Mario De Grazia: LA NOTTE DELLA CITTA’

Il saggio di Mario De Grazia “La notte della città” (Pellegrini editore, 2018, pagg.190) sui tre scioglimenti del comune di Lamezia (1991-2002-2017) l’ho letto e riletto. Ripercorre, con stile asciutto, ben 27 anni della nostra storia di cittadini e il racconto procede con la serenità e l’equilibrio di uno storico serio, pur se tante vicende le ha vissute in prima persona. Un grande prezioso libro che dovrebbe far parte dell’educazione civile di ogni cittadino lametino e sinceramente non so se le scuole, come Mario si augura, possano far fronte ad un impegno così fondamentale. Nello specifico sull’argomento ho scritto diffusamente su questo blog consultando  sentenze del Consiglio di Stato sugli scioglimenti di altre realtà, per evidenziare come Lamezia sia perseverante. Si preferisce, come spiega De Grazia più volte, parlare di complotti ai nostri danni, quando i tre scioglimenti hanno la stessa identica causa, che risiede nella composizione delle liste elettorali. Se io mi presento come candidato sindaco con 9 liste, debbo avere l’umiltà di controllarmi  225 nominativi. Ma non, come si crede, controllando carichi pendenti e certificati penali (troppo elementare e sbrigativo) ma frequentazioni, rapporti di vicinanza, di parentela e di affinità di ciascuno dei candidati con elementi delle ‘ndrine. Lo scioglimento non è la sanzione per atti amministrativi illegittimi, gare di appalti e favori compiuti, ma la prevenzione per eventuali conseguenze che possa avere la vicinanza del sindaco con soggetti particolari messi in lista. L’analisi sociopolitica di De Grazia è chiarissima, tranne forse nell’accenno alla “zona grigia” (i collusi) che potrebbe essere fuorviante. Le organizzazioni mafiose, la politica e le amministrazioni locali non sono entità separate. Se questo dato è vero, le famose “infiltrazioni”, e la cd zona grigia (“dove si muovono personaggi equivoci e pezzi importanti di classe dirigente, accomunati da una comune volontà di interagire…”) sembrano rimandare a due mondi distinti (quello di sopra e di sotto di Carminati) che distinti non sono perché stanno dentro l’area dell’illegalità. Che è poi quello che diceva il Procuratore della DDA Borrelli: “Lamezia è una città dove il legame tra la ‘ndrangheta e alcuni settori della società civile è talmente radicato che non viene percepito come una devianza sociale perché è digerito nello stomaco della città“. Insomma, a livello di analisi sociale, terzium  non datur perchè ogni corporazione è spaccata come una mela, con la mafia o contro, bianco o nero. Il guaio di Lamezia e della sicilianizzazione è questo: magari scopri che tra i professionisti dell’antimafia ci sono mafiosi in incognito. E veniamo ai partiti. Mario spiega benissimo che sono taxi (ottenere molti voti è un credito, un investimento), dove uno sale per farsi portare ad un posto. La politica è, sostanzialmente, mercato, dove gli elettori sono i consumatori dei prodotti messi in vendita da vari imprenditori, che offrono le loro diverse merci, i programmi di governo. Se qualcuno vende più degli altri significa che viene incontro a bisogni di cui la concorrenza non tiene alcuna considerazione. Piaccia o no, non è più possibile tornare indietro ai partiti della I Repubblica e se il richiamo all’art. 49 della Cost. da attuare è molto pertinente, rendiamoci conto che oggi il primo partito italiano non ha i signori delle tessere perchè è controllato dalla piattaforma Rousseau della Casaleggio associati. Questa sarebbe la nuova sinistra con cui il pd dovrebbe fare il governo, secondo alcuni. Per cui i gruppi dirigenti dei partiti divenuti autoreferenziali, a Lamezia e dovunque, si trovano ad essere oggi asfaltati da personaggi sconosciuti che hanno ricevuto l’investitura da Grillo o Casaleggio jr.. Che differenza ci sia con chi l’investitura la riceveva da Misasi, Berlusconi o Galati, me la debbono spiegare. La democrazia è una bella cosa ma quando (come avviene nella sinistra italiana) tutti sono capitani, come nei ragazzi della via Pal, la città o l’Italia vengono consegnati a leader che non sono passati attraverso selezioni, ma hanno imposto un brand politico con strategie commerciali. A Lamezia il pendolo tra leader e partiti, la ricostruzione di Mario è perfetta, ha oscillato. Quando i partiti lametini della sinistra si sono ritirati dietro un leader hanno vinto. Quando si sono allargati e divisi hanno consegnato la città agli scioglimenti. Il problema è allora oggi come sempre trovare un leader, come sono stati Lo Moro e Speranza. Quelli che se la prendono con un leader lo fanno sempre per imporre il loro (Travaglio attaccava Renzi perchè voleva Grillo), ma i leader non si selezionano più nelle sezioni, nei circoli, nell’associazionismo. Luca Ricolfi ha espresso recentemente un’opinione che spero possa valere anche per Lamezia:

 «La sinistra italiana è così impermeabile agli input esterni che non credo proprio possa tornare a vincere cambiando sé stessa. Tendo a pensare che, se tornerà a vincere, sarà soprattutto perché gli italiani sono volubili: se neanche questi due (Salvini e Di Maio) funzionano, e Forza Italia dovesse restare appisolata come oggi, prima o poi riproveremo quelli di prima».