Risultati dei test Invalsi 2024. Come ogni anno: “I risultati marcano la distanza tra il Nord e il Sud nel sistema scolastico italiano”. “In alcune province del Sud la percentuale di studenti al di sotto del livello minimo supera il 60 per cento”. “Solo il 48 per cento della macro-area Sud raggiunge almeno il livello 3 in matematica e tale percentuale scende drammaticamente al 39 per cento nel Sud e Isole”. Sarà colpa dell’autonomia differenziata? No: tra le province migliori ci sono Sondrio e Lecco, che l’autonomia non hanno. E tra le peggiori Sassari, in una regione con autonomia speciale. Ma in matematica va male anche la Val d’Aosta. Insomma i livelli di autonomia (la “secessione dei ricchi”) non c’entrano nulla con l’efficienza del sistema formativo. Che è il vero problema. Spiegano i dati Invalsi che le “forti evidenze di disuguaglianza… sono dovute alla diversa capacità della scuola di attenuare l’effetto delle differenze socio-economico-culturali”. Dunque non è questione (solo) economica. I docenti del Sud hanno lo stesso stipendio, le scuole ricevono gli stessi contributi. Se non sanno intercettare il bisogno educativo è esattamente per il contrario: la troppo poca autonomia, che impedisce di reclutare il personale specializzato per le necessità e solo quello (anziché ingolfarsi di precari), la difficoltà a creare un rapporto positivo con il mondo produttivo (alternanza scuola lavoro? Vade retro!), di accedere al fundraising, la capacità di intervenire sull’abbandono. Di fronte a un sistema che punta soprattutto a nascondere le sue insufficienze (la pioggia dei 100 e lode) i sindacati di sinistra, dalla Cgil ai Cobas, di recente hanno hanno avanzato un “reclamo” al Garante della Privacy per il pericolo, inesistente, che i test servano “per valutare i singoli studenti”. No cari sindacati, il pericolo per voi è la valutazione del lavoro, scadente, degli insegnanti. Tanto pagano gli studenti.