Riccardo Quinto Cirillo, l’insegnante d’inglese che dà i voti ai vip (e conquista il web)

«Victoria De Angelis? Non ha nessuna difficoltà a comprendere ciò che le viene chiesto nè l’inglese parlato. Scamarcio parla molto lentamente… lo fa perché sta cercando le parole per costruire l’inglese mentre Angelina Mango ha dimostrato durante l’intervento a Eurovision che il suo inglese è ancora tra il livello Beginner ed Intermediate».

A dare il voto all’inglese dei vip, conquistando click ed emoticon sui suoi profili social, è Riccardo Quinto Cirillo, 32enne insegnante d’inglese dalla pronuncia british perfetta (ma è originario di Gallarate, Varese). In pochi mesi ha conquistato il web (109mila follower su Instagram dove propone anche video corsi di grammatica e pronuncia) mostrando mancanze e punti forza linguistici di attori, cantanti, sportivi e politici alle prese (chi più, chi meno) con l’idioma d’oltremanica.

«Non faccio sentenze, però. I miei non sono giudizi definitivi ma stime dei loro livelli di inglese perché mi limito a giudicare il “minutaggio” che ho delle loro interviste ascoltate – precisa Riccardo, che oltre ai corsi on line è coach per aziende e privati -. Sono commenti sempre gentili e la mia pagella si rifà ai classici livelli di riferimento per la valutazione dell’inglese: A1 per elementare, A2 pre-intermedio, B1 intermedio, B2 intermedio superiore e così via».

Fatto sta, che i vip passati sotto il suo giudizio sono moltissimi. Dal commissario europeo Raffaele Fitto che qualche giorno fa al Parlamento Ue ha suscitato non poche perplessità tra i presenti (e ironia online) per il suo forte accento italiano e la difficoltà nell’esprimersi in inglese, a Victoria De Angelis dei Maneskin, la cantante Elisa, la modella Bianca Balti, le attrici Sabrina Impacciatore e Monica Bellucci, gli sportivi Alessandro Del Piero, Matteo Berrettini e Gianmarco Tamberi.

Riccardo, siamo curiosi….chi sono i peggiori?
«Diciamo che dal video nel quale si vede Raffaele Fitto leggere il suo discorso in inglese al Parlamento europeo è evidente che ha molte difficoltà di pronuncia che inficiano poi sulla sua comprensione. E poi Matteo Renzi. Entrambi però possono migliorare molto. Non ci sono limiti di età per imparare l’inglese. Io ho vissuto in Autralia sei mesi ma sono tornato in Italia frustrato perché non sempre capivo i nativi. Il grosso del lavoro sul mio inglese l’ho fatto dopo perché ero motivato. Ho dedicato moltissimo tempo allo studio da autodidatta, ho letto e mi sono rivolto a mia volta a dei tutor».

Lei è troppo buono…
«Le mie critiche sono sempre costruttive. E poi, a volte i follower ci rimangono male a scoprire che i loro idoli magari non sono così bravi a parlare l’inglese come credono».

Come chi?
«È successo con Alessandro Cattelan. La gente lo vedeva su Mtv e pensava fosse bravissimo però in effetti non sembra masticare la lingua molto bene. Anche se alla fine sa rendersi molto comprensibile qualcuno non ha apprezzato i miei commenti dove faccio notare che non è completamente a suo agio con l’inglese dai tempi del suo eloquio».

I migliori invece? 
«Cristiana Dell’Anna, l’attrice di Gomorra, è italiana ma è diventata bilingue, e la giornalista Barbara Serra. Promosso anche il tennista Matteo Berrettini per il suo flow: si vede che l’ha parlato a lungo e sicuramente anche in situazioni quotidiane, ripetute e soprattutto informali. Alla Ferragni dò un B2 pieno perché, anche grazie alle sue eperienze all’estero, ha un inglese fluente ma a volte ha qualche difficoltà con la pronuncia»

Ma come le è venuta l’idea di mettere il voto all’inglese dei vip?
«L’anno scorso un mio amico mi aveva chiesto di fare un commento allo scherzo dei due comici russi alla Meloni e di commentare il suo inglese. L’ho messo nelle mie stories e mi sono accorto che alle persone piaceva molto. Fino a quel momento mi ero sempre occupato del lato più noioso della lingua: fonetica, grammatica… Così ho cominciato a fare l’analisi vera e propria dei suoi errori e ho continuato con altri personaggi famosi».

E come se la cava la premier? «Le dò B1.2, che corrisponde a un intermedio perché tutto sommato il suo inglese non è male anche se presenta strutture lessicali e sintattiche che richiamano l’italiano. Ha una certa fluidità ma fa alcuni errori, come l’uso arcaico di “for” che usa in continuazione per “because” e il “do” per “mistakes“, cioè “mistakes we did” al posto di “mistakes we made”».