Gianni Scardamaglia ha scritto un altro interessante libro, “Il mister”, che ha presentato a Lamezia insieme con Rinaldo Critelli. Gianni in genere da noi viene chiamato così oltre che per i suoi lunghi trascorsi da allenatore professionista uscito da Coverciano, sia a livello di giovanili che di prime squadre, anche perchè ha sempre insegnato, a scuola e fuori. Il suo libro, attraverso i ritratti dei più grandi allenatori, sviluppa la domanda cruciale che tutti gli appassionati di calcio si pongono da sempre: il ruolo dell’allenatore quanto incide su una squadra? Le risposte, lo posso dire avendo un’età, vanno da zero a 100. Scardamaglia nel suo libro vuol dimostrare, attraverso dati e numeri, che quanto più resta a lungo a lavorare in un club, tanto più un allenatore avrà modo d’incidere. E porta gli esempi di Ferguson al Manchester United e di Gasperini all’Atalanta. Ciò non toglie, dice, che senza una società organizzata e dotata di una certa capacità economica, e senza calciatori bravi, anche il miglior allenatore del mondo può fare veramente poco. Come si vede, allora, occorrono società e rosa dei calciatori, e l’allenatore da solo vale nulla. Potremmo concludere dicendo che dunque un mister ha il 33% di responsabilità per i risultati di una squadra, se le componenti sono tre. Ma sarebbe sbagliato, perchè quando la squadra va male, a pagare è sempre solo l’allenatore, e se la squadra migliora con un nuovo mister, come la mettiamo? Prendiamo la Roma di quest’anno. Prima De Rossi, poi Juric, infine Ranieri. La società è rimasta la stessa, qualche giocatore è stato comprato, ma i meriti di Ranieri per molti arrivano al 90%. Io non so quanto incide un allenatore, ma sono cresciuto con la convinzione che la quarta componente, i dirigenti, conti, nella torta delle percentuali, molto di più delle altre tre. Da ragazzo conobbi la Juve degli Agnelli. La proprietà è rimasta sempre la stessa, gli allenatori cambiavano ma il fulcro di tutto era Boniperti. Poi conobbi Allodi, il vero prototipo di general manager moderno, prima all’Inter e poi alla Juve. Da allora, passando per Moggi, si è arrivati a Marotta. Ma un uomo che Gianni Scardamaglia conosce bene e che non conosce nessuno perchè non compare mai in tv e non concede mai interviste, è l’attuale DG del Bologna, Giovanni Sartori. E’ stato l’artefice del miracolo Chievo, poi dell’Atalanta, e adesso del Bologna. Quando Andrea Agnelli licenziò Marotta, si è scavato da solo la sua tomba sportiva. Ognuno deve fare il suo mestiere, mai allargarsi e sentirsi onnipotente. In Italia osanniamo gli allenatori e i calciatori, ma dei manager sappiamo poco o nulla (talvolta neppure il nome). Per colpa, parere personale, dei giornalisti sportivi (parlo solo di quelli che scrivono della serie A) più venduti ed incapaci che esistano in Europa (tranne quelli bravi che restano nel tempo, i Brera o Tosatti), vengono esaltati allenatori disponibili verso la stampa e denigrati tutti gli altri in un gioco, che si chiama amichettismo, che è la vera tragedia culturale italiana.