M5S e Pd, 15 anni di odio e (poco) amore: i vaffa, lo streaming, l’alleanza che non parte

Il Pd sarebbe nato nell’ottobre del 2007, ma già quattro mesi prima, all’esordio del V-Day, Gianroberto Casaleggio e Beppe Grillo si apprestavano a mandarlo affan… Sì, certo, il M5S era lì lì per il giorno del battesimo — che sarebbe stato nel 2009 — e ce l’aveva con tutti, che non si è antisistema per niente.

Ovvio, nel mirino c’era lo «psiconano», Silvio Berlusconi. Ma era un falso bersaglio perché, se volevi mandare tutto a carte quarantotto, bisognava togliere il velo sul sepolcro imbiancato della Repubblica, sugli eredi del Pci, che insieme ai rimasugli della Dc sarebbero diventati il Pd. Operazione di maquillage, pensava l’Elevato, per perpetuare il potere fatto di cooptazione, sotto la foglia di fico della democrazia rappresentativa.

Come sarà successo, poi, che dopo anni e anni di odio e furore, Cinque Stelle e Pd abbiano addirittura governato insieme e che adesso, forse che sì, più forse che no, immaginino di sfidare Big Giorgia alle Politiche resta davvero un mistero glorioso. Chi poco poco si intende di chimica lo sa, combinare elementi che per natura si respingono è impossibile. La politica però a volte riesce a fare quello che nella fisica si chiama una singolarità, sovvertire cioè le leggi di Newton. Oppure, più semplicemente, seguire l’adagio di un detto ligure sull’opportunismo. Due genovesi si incontrano in piazza De Ferrari. Il primo dice: «Lo sai? È morto Parodi». E l’altro risponde: «Si vede che c’aveva la sua convenienza…».

Tra insulti e lusinghe
Le frasi, poi. Di Maio: «Il Pd è un partito di miserabili che vogliono solo la poltrona». Bersani: «Di Maio somiglia più ad Andreotti che a me». De Luca: «Falsi come Giuda». Taverna: «Dovete morire». D’Alema: «Grillo è un impasto tra Bossi e il Gabibbo». Di Battista: «Renzi e Boschi hanno la faccia come il culo». Renzi: «Di Maio è da Tso, essere come lui è una sfiga». Di Maio: «Mai con il Pd di Bibbiano che toglie i bambini alle famiglie». Letta: «Grillo corre verso la barbarie». Virzì, regista vicino alla sinistra, sui Cinque Stelle: «L’ho visto a Livorno, tutti quelli che andavano male a scuola oggi hanno cariche pubbliche». Di Maio: «Il Pd favorisce i mafiosi, è da mandare via a calci». Letta, dopo la caduta di Draghi: «Rottura irreversibile, all’ambasciata russa festeggiano a caviale». Conte: «Pd arrogante, spocchioso, nervoso e ambiguo, il campo largo mi fa venire l’orticaria».

Grillo: «Noi siamo il vostro opposto». Ma anche l’inverso, a volte. Zingaretti: «Conte è un punto di riferimento per i progressisti». Di Maio: «Il nostro primo interlocutore è il Pd». Da Schlein la politica dei baci e degli abbracci, con poche eccezioni: «Conte ha mancato di rispetto alla nostra comunità, vuole far vincere la destra».

I gran rifiuti
Poi c’è la cronaca dei fatti. Proprio a Genova i Cinque Stelle si inventano la notte grigio topo, da contrapporre alla notte bianca cara alla sinistra che un po’ pesca nel successo dell’Estate romana di Renato Nicolini. I Cinque Stelle strappano ai post Pci l’eterna Civitavecchia, e gli soffiano pure Livorno, quasi gli contendono Bologna e gli rubano il Campidoglio. Ma il capolavoro anti Pd arriva alle Politiche del 2013. Il Cavaliere è quasi disarcionato. Sul tetto del Nazareno lo staff di Bersani si esibisce nella Haka, la danza tipica del popolo Maori, al grido di: «Lo smacchiamo!». Dove quello da smacchiare è il giaguaro Berlusconi. Pare fatta. Ma sì, figurati. I Cinque Stelle gli strappano tanti consensi a sinistra. E l’intuito popolare porta anche tanti elettori di destra a votare per Grillo, l’unico capace di fermare i cavalli dei cosacchi prima che si abbeverino a San Pietro. Scommessa vinta, non c’è maggioranza certa. La diretta streaming con Crimi e Lombardi che sberleffano Bersani che li invita al governo è cronaca.

Cinque Stelle all’opposizione contro Enrico Letta, e ancora di più contro Matteo Renzi. Nello staff di Renzi si propose anche di mettere in piedi una sofisticata macchina del fango contro i grillini, ma non se ne fece niente. Ben prima ancora, nel 2009, Beppe Grillo aveva provato a iscriversi al Pd, con l’obiettivo dichiarato di diventarne segretario con le primarie. Opa ostile bloccata, ma non poi così velleitaria, visto che poi è riuscita, con progetti assai diversi, sia a Matteo Renzi che a Elly Schlein.

Eccoci al 2018. I Cinque Stelle stravincono le elezioni. L’altro astro è Matteo Salvini. Con Luigi Di Maio si piacciono. Due ragazzotti contro tutti. Vanno a pescare un tale per fare il premier, si chiama Giuseppe Conte, il governo è fatto. Dura poco, Salvini cresce e dei Cinque Stelle vuole farne un solo boccone. È l’azzardo del Papeete, fallisce, strada spianata per le urne anticipate, pare. È qui che succede quello che non ti aspetti.

E poi l’intesa
Nicola Zingaretti ha ereditato il Pd e vuole andare a votare. I suoi gli dicono che è suonato come una campana. Apre all’accordo, ma non vuole Di Maio ministro e men che meno Conte premier, poi si prende un sacco di ministeri e li accetta tutti e due. Segue un intervallo senza tempo, che si chiama Pandemia. Quindi Renzi si vendica, squarta Conte e arriva Mario Draghi. Adesso segretario del Pd è Enrico Letta, e già si azzannano con Conte sul Quirinale. Finale telegrafico: Conte affonda Draghi, si va al voto anticipato, nessun accordo con il Pd, alle urne gli uni e gli altri raccolgono schiaffoni, ma più gli uni che gli altri, e i Cinque Stelle sognano il sorpasso sugli odiatissimi amici del Pd.

Arriva Schlein alla guida dei Dem e investe tutto sullo stare insieme. Giuseppe un po’ ci sta, poi non ci sta, poi prende la sveglia e allora ci sta, poi vince in Sardegna con la sua candidata e allora sì che ci sta. Ma poi perde in Abruzzo e pure in Liguria, e chissà, magari perfino in Umbria. E allora no che non ci sta, anche perché Elly, con il trucchetto dell’unità, vede il suo partito crescere, mentre i Cinque Stelle rotolano, e Annibale-Grillo è alle porte.

Adesso la tentazione, pure suggerita da Marco Travaglio, è di rimandarli proprio lì dove li mandò Grillo, questi accidenti di piddini, e non si sa come finirà. E pure Schlein qualcosa di nuovo se la deve inventare. Perché è vero che sarà lei a fare le liste, e i cuor di leone nel suo partito non abbondano, ma nel Pd appena ti distrai arrivano i cannibali.