Non è più questione di destra e sinistra. Capisco a Lamezia, parlando con persone con redditi sicuri, che essi si fidano ciecamente, ben oltre il 59% degli italiani favorevoli secondo Pagnoncelli, dei pifferai magici Ric & Gian al governo. Gli estremisti di destra e sinistra sono entusiasti. Non sono ottimisti, molto di più: fiduciosi, come i fedeli a Madjugorie. Ballano e si divertono sul Titanic, tanto loro la scialuppa ce l’hanno. Sarebbero capaci, per esempio, di lasciare al Brennero un tunnel, tra le montagne, di novanta chilometri solo perchè qualche idiota al governo lo ha chiamato inutile. Torno ad esporre allora (PRIMA del DISASTRO) ciò che spiegano quelli che capiscono di economia. Il nodo della faccenda non è aver deciso un’operazione in deficit, ma aver dato quel valore al Pil: è la previsione di crescita dell’1,5% ad essere «drogata» (testuale) e l’anno prossimo potrebbe portare a un raddoppio del buco nel bilancio. È il «doping» nella Finanziaria che sta producendo la sfiducia dei mercati e l’aumento dello spread, non certo — come sostiene Conte — le liti in diretta tv del governo. Voglio essere più brutale per farmi capire: pensare che puoi continuare a fare debiti per far crescere l’economia sino all’1,5, e così aumentare occupazione e redditi (tanto nessuno ti farà fallire) è un pensiero che se lo avesse un padre di famiglia indebitato qualsiasi, lo si dovrebbe far interdire dai familiari. Invece medici e professori che incontro, sono tutti fedeli e convinti che stiamo vivendo il nostro Eldorado. Prego perchè abbiano ragione, io come l’economista Salvati ho gli incubi. Sappiate che, secondo la Cgia di Mestre, le imposte che pesano di più sul portafogli degli italiani sono 2 e garantiscono più della metà (55,4%) del gettito totale: si tratta dell’Irpef e dell’Iva. Invece l’Italia, con un prelievo fiscale tra i più alti d’Europa, è quella delle oltre cento tasse. Una novantina di esse fanno incassare solo il 15% del gettito totale annuo, quindi con una seria riforma fiscale basterebbero poco più di dieci imposte. La riscossione sarebbe più contenuta, si lavorerebbe con più serenità e si ridurrebbe anche l’evasione. Ma i pifferai suonano e andremo tutti contenti con le nostre bandiere rosse e nere a chiuderci nella caverna.
(FEDERICO FUBINI, CORSERA)…Nelle scorse settimane i vertici del Tesoro hanno lavorato per convincere gli analisti di Moody’s a non declassare di due livelli, ricordando forte surplus con l’estero che il settore privato assicura per l’Italia. Probabilmente il doppio declassamento verrà evitato, ma Moody’s potrebbe comunque rimettere «prospettive negative» al debito anche dopo il taglio di un grado nel giudizio. Lo stesso, in vista di un declassamento, potrebbe fare anche S&P fra una settimana. Per le agenzie di rating conta molto la percezione che l’intero processo di governo dell’economia in Italia sia privo di rotta. Eppure proprio queste agenzie stanno diventando terribilmente importanti. Per Moody’s, S&P e Fitch l’Italia è a soli due scalini dal voto «non investimento» (o «spazzatura») e indici enormi come il Ftse Russell World Government Index (800 miliardi di dollari) o il Bloomberg/Barclays euro aggregate (2.500 miliardi) di fatto non possono più tenere l’Italia in portafoglio se due agenzie di rating la declassassero a «non investimento». Secondo Goldman Sachs, ciò innescherebbe vendite forzate di debito italiano per oltre cento miliardi di euro. E le soglie alle quali ciò può avvenire non sono davvero lontane.