qui veniamo all’esempio solito che uso per far capire grandi e piccini. Immaginate una torta, essa rappresenta il monte stipendi italiano per il personale scuola. Come aumentare la fetta di ciascuno? Aumentare la dimensione della torta non e’ possibile a nessun governo (occorrerebbe la crescita, ma noi in Italia registriamo la perdita relativa di reddito rispetto ai paesi avanzati, andiamo avanti a debito). Allora cosa si puo’ fare (notate il puo’)? Si puo’ far questo: invece di dare a ciascuno delle 3 categorie (presidi, docenti, Ata) lo stesso stipendio, ovvero lo stesso pezzo di torta, si fanno fette diverse, e ai piu’ bravi si danno fette piu’ grandi. Si chiama meritocrazia. In questo modo il funzionamento qualitativo della scuola migliorerebbe perche’ si darebbe l’incentivo al personale di lavorare meglio per meritarsi una fetta piu’ grande. Se invece tu dai a tutti la stessa fetta, a chi lavora e a chi no, e’ logico e chiaro (tranne che in Italia) che induci chi lavora a dirsi: ma a me chi me lo fa fare? Per darsi da fare, per migliorare, agli uomini secondo me occorrono spinte gentili, stimoli. Se uno viene a casa tua per farti un lavoro e tu gli dai la stessa somma se lo sbriga in due giorni o in dieci, e’ matematico, ci mettera’ 10 giorni.
Questo e’ il mio pensiero sui bassi stipendi, pensiero non condiviso da chi ritiene che nella scuola siano tutti bravi allo stesso modo (tutti i docenti, tutti gli Ata, tutti i dirigenti) e tutti debbano quindi avere lo stesso stipendio; che il dirigente andrebbe fatto a turno dai docenti (purche’ chi lo fa non abbia nessuna responsabilita’ di alcun tipo, civile, penale, amministrativa, si capisce); e che tutti i precari esistenti dovrebbero diventare di ruolo subito con un unico atto legislativo (incostituzionale, ma chi se ne frega). Chi la pensa cosi’ a me pare che in fondo desidererebbe vivere in un sistema economico sovietico e dovrebbe essere conseguenziale, dovrebbe anche chiedere che venga abolita subito la proprieta’ privata (quindi tutte le case dovrebbero passare allo Stato che le concede in affitto e tutte le ville dovrebbero essere ristrutturate in tante case per il popolo).
(Il Foglio) Ocse certifica un dato di fatto: il motivo principale per cui in Italia i docenti sono pagati poco è l’atteggiamento delle sigle della scuola con cui la sinistra ha stretto uno storico patto di malgoverno e che hanno sempre imposto la logica di contratti collettivi e retribuzioni identiche
La denuncia sui “prof meno pagati d’Europa”, fonte Ocse, è purtroppo vera e purtroppo non è una novità. Purtroppo non sono una novità neanche i commenti dell’opposizione, sembrano fatti con l’intelligenza (poca) artificiale: “Il governo continua a sottopagarli perché non crede al futuro del paese”, ha detto Schlein. Il che, purtroppo, è però un falso storico. La verità, ancora purtroppo, è che il motivo principale per cui in Italia i docenti sono pagati poco – fatti salvi i vincoli del debito e la generale arretratezza del paese – è esattamente l’atteggiamento dei sindacati della scuola con cui la sinistra ha stretto uno storico patto di malgoverno e che hanno sempre imposto la logica di contratti collettivi e retribuzioni identiche, bloccando la strada a ogni incremento di carriera (anche i tutor di oggi sono, dal punto di vista retributivo, una finzione).
E hanno, peggio ancora, barattato l’ingresso a pioggia di personale non selezionato (i precari) per gonfiare i numeri di un settore assistito. Ancora ci si batte per gli scatti di anzianità contro i premi al merito. L’Italia è il quarto paese per retribuzione e dei dirigenti scolastici. Ma secondo Repubblica “il dato rinfocolerà la contrapposizione insegnanti-presidi diventata forte a partire dalla Buona scuola renziana”. Per questa logica sindacalizzata, insegnanti e dirigenti scolastici (che hanno responsabilità persino penali diverse) dovrebbero guadagnare uguale. Manco la Cina di Mao. Il primo e unico tentativo di differenziare per merito e funzioni i docenti fu introdotto dalla Buona scuola, alla quale Cgil e vetero sinistra mossero guerra.
La Cgil definiva “inaccettabili” i meccanismi premiali, perché “invece sono di competenza della contrattazione”. “Contrattazione collettiva” è il totem per cui un insegnante vale come un altro, l’importante è che nessuno guadagni di più. Poi arrivò la ministra Valeria Fedeli (senza laurea, ops), sindacalista Cgil del tessile messa lì apposta per smontare la Buona scuola su reclutamento e retribuzioni. E ricominciarono i contratti a pioggia e le immissioni ferragostane di precari.