L’imbarazzo di Meloni sull’Ucraina e la fermezza di Mattarella

Di fronte a una Giorgia Meloni, come diceva Ennio Flaiano, indecisa a tutto, Sergio Mattarella ha fatto un passo avanti e sgombrato il terreno della discussione dagli arzigogoli della premier.

Quando dice che «appare essenziale una riflessione sul nuovo contesto strategico internazionale che naturalmente richiederà conseguenti processi decisionali», il Presidente della Repubblica fa capire che il tempo delle estenuanti ricerche unanimistiche è scaduto, e questo «vale per le decisioni nel contesto dell’Alleanza atlantica e vale per le decisioni nell’Unione europea che non sono più rinviabili». Per concludere che «la logica militare continuerà a essere una colonna fondamentale per la difesa nazionale».

Forse il Capo dello Stato non era mai stato così esplicito nel connettere la questione della rapidità delle decisioni con la «logica militare» decisiva «per la difesa nazionale», dunque non solo europea, una specificazione che forse può suonare come una forma di richiamo a Elly Schlein, che vede come la peste ogni allusione alle spese militari nazionali. È un alert, quello di Mattarella, un chiaro invito a prendere decisioni. A non cincischiare.

Il segnale è piombato a Palazzo Chigi proprio nelle ore della massima confusione della premier, che proprio ieri a Parigi, alla riunione dei trentuno Paesi volenterosi è stata platealmente ignorata e scavalcata da un Emmanuel Macron che ormai appare come il leader mondiale che si contrappone con più forza a Vladimir Putin.

Se ne erano già avute molte avvisaglie ma la riunione dei volenterosi di ieri all’Eliseo segna un forte punto di chiarezza. La Francia, insieme alla Gran Bretagna, prende inequivocabilmente tra le mani la bandiera della causa ucraina e si pone come il Paese antagonista numero uno del Cremlino sul terreno della logica militare.

Poco importa sapere se il presidente francese abbia deciso di impersonare il ruolo dell’anti-Putin per coprire le sue difficoltà nella politica interna, perché a questo punto della situazione mondiale lo scatto di Macron ne fa la punta che lo zar di Mosca deve più temere.

Il presidente francese ieri infatti ha deciso di imboccare una strada chiara insieme alla Gran Bretagna, ritrovando una sintonia con Londra che non ha moltissimi precedenti, cioè quella di creare una «forza di rassicurazione» composta da «diversi Paesi europei» (in primis la Germania?) nel caso di raggiungimento della pace in Ucraina che «avranno un carattere di dissuasione nei confronti di una potenziale aggressione russa».

Non sono chiacchiere. Parigi e Londra, paventando possibili esitazioni e intralci (l’Italia di Giorgia Meloni in questo è maestra) si sono portate avanti con il lavoro e dunque una delegazione militare franco-britannica sarà inviata in Ucraina per lavorare con le forze armate ucraine «per pianificare il loro futuro».

Si entra dunque nel vivo di un’iniziativa politico-militare che, anche se Macron ha chiarito che non si tratta di un anticipo di quella che sarà un’eventuale missione di peacekeeping, per Kyjiv è una notizia importante. Donald Trump, informato dall’inquilino dell’Eliseo, ne ha dovuto prendere atto.

E così ieri Giorgia Meloni, la meno volenterosa di tutti, sempre trincerata sulla linea del non invio dei soldati italiani senza la copertura dell’Onu, è stata indirettamente ma chiaramente sollecitata da Mattarella ad assumersi la responsabilità di scelte rapide e chiare, e bellamente scavalcata da Macron. Per la presidente del Consiglio non è stata esattamente una buona giornata: nella morsa Quirinale-Eliseo Giorgia Meloni è rimasta intrappolata.