Lo vuole Trump. La Germania pure, e lo farà. Com’è allora che in Italia sia i seguaci del nuovo presidente americano sia gli europeisti vecchia maniera resistono, nicchiano, tergiversano, cavillano?
Il piano di riarmo europeo (per carità, in omaggio al politicamente corretto ricordiamo che non si tratta solo di comprare cannoni, ma anche produrre satelliti, software, cybersecurity, e tutte le cose che suonano meglio di «riarmo»), in Italia è ostacolato da una coalizione bipartisan che potremmo chiamare degli «svogliati».
Una «coalizione degli svogliati» che si contrappone a quella dei «volenterosi» che Francia e Regno Unito stanno tentando di mettere insieme. E non si può spiegare solo con bassi motivi di politica interna, visto che unisce il diavolo e l’acqua santa, Salvini e Schlein, i Cinquestelle e Comunione e Liberazione.
Forse la spiegazione sta nell’antica e radicata tentazione «neutralista» presente in tutte le maggiori culture politiche del nostro Paese, che concepisce l’Europa solo come un’ottima scusa per non stare né di qua né di là, e continuare a fare i free riders che godono dei vantaggi della pace e rifiutano i costi.
Una prova eloquente ce la dà proprio la presa di posizione di Cl, movimento cattolico certamente non vicino alla sinistra, e anzi debitore della tradizione politica che risale a De Gasperi e ad Andreotti.
In un recente articolo pubblicato su la Repubblica il presidente Davide Prosperi, a nome del Movimento, respinge la difesa europea e liquida così l’eredità di De Gasperi, capostipite dei cattolici democratici e fondatore della Dc; il quale fu il primo ideatore e promotore del trattato per la Comunità di Difesa Europea (Ced), che lui scrisse già negli anni ’50 del Novecento ma venne poi respinto dal sovranismo francese. Siccome De Gasperi la riteneva l’unico modo per arrivare all’Unione politica, Prosperi conclude che ora non ce n’è più bisogno visto che non si è fatta l’Unione politica: «Dobbiamo riconoscere che l’Europa come l’aveva immaginata De Gasperi, che nella difesa comune aveva intravisto il primo tassello di una vera unione federale, non si è realizzata, ma ha dato vita a un ibrido fragile, fondato (vade retro, ndr ) sui precetti dell’individualismo liberale».
Dal punto di vista logico, questo ragionamento è un classico paradosso da «comma 22», cioè un circolo vizioso: la Difesa europea serviva a fare l’Europa unita, ma l’Europa non è unita e dunque non serve una Difesa europea.
Dal punto di vista politico, appartiene alla più frequentata categoria italica dell’«uovogallinismo»: viene prima la Difesa europea o l’Europa unita? Nel frattempo, non si fa né l’una né l’altra.
Ma se l’Europa di oggi non è quella che voleva De Gasperi, e dunque non merita di avere un suo sistema di difesa, che cosa dev’essere allora, esattamente? Per Prosperi è chiaro: «Un luogo di incontro, uno spazio di dialogo dentro e tra le nazioni, capace di includere tutti gli attori nei diversi scenari con il lavoro paziente della diplomazia». Un forum, insomma; un centro-congressi; una specie di «mini-Onu», però senza neanche il Consiglio di Sicurezza. Un posto dove si chiacchiera di politica internazionale e basta.
Ecco perché, conclude il ragionamento, «la prospettiva di garantire la sicurezza comune con un investimento ingente in armamenti, a maggior ragione se affidata ai singoli Stati, mi pare inadeguata, come ha sottolineato anche l’arcivescovo di Mosca, monsignor Pezzi».
Ora noi non sappiamo se lo zelo cristiano per la pace abbia prodotto analoghe prese di posizione contro il riarmo anche a Mosca. Ma sappiamo che queste frasi potrebbero essere sottoscritte alla lettera da Elly Schlein e Matteo Salvini. Dunque, le possiamo ritenere il vero collante ideologico di tutti quelli che al mattino «ci vuole più Europa» e al pomeriggio «ma così è troppo»; che un giorno rimproverano a Bruxelles di non contare niente nel mondo e il giorno dopo auspicano che continui a non contare niente. Ci perdoni dunque Davide Prosperi se l’abbiamo scelto come bersaglio polemico: ma era perfetto.
Si potrebbero qui riempire scaffali e scaffali di una biblioteca con tutto ciò che ha scritto e detto De Gasperi sulla Difesa europea, prima per convincere i suoi due grandi amici e alleati Adenauer e Schuman, e poi per implorare, letteralmente implorare negli ultimi giorni di vita, «con le lacrime che scendevano senza vergogna sul volto ormai vecchio di mio padre», racconta la figlia, mentre gridava al telefono al suo successore al governo: «Meglio morire che non fare la Ced…».
Ci limiteremo perciò a riportare una sua frase, con la quale aveva risposto all’ostilità di buona parte della Dc e del mondo cattolico (allora in testa c’erano i gesuiti) contro l’adesione dell’Italia al Patto Atlantico e alla Nato: «Neutralità, ideale da tutti agognato, ma raggiungibile solo in un mondo di inermi, o garantito da una forte difesa di natura e di armi». Si vede che i «neutralisti» di oggi vedono intorno a sé «un mondo di inermi», o trovano nelle nostre forze armate una già sufficiente difesa.
Naturalmente, alla fine l’aumento di spesa militare si farà. E così la variegata «coalizione degli svogliati» avrà avuto l’unico effetto di renderci irrilevanti mentre si decideva se farla secondo gli interessi americani (ogni Paese compra le sue armi da Trump) o quelli tedeschi (la Germania si riarma da sola). In fin dei conti anche questo è «neutralismo».