Cari lettori,
ho trovato i libri di Antonio Scurati bellissimi, e anche la serie mi pare molto interessante e ben fatta, senz’altro da seguire. Purché consapevoli che stiamo vedendo una creazione della libertà artistica, non una trasposizione della realtà storica.
Premessa. Ho di Benito Mussolini una pessima opinione. Ho intitolato uno spettacolo teatrale «Il Duce delinquente» (che mi ha creato qualche problemino). Mussolini — e questa purtroppo non è un’opinione — commise crimini gravissimi: l’eliminazione anche fisica degli oppositori, l’aggressione all’Etiopia con uso dei gas e massacri di innocenti, le leggi razziali, l’alleanza con Hitler, l’intervento in una guerra da cui il Paese uscì a pezzi, l’asservimento alla Germania nazista sino a una morte ingloriosa. Era inoltre un uomo cattivo e spietato, pronto a far morire il suo stesso figlio e la donna che l’aveva messo al mondo.
Detto questo, anzi proprio per questo, Benito Mussolini non era una macchietta. Non è il personaggio che si vede sullo schermo, e a volte — l’ha fatto notare Pierluigi Battista, intervistato su Libero da Luca Beatrice — ricorda il Catenacci di Bracardi, il nostalgico in camicia nera con accento da bagnino romagnolo. Certo, c’è nel fascismo una componente grottesca. Ma il fascismo non è stato commedia, bensì tragedia. Fin dall’inizio. E Mussolini era un uomo diabolicamente abile, per quanto avesse una concezione gangsteristica della politica. Non era una macchietta neppure Vittorio Emanuele III, di cui Edgardo Sogno diceva fosse uomo intelligentissimo, anche se si piegò al fascismo (ma non dimentichiamo che era stato il re di Vittorio Veneto). Come ha notato Marco Travaglio su il Fatto Quotidiano, non era una macchietta neanche Margherita Sarfatti, la prima critica d’arte d’Europa, una che scriveva in inglese su Time e Life e veniva ricevuta alla Casa Bianca da Roosevelt. Quanto alla frase di Mussolini-Marinelli — «mi avete adorato follemente per vent’anni come una divinità, e poi odiato follemente, perché mi amavate ancora…» — è una parafrasi di una frase che Mussolini, quello vero, disse ai socialisti che l’avevano cacciato dall’Avanti e dal partito, dopo la sua svolta interventista dell’autunno 1914. Tuttavia neppure sull’amore degli italiani per Mussolini è bene esagerare. Gli operai non lo amavano per nulla. In Piemonte lo chiamavano Ceruti e semmai lo prendevano in giro. È sempre molto difficile misurare il consenso a una dittatura. Quando si era potuto votare liberamente, il fascismo aveva preso percentuali ridicole. Poi certo se annunci, quarant’anni dopo l’umiliazione di Adua, che siamo entrati ad Addis Abeba, il consenso cresce. Se dichiari guerra contemporaneamente all’Unione Sovietica e agli Stati Uniti d’America, mentre le grandi città sono sotto le bombe, il consenso diminuisce.