Regia di John Ford. 1962, con John Wayne, John Carradine, Edmond O’Brien, James Stewart, Lee Van Cleef, Lee Marvin, durata 119 minuti.
(Manuel Paolino) Un giovane avvocato, Ransom Stoddard (James Stewart), diventa senatore degli Stati Uniti. Intervistato da un giornalista, rivela la realtà sul leggendario scontro di Shinbone con il temuto fuorilegge Liberty Valance, avvenuto nell’Ovest alla fine dell’Ottocento. Ma il vero protagonista della vicenda è Tom Doniphon (John Wayne), un valoroso pioniere del luogo, legato allo stile di vita del vecchio West: ottenere giustizia non con le leggi scritte, ma con il semplice ed efficace potere di una pistola. Sarà lui a cercare di far sopravvivere il fragile avvocato di città, salvandogli più volte la vita, insegnandogli a sparare, e consegnandogli le chiavi di un mondo destinato a cambiare.
John Ford (regista tra gli altri di Ombre rosse, Massacro a Forte Apache, Sfida infernale, Sentieri selvaggi), con questo film esprime il suo nuovo rapporto con il mito del West. Attraverso l’utilizzo dei flashback, ritornando a un bianco e nero omogeneo, l’autore dà vita a una pellicola nostalgica e amara. Affronta il tema dei valori dell’Est contro quelli dell’Ovest (quei valori che trasformano il deserto in un giardino, che portano il progresso e cambiano la società) in un western in cui il protagonista (John Wayne) è un eroe stanco che conserva fedelmente i suoi genuini connotati. Ma che suggerisce attraverso di essi, una romantica rinuncia al suo stesso mito.
(redazione MyMovies) II tempo è stato clemente con L’uomo che uccise Liberty Valance, uno degli ultimi film di John Ford. Forse perché è un film in bianco e nero, ma oggi, a distanza di 63 anni, appare meno anacronistico di quanto non fosse a suo tempo. Sul film pesava, e in parte pesa ancora, un’evidente convenzionalità da vecchia Hollywood che permetteva a due signori di mezz’età, James Stewart (classe 1908) e John Wayne (classe 1907), di interpretare ruoli che sarebbero dovuti andare a dei giovanotti. Una cosa del genere sarebbe stata più accettabile vent’anni prima, quando il cinema aveva un grado molto più alto d’irrealtà, ma all’inizio degli anni sessanta, quando è già esplosa la Nouvelle Vague, il Free Cinema produce opere importanti, si sta facendo largo un nuovo cinema italiano e anche a Hollywood si cominciano a sentire fermenti di rinnovamento, l’implausibile modo di fare cinema di L’uomo che uccise Liberty Valance suona subito antiquato.
Con il passare del tempo, però, la precisa collocazione storica ha perso parte della sua importanza e il film di Ford ha finito per trovare un suo posto nella tradizione del migliore cinema western. Ciò è avvenuto perché gli aspetti vagamente ridicoli hanno ceduto il passo alla forza del racconto, all’esattezza nostalgica e struggente con cui il regista ha messo in scena la fine di un mondo, il vecchio west di Tom Doniphon, e l’inizio di un altro, la modernità di Ranson Stoddard.
Il film fu realizzato dopo cinque mesi di lotta fra Ford e la Paramount, la casa di produzione che era molto restia a imbarcarsi nell’impresa. La contrattazione fu lunga e avvilente per il vecchio maestro, disponibile persino a sobbarcarsi la responsabilità con metà del budget. Ma Ford aveva dalla sua anche due divi dello studio, Wayne e Stewart; alla fine lo studio cedette, cominciò la lavorazione. Nonostante la rilevanza del cast, si trattava di una produzione realizzata in economia, e forse era lo stesso Ford che, giunto a una certa età, concentrava la propria attenzione e le restanti energie sugli interpreti principali trascurando i dettagli di scenografia, i movimenti delle comparse, l’atmosfera di certe scene.
In quello che probabilmente è il più bel libro su Ford, il regista e scrittore Lindsay Anderson osserva: “Nell’Uomo che uccise Liberty Valance la fotografia è mediocre, inespressiva anche quando l’inquadratura è importante ; e la rapina alla diligenza che introduce il personaggio di Liberty Valance ha la tipica artificiosità di un film di serie B. Tuttavia, intenzionalmente o per caso, questa mancanza di sofisticatezza produce un risultato artistico non del tutto negativo. Le linee portanti della storia emergono chiaramente, senza divagazioni. Ford è un uomo di spettacolo, non c’è dubbio; ma non ha fatto questo film solo per divertirci. Ha qualcosa da dirci”.
L’uomo che uccise Liberty Valance è una rappresentazione mitica di questo ricambio generazionale, una suggestiva rappresentazione di un’umanità eroica e sorpassata che cede il testimone a uomini che si dovranno sporcare le mani con i compromessi, che dovranno affrontare la complessità prosaica della modernità ma lo faranno sempre nell’interesse della comunità.