Andrea Minuz ovvero l’unico che ha capito tutto sull’Agenda Boccia

(Andrea Minuz, estratto dal Foglio) E va bene domandarsi come mai si entra con tanta facilità a Palazzo Chigi, ma con la stessa facilità la fino a ieri sconosciuta Boccia teneva sotto scacco i guardiani della rivoluzione meloniana. Come in una battaglia navale con corazzate, cacciatorpedinieri, portaerei schierate e paralizzate da un pedalò. E più i retequattristi alzavano il tiro, facevano quadrato, si passavano la palla tra loro, più quella non mollava, seguiva, duellava a distanza, si taggava anche a Cernobbio, con la premier che tirava fuori la storia dei “modelli di donna”, il mio, il tuo, eccetera. Ed è quindi anche “sintomatico” che proprio nella Rete 4 divenuta ormai fortino e comfort-zone del melonismo, Boccia prenda e se ne vada via all’ultimo minuto, aprendo anche a ulteriori complotti su attriti tra Mediaset e il governo, come all’epoca dei fuorionda-fuoriluogo di Giambruno. E qui davvero non è facile capire se è Boccia che ci sa fare, o se ormai, nell’epoca della “disintermediation”, è franato proprio tutto e davvero chiunque, con la giusta tigna (che certo a lei non manca), può mandare in tilt il fatidico “sistema dell’informazione”. Nel caso Boccia la forza dei social è stata in effetti decisiva. E non per nutrire, alimentare, mandare avanti la caciara televisiva, come ancora con il fantasmatico Caltagirone, ma per smentirla, sminuirla e all’occorrenza anche percularla. Anche per questo le analisi comparate con gli scandali berlusconiani, come se fosse sempre la solita storia di potere e prevaricazione maschile e donna-amante illusa, non convincono. Anche perché le D’Addario, le Began, le Olgettine cercavano loro i giornalisti o le procure. Offrivano video, soffiate, audio, diari, agognavano la tv, convinte di trarne vantaggio e non immaginando invece che passato il giro di giostra, strapazzate da tutti i talk-show, sarebbero tornate da dove venivano. Le olgettine erano ancora “contenuto televisivo”. Boccia no. E pare aver imparato la lezione. Giornali e talk-show non sono la sua priorità. Il Sangiuliano-gate è lo scandalo sessuale o “rapporto affettivo” (come dice il ministro), nell’epoca dei content creator: io Boccia sono il contenuto di me stessa. E come dice Bill Gates, “content is king”. Si può andare anche in tv con Telese che gongola, “mamma mia trema la Repubblica”, si può concedere un’intervista a La Stampa, ma il grosso della partita non si gioca più lì. E così la vecchia tv si offende: Vespa si sfila, Del Debbio s’incazza, Berlinguer gliela giura. All Eyes on Boccia.

Al fondo dell’Agenda Boccia si intravede insomma anche un nuovo livello di scontro tra la Instagram Society e i vecchi media, giornali, tv, talk-show, che grattano i fondi di barile dello share mentre di là, sul Boccia profilo, crescono follower a grappoli. E se Vespa, anche con valide ragioni, può dire “no all’intervista a Boccia, non voglio essere un suo strumento”, forse vale anche l’inverso per la mancata consigliera di Pompei.