Lamezia una citta’ rimasta quella degli anni 70

Un’intera generazione e’ cresciuta in Italia assistendo allo scontro, dentro il Pci/Pd, tra Baffo D’Alema e Uolter Veltroni. Ricordate? Era lo scontro tra due linee, la Ditta, il totus politicus, il partito togliattiano, contro il partito all’americana e del bipolarismo. Scontro proseguito con gli affluenti, i vari Bersani ovvero il sempiterno don Peppone che credevano ancora alla Ditta, e l’enfant prodige Renzi che da rottamatore divenne il novello rinnegato Kautsky della rivoluzione proletaria. Fuori dal Pci/Pd c’e’ sempre stata una galassia che e’ andata dai gruppi extraparlamentari degli anni settanta ai cespugli della terza Repubblica, i Verdi, i bertinottiani, Vendola e per finire Fratoianni e Bonelli. Il destino di questi cespugli piu’ a sinistra del pd si e’ ad un certo punto azzerato sul piano elettorale e cio’ e’ avvenuto quasi nello stesso momento in cui antipolitica e populismo hanno attecchito con la propaganda del Vaffa del comico piu’ triste del mondo. Nel 2018 i 5Stelle hanno convinto insieme plebi meridionali e rivoluzionari nichilisti che si potesse aprire il parlamento come una scatoletta di tonno, nel 2024 si sta consumando la secessione tra il fondatore Grillo col suo cachet di 300mila euro per il logo e l’ex avvocato del popolo bue di Volturara Appula Giuseppi che aspetta fiducioso il ritorno del suo amico Trump.

Questo bignamino sulla sinistra italiana, e quel che essa e’ diventata, non serve per capire cosa e’ successo nella cittadina di Lamezia Terme dove il tempo, almeno questo e’ il mio parere, si e’ fermato agli inizi degli anni settanta.

Nel 2024 a Lamezia esiste il Pd e restano i gruppettari; non sono mai attecchiti i grillini e tutto e’ rimasto cristallizzato al 20 ottobre 1974, quando il giovane comunista Adelchi Argada fu ammazzato sul corso da due fascisti. Da quel 1974 ogni anno da ormai 50 anni si ricorda quella ferita terribile che per la sua ferocia e per lo sgomento senza fine che provoco’ nella comunita’ intera puo’ essere paragonata ad altre due stragi. Alla uccisione dei netturbini Tramonte e Cristiano avvenuta il 24 maggio 1991 ad opera di un uomo armato di kalashnikov; e al 4 gennaio 1992 quando in via dei Campioni vennero barbaramente aggrediti e trucidati il sovrintendente di polizia Salvatore Aversa e la moglie Lucia Precenzano. Sono tre episodi che fanno parte della “storia criminale di Lamezia Terme ” (v. articolo su questo blog) e che hanno segnato in maniera indelebile il nostro destino sociale e culturale. Nel senso che Lamezia e’ una citta’ immobile dove la ‘ndrangheta spadroneggia e la politica gioca in un campetto a parte (come racconta Una storia fuori dal comune di Gianni Speranza, Rubbettino editore). E’ trascorso mezzo secolo dagli anni settanta eppure Lamezia resta una citta’ (divisa in tre quartieri e le colline) dove in politica domina la destra piu’ o meno fascista al quale resiste un ceto di origine cattolico/progressista, con mille associazioni attive sul territorio, rappresentato alle elezioni comunali dal Pd e dai gruppettari. In Italia le vicende politiche sono iniziate con l’egemonia democristiana e adesso (superata la conventio ad excludendum delle ali estreme) da due anni abbiamo al governo una neofascista; a Lamezia nel suo piccolo recinto la politica e’ come cristallizzata in una specie di macchina del tempo. Tutto si ripete uguale, talvolta anche con gli stessi accenti e parole, e il presente viene sempre giudicato con gli occhi del passato. Attualmente abbiamo un sindaco, l’avv. Mascaro, che se fosse vissuto in altri tempi sarebbe stato un democristiano o al massimo un socialista; a lui si oppone nel consiglio comunale il solito schieramento che in altri tempi era quello del Pci e di Democrazia proletaria.

Ogni anno, intorno al 20 ottobre, quando a sinistra si ricorda il giovane Adelchi, sulla stampa si leggono gli stessi discorsi che con passione e partecipazione e commozione si ripetono da 50 anni. Ma ogni giorno tanti accadimenti si ripetono uguali (come i 3 scioglimenti del comune, per esempio), omicidi e opere pubbliche da realizzare o da terminare, investimenti sperati o falliti, attrazione/repulsione verso Catanzaro, disastri del territorio.

Leggiamo, per esempio, questa notizia del 4 ottobre 2020 (La Cnews): “Due anni fa l’alluvione di San Pietro Lametino che uccise Stefania e i suoi bambini/ Christian, Nicolò e la loro mamma vennero trascinati via dalla furia dell’acqua. Il corpo del più piccolo fu ritrovato dopo una settimana di ricerche. Tanti gli aspetti da chiarire: papà Angelo aspetta ancora la verità, mentre la Procura indaga per omicidio plurimo”.

In queste ore (ottobre 2024) S. Pietro Lametino e la piana di Lamezia sono sui giornali per le stesse vicende: “È alle prese con la conta dei danni la piana di Lamezia Terme, il territorio più colpito dal maltempo che negli ultimi giorni si è abbattuto in maniera violenta sulla Calabria. Smottamenti, alberi caduti, cedimenti dell’asfalto e una voragine in grado di inghiottire un auto. Danneggiati privati e imprese, tra queste anche l’azienda agricola R&R di Raffaele Sonni a Lamezia Terme completamente sommersa dal fango dopo la spaventosa esondazione del fiume Amato”.

Lamezia resta quindi una citta’ immobile e cristallizzata, fuori dal tempo, dove la politica e’ imprigionata e i politici osservano la realta’ con gli stessi occhiali, comprati 50 anni fa, ormai inservibili per veder bene.