Tutti i giorni il capo dello Stato dimostra di essere il garante della Costituzione e delle istituzioni, con un equilibrio non facile da trovare. Ogni sbavatura delle forze politiche, ogni deviazione dal percorso costituzionale vengono sottolineate con cautela e sobrietà ma anche con fermezza. Ieri Sergio Mattarella ha voluto spiegare apertamente come svolge il suo ruolo e, davanti agli studenti che assistevano alla cerimonia per i 25 anni dell’Osservatorio giovani editori, ha detto: «Io sono un arbitro, al di fuori della contesa politica. Ma il compito del Capo dello Stato è quello di ricordare a tutti i limiti entro cui operano».
Vale la pena riportare un brano del suo discorso:
«Essere arbitro significa sollecitare al rispetto delle regole tutti gli altri organi costituzionali dello Stato e significa ricordare a tutti i limiti delle proprie attribuzioni e delle sfere in cui operano. Vale per il potere esecutivo, legislativo, giudiziario. Ciascun potere e organo dello Stato deve sapere che ha limiti che deve rispettare perché le funzioni di ciascuno non sono fortilizi contrapposti per strappare potere l’uno all’altro, ma elementi della Costituzione chiamati a collaborare, ciascuno con il suo compito e rispettando quello altrui. È il principio del check and balance».
Un presidente non inerte, non passivo, anche se meno interventista di alcuni suoi predecessori, come Oscar Luigi Scalfaro o Francesco Cossiga. Ha le sue idee, Mattarella, ma restano ai margini della sua attività di arbitro, come aggiunge, esplicitando il suo metodo:
«Il presidente promulga leggi ed emana decreti, ma ha delle regole che deve rispettare. Più volte ho promulgato leggi che non condivido, che ritenevo sbagliate e inopportune, ma erano state votate dal Parlamento e io ho il dovere di promulgare a meno che non siano evidenti incostituzionalità. In quel caso ho il dovere di non promulgare, ma devono essere evidenti, un solo dubbio non mi autorizza a non promulgare».
Una vera lezione, anche se l’impressione è che i veri destinatari non fossero gli studenti che interloquivano con lui, ma la classe politica. Perché l’arbitro ha una funzione decisiva in una democrazia, ma ha bisogno della collaborazione leale di tutte le forze politiche.