Tintoria/ Il podcast con l’intervista che diventa di nuovo illuminante

Dal 2018 c’e’ un podcast su youtube condotto da Daniele Tinti e Stefano Rapone che ha rinnovato l’intervista, un genere giornalistico che radio, tv e giornali, hanno ormai deprezzato a tal punto da renderlo obsoleto. Per capirci subito, il regista Paolo Sorrentino, che dal 24 ottobre ha lanciato l’ultimo suo film, Parthenope, nei cinema, ha rilasciato -negli anni- molte interviste su tutti i mezzi possibili ed immaginabili, ma solo a Tintoria ha dato il meglio di se’. Perche’, come e’ stato possibile?

La intervista viene data in un piccolo teatro, alla presenza del pubblico, dura 90 minuti circa, e’ ripresa da due telecamere e non c’e’ pubblicita’. Quindi non ci sono i tempi televisivi, le interruzioni, le costrizioni dei conduttori. Inoltre non ci sono i soliti noti, il prete Fazio che non domanda nulla ma sa solo esaltare il convenuto, l’ideologo Formigli che ha sempre, come Gruber, Porro, Del Debbio, Gomez, le sue tesi per cui i convenuti sono li’ solo per confermarle, no, Tinti e Rapone nella vita (molto spesso) fanno i comici monologhisti. Le loro domande sono semplici al limite dello scontato (Cosa hai fatto stamattina?), ma mettono cosi’ a proprio agio l’interlocutore che egli (qualunque sia il suo spessore) si lascia andare. Ecco allora un Sorrentino che racconta cose mai raccontate prima (eppure interviste lunghissime ne ha date in questi anni a tanti critici e giornalisti), un Teocoli senza freni tanto che alcune sue affermazioni nei confronti di personaggi pubblici le hanno dovute tagliare, un Gabriele Cirilli che sara’ un comico minore poco importante eppure tira fuori il meglio della sua personalita’. Gli ospiti di Tintoria sono personaggi conosciuti ma di tutte le fasce, c’e’ l’alto e il basso, Tinti e Rapone seguono il loro format, che prevede alcune rubriche (domande) fisse, l’introduzione di 5 minuti, i tormentoni abituali, pochissimi commenti alle affermazioni ascoltate, e cosi’ 90 minuti passano piacevolmente per capire meglio un personaggio che i due hanno saputo mettere al centro.

Insomma, Tintoria dimostra come un mezzo fondamentale per il giornalismo di tutti i tempi, l’intervista, possa, attraverso uno stratagemma teatrale (l’impianto scenico), due telecamere in mano a un regista che non deve dimostrarci di poter girare un videoclip, far diventare le chiacchiere davanti ad una birretta interessanti molto piu’ di tante letture e tante ore passate davanti ad un televisore.

Maurizio Costanzo e’ stato certamente il precursore con Bonta’ loro del genere intervista, ma poi lo porto’ in tv accalcando ospiti e chiacchiere, mostri e mostri sacri, con l’orchestra che faceva da contrappunto e la passerella finale. Insomma, l’intervista gli sembrava troppo povera e occorreva metterle i lustrini e inserirla nell’avanspettacolo. Verso la fine torno’ all’intervista povera e singola ma le domande erano davvero troppo inconcludenti per interessare qualcuno. Tinti e Rapone hanno con intelligenza ripreso il mezzo e fatto fuori tv, radio e giornali. Come alternativa alla lettura non c’e’ di meglio in giro.