Un garantista pragmatico nemico degli ambientalisti ideologici non alleato con il partito delle manette ossessionato dalla parola crescita, desideroso di combattere la povertà senza aggredire la ricchezza, desideroso di ragionare sul lavoro senza farsi dettare l’agenda dalla Cgil, desideroso di parlare agli elettori senza farsi imboccare dal Movimento 5 stelle, desideroso di aggredire le disuguaglianze senza trasformare gli imprenditori in nemici da combattere.
Michele De Pascale è un tipo di cui ci si può politicamente innamorare. E lo è non solo per l’incredibile storia della sua vita, De Pascale è sopravvissuto a un incidente quasi mortale, è stato in coma per dieci giorni, è stato candidato come sindaco di Ravenna dopo la morte improvvisa dell’allora candidato sindaco in un altro incidente stradale, ma per questioni diverse, più sottili, che riguardano non la generica retorica dell’Italia dei sindaci ma una realtà più diversa: un pragmatismo di sinistra popolare e vincente e non schiavo dei dogmi imposti dall’agenda della decrescita infelice è ancora possibile e può ancora regalare qualche soddisfazione a chi sogna di avere un’alternativa al modello Meloni non costruita solo ed esclusivamente sulla logica dell’antifascismo.
Su queste pagine, prima ancora della sua vittoria in Emilia-Romagna, lo abbiamo definito, in modo non del tutto spericolato, il Keir Starmer del Pd, il neolaburista del Partito democratico più sensibile alle parole d’ordine della crescita, il più reattivo sui temi industriali, il più vicino al mondo produttivo. In questo senso, Michele De Pascale ha più o meno tutto quello che manca a Elly Schlein per esercitare una leadership trasversale, in grado cioè di parlare a un pezzo di elettorato esclusivamente riconducibile al perimetro del centrosinistra tradizionale. De Pascale è un garantista e lo ha dimostrato mesi fa quando, da sindaco del Pd, si è schierato a favore della riforma sull’abuso d’ufficio promossa dal ministro Carlo Nordio, arrivando a dire che con la vecchia tipologia di reato vi erano “dati oggettivi che imponevano correzioni doverose da fare nell’interesse dell’amministratore pubblico”. De Pascale è un argine alla propaganda landiniana sul lavoro e lo dimostra il fatto che negli ultimi mesi non ha mai rinnegato di essere un tifoso dello stesso Jobs Act detestato sia dalla leader del Pd sia dal leader del M5s, e anche in campagna elettorale ha rivendicato di non aver firmato gli stessi quesiti sottoscritti da Schlein. De Pascale è un ambientalista pragmatico e lo ha dimostrato da sindaco di Ravenna in tutte le occasioni in cui ha parlato bene dei rigassificatori (“i rigassificatori servono, l’obiettivo a lungo termine è di usarli sempre meno, ma bisogna avere delle alternative credibili”), in tutte le occasioni in cui ha parlato bene delle trivellazioni (“Riprendere le estrazioni di gas oltre le nove miglia senza impatto ambientale è sacrosanto”), in tutte le occasioni in cui ha rivendicato la necessità di sfatare un tabù dell’ambientalismo progressista come i sistemi di stoccaggio della CO2 (“l’unico strumento concreto per la decarbonizzazione delle industrie”) e in tutte le occasioni in cui ha ricordato che i veri nemici dell’ambiente si trovano all’interno dell’universo Nimby, “Not In My Back Yard”, “Non nel mio cortile”, tra coloro che assecondano “complessi e farraginosi iter burocratici di autorizzazione di progetti che si traducono in una politica del non fare che invece di tutelare l’ambiente lo danneggia”.
De Pascale non è l’anti Schlein, per carità, ma se il nuovo governatore dell’Emilia-Romagna riuscisse a far pesare di più, nel Pd, il fronte di chi si considera un garantista pragmatico nemico degli ambientalisti ideologici non alleato al partito delle manette e della decrescita infelice il centrosinistra avrebbe qualche elemento in più, rispetto a oggi, per dimostrare che l’opposizione è passata dalla fase Tina, “There is no alternative”, a Meloni, alla più ambiziosa fase Tiaa: “There is an alternative”, l’alternativa c’è. Viva De Pascale.