Nel conclave del 2005 Bergoglio si ritirò oppure si sentì usato?

(2013, Luigi Accattoli) Nella storia dei Conclavi quello del 2005 che elegge Benedetto XVI ha caratteristiche tutte sue che si direbbero «miste», trattandosi di un Conclave con esito a sorpresa nonostante il fatto che elegga il cardinale per il quale era previsto il più alto numero di voti al primo scrutinio. La sorpresa sta nel fatto che gli osservatori propendevano per ritenere Ratzinger il più votato in partenza, ma difficile a eleggere stante una notevole opposizione al suo nome, che avrebbe potuto attestarsi su un qualche antagonista «minoritario», obbligando a individuare un candidato di compromesso.

L’antagonista in effetti ci fu e fu impersonato – malgrado lui – dall’italo-argentino e gesuita Jorge Bergoglio, arcivescovo di Buenos Aires (sarà in Conclave anche stavolta e oggi ha 76 anni), che arrivò a raccogliere al terzo scrutinio 40 voti sufficienti a sbarrare la via al decano Ratzinger. Ma pare che Bergoglio durante la pausa del pranzo abbia scongiurato i propri sostenitori a cessare di votarlo, «non sentendosi pronto all’elezione», e Ratzinger fu eletto al quarto scrutinio con – si dice – 84 voti. Non ci sono fonti documentali ovviamente, ma le indiscrezioni sull’andamento degli scrutini sono ormai consolidate e attendibili.

Secondo le migliori ricostruzioni i cardinali Ratzinger e Bergoglio sono stati i più votati al primo e all’ultimo scrutinio del Conclave dell’aprile 2005. L’andamento degli scrutini è stato raccontato dal Tg2 serale del 22 settembre 2005, appena cinque mesi dopo la fumata bianca, sulla base del «diario» di un cardinale elettore restato sconosciuto. I cardinali sono tenuti al segreto, ma se «parlano» non incorrono nella scomunica che è invece prevista per gli altri partecipanti al Conclave. E qualcuno che parla c’è sempre.
I dati contenuti in quel diario e anticipati da quel telegiornale furono poi pubblicati per esteso dal vaticanista Lucio Brunelli sulla rivista Limes nel fascicolo 4/2005. Gli elementi portanti della ricostruzione fornita da Brunelli risultano coincidenti con un’indiscrezione fornita tre mesi prima dal superiore della Fraternità San Pio X Bernard Fellay e sono ora confermati da una nuova ricostruzione fornita tre giorni addietro da lastampa.it .

Il Conclave del 2005 dura 24 ore, dal pomeriggio di lunedì 18 aprile al pomeriggio di martedì 19. Il primo scrutinio si svolge nel tardo pomeriggio del 18 aprile, subito dopo il giuramento dei cardinali elettori. Ratzinger ottiene 47 voti, Bergoglio 10, Martini 9, Ruini 6, Sodano 4. C’è un’ampia dispersione su altri nomi. Il quorum è di 77 voti (lo stesso del Conclave che inizierà martedì) e a Ratzinger ne mancano 30 per essere eletto.
Il «consiglio» apportato dalla notte – che si può immaginare fitta di conciliaboli – fa salire Ratzinger a 65 voti al secondo scrutinio, che si svolge a partire dalle 9,30 del 19 aprile. I votanti sono 115 e dunque più della metà dei voti sono andati a lui. Sodano ne ha ancora 4, mentre quelli di Ruini sono andati a Ratzinger e quelli di Martini a Bergoglio, che balza a 35 preferenze.

Il terzo scrutinio vede Ratzinger salire a 72 preferenze: gli mancano cinque voti per essere eletto. Ma sale anche Bergoglio, che arriva a 40. Fumata nera e pausa pranzo. È il momento decisivo del Conclave. Ratzinger ha quasi il doppio dei voti di Bergoglio, ma se i sostenitori dell’argentino tengono duro possono impedirne l’elezione.
Più che sulla personalità del cardinale decano, nota a tutti e da tutti apprezzata, la febbrile consultazione ruota intorno alla timida figura dell’arcivescovo di Buenos Aires e allo spavento che i cardinali elettori gli hanno visto salire in volto con il crescere dei suffragi. Sono due gli interrogativi su Bergoglio che convincono una parte dei suoi sostenitori a spostarsi su Ratzinger: se lo schivo gesuita argentino viene scelto, accetta l’elezione? E se si va a uno stallo, su chi ci si può spostare?

Il diario dell’anonimo cardinale racconta che con l’aspetto e con i gesti – più che a parole – Bergoglio lasciava intendere, a chi l’avvicinava, che non avrebbe accettato l’elezione. Inoltre i suoi sostenitori si resero conto ben presto che non avevano un altro nome da proporre, tale da giustificare la resistenza a votare il decano. E il decano fu votato. All’ultima votazione Ratzinger ottiene 84 voti: vuol dire che 21 cardinali su 115 non l’hanno votato.
Quelli che non avevano votato Wojtyla nell’ottobre del 1978 erano stati 12 su 111 e quelli che non avevano votato Luciani nell’agosto dello stesso anno erano stati 11 su 111: dunque Ratzinger non ebbe la maggioranza plebiscitaria dei suoi predecessori. (Corriere della sera. Nel 2005 la sfida con Ratzinger. Bergoglio disse di non sentirsi pronto. I segreti dell’elezione di Benedetto XVI. Tutto durò 24 ore)

Andò davvero così? Esiste infatti un’altra ricostruzione della storia che ha trovato conferma con le parole di papa Francesco stesso.

(8 aprile 2024, Fabrizio D’Esposito) Bergoglio e Martini Entrambi gesuiti, l’allora arcivescovo di Buenos Aires e quello emerito di Milano non avevano però un grande rapporto: ad allontanarli in passato era stata la teologia della liberazione, avversata da Bergoglio. Il momento decisivo fu al terzo scrutinio, nella mattina di martedì: Ratzinger 72, a cinque voti dai due terzi richiesti dalla Costituzione Universi Dominici Gregis del 1996, e Bergoglio 40, ossia un consenso sufficiente a impedire l’elezione del tedesco fino al trentaquattresimo scrutinio, dopodiché il quorum sarebbe sceso alla maggioranza semplice più uno.

L’indiscrezione era nota da almeno due lustri, da quando l’argentina Elisabetta Piqué pubblicò Pope Francis. Life and Revolution. Si è chiesta infatti Julia Meloni, clericale di destra, nel suo La Mafia di San Gallo, ristampato di recente da Fede & Cultura: “Perché dopo il Conclave, tornato in Argentina, girava voce che Bergoglio si fosse sentito ‘usato’ dal partito anti-Ratzinger?”. E adesso, arrivata alla fine di marzo, c’è la clamorosa conferma del diretto interessato, oggi papa, che sceglie proprio il verbo usare: “È successo che sono arrivato ad avere quaranta dei centoquindici voti nella Cappella Sistina. Erano sufficienti per frenare la candidatura del cardinale Joseph Ratzinger, perché, se mi avessero continuato a votare, non avrebbe potuto raggiungere i due terzi necessari per essere eletto papa”. Parliamo del conclave dell’aprile del 2005, quello che elesse Benedetto XVI quale successore di Giovanni Paolo II. Continua Bergoglio: “Mi hanno detto, più tardi, che non volevano un papa straniero. Usavano me, ma dietro stavano già pensando di proporre un altro cardinale. Non erano ancora d’accordo su chi, ma stavano già per lanciare un nome”. Così “ho detto a un cardinale latinoamericano, il colombiano Darío Castrillón: ‘Non scherzare con la mia candidatura, perché adesso dico che non accetterò, eh? Lasciami qui’. E lì Benedetto fu eletto”. Fin qui, dunque, la rivelazione francescana, contenuta insieme ad altre in un libro appena uscito in Spagna: El Sucesor del giornalista Javier Martínez-Brocal, in cui Bergoglio racconta i suoi “ricordi di Benedetto XVI”. In realtà, come ha notato lo storico Giovanni Maria Vian, già direttore dell’Osservatore Romano, in un’intervista al Corriere della Sera “la cosa più sorprendente nel racconto di Francesco è l’assenza totale del nome del cardinale Carlo Maria Martini”. In tutte le ricostruzioni sul Conclave del dopo-Wojtyla, il cardinale simbolo dei progressisti (morto nel 2012) sembra infatti aver giocato un ruolo decisivo durante le quattro votazioni di quell’aprile del 2005. (Il Fatto Quotidiano)