Deepfake/ Quei ragazzi di Acri che ci tengono a dire: non siamo la Santa Inquisizione

Di quel che è successo in una liceo scientifico di Acri, ovvero 5 studenti (su cui indaga la Procura di Cosenza e quella dei minorenni) hanno usato l’intelligenza artificiale per diffondere 1200 foto modificate, credo oscene, con i volti di duecento studentesse, non mi meraviglia nulla.

Da sempre nelle scuole di ogni ordine e grado qualsiasi forma di violenza o bullismo tra compagni si giustifica così: è stato uno scherzo. Una volta un genitore di uno studente che aveva ficcato una penna sul braccio di un compagno disse a me preside: ma adesso non si può neanche più scherzare? Quindi ecco come gli autori presenteranno la loro azione, lo sappiamo già senza svolgere alcuna indagine.

Quel che mi lascia perplesso è la manifestazione di piazza inscenata ieri dagli studenti della scuola “in segno di solidarietà nei confronti delle vittime del deepfake”. Ripresi dalle telecamere alcuni di loro hanno tenuto a precisare che sono scesi in piazza perchè vogliono che sia fatta luce e che si indaghi ma che essi non sono ” la Santa Inquisizione per condannare o assolvere nessuno”. Il concetto che non vogliono bruciare gli eretici è stato ripreso anche da altri che hanno parlato a favore di telecamera.

Povera Calabria e povera Italia dove la solidarietà e il garantismo li tiriamo fuori sempre a sproposito per continuare a farci i fatti nostri e voltarci dall’altra parte quando ci fa comodo. Insomma, questi ragazzi che conoscono nome cognome indirizzo e indole degli autori e delle vittime dello scherzo, ci tengono a precisare che i pm devono indagare ma loro non sono (cosa c’entra, o proff di storia?) la Santa Inquisizione. Con la conseguenza che quando gli inquirenti gli chiederanno se sanno qualcosa sugli autori, tutti risponderanno: nulla sappiamo, non tocca a noi indagare. Al paese mio si chiama omertà, ed è l’aspetto della cultura calabrese che mi ha sempre inquietato in quanto contrasta con quel precetto che dice “ama il prossimo tuo” e con quell’altro che dice ” stai dalla parte dei deboli”. Per far chiacchiere nelle scuole si insegna educazione alla legalità e si fanno tanti convegni con forze dell’ordine, magistrati, esperti, testimoni di giustizia. Fatti non parole, si diceva una volta, ma ora sembra che bastino solo le chiacchiere. Ha scritto la preside: Quali siano stati i ruoli rivestiti dai nostri ragazzi, sia che siano state vittime e sia che siano stati carnefici, a noi non e’ dato giudicare, a questo provvederanno le autorita’ proposte.

Questa affermazione della preside non intendo commentarla, ma faccio notare come coincida con le affermazioni degli studenti. Ecco perchè alcuni politici davanti alla guerra Putin-Ucraina si dichiarano pacifisti e, come quei ragazzi, non sanno discernere tra aggrediti e aggressori.