Solo ora i giornali hanno scoperto che i dati quotidiani della Protezione civile sono fasulli, dati a capocchia, incontrollabili. Ad un giornalista che gli faceva una domanda, Conte ha risposto: “Se ritiene di poter far meglio di Arcuri la terrò presente”. Gli storici prendano nota, questa frase riassume i neuroni dello schiavo di Casalino, Giuseppi Conte. Due terzi delle famiglie italiane dichiarano di non avere subito riduzioni del proprio reddito durante il lockdown. Le risorse andavano perciò concentrate su quel terzo di popolazione colpito. Nel maxi-provvedimento invece ci sono finanziamenti inutili ( ai monopattini) e prebende a centri di potere. Lo capite voi perchè Conte piace ai comunisti puri e duri?
Sentite, gli “uomini soli al comando” sono quelli che imprimono le svolte alla storia. Si pensi a Giovanni Falcone. Nel 1979 venne assegnato alla sezione fallimentare del tribunale di Palermo, ma fu Rocco Chinnici a capire la sua stoffa e a inserirlo nella sezione istruttoria. Se Chinnici non lo avesse scelto, il pool antimafia forse non sarebbe nato. Saper scegliere le persone giuste è difficilissimo. La storia procede con queste scelte.
“È sempre molto antipatico fare discorsi sulle persone. Purtroppo, quando si tratta di politica, non è possibile evitarlo. Perché esiste una relazione inscindibile fra persone e scelte politiche, fra i leader e le politiche adottate dai partiti che essi guidano” (A. Panebianco). Di uomini eccezionali e di deficienti parla anche “L’Ora Zero: il 9 marzo del 2020”, un grande reportage di Repubblica (di Carlo Bonini, con Paolo Berizzi, Michele Bocci, Tommaso Ciriaco, Giuliano Foschini, Marco Mensurati, Fabio Tonacci, Giampaolo Visetti, Corrado Zunino) che racconta i fatti di questa pandemia all’italiana. La foto di un Paese arrivato nudo all’appuntamento con il Big One. L’epidemia che tutti aspettavano. E che nessuno è riuscito a fermare. E’ una storia molto lunga che non posso riassumere. Vado a ritroso e comincio dalla fine, il 9 marzo, giorno in cui si contano novantasette nuovi morti e il governo vara il decreto “Io resto a casa”. Quello che chiuderà il Paese per due mesi. Anche questa volta, nessuno ha il coraggio di dirci fino in fondo la verità. Non saranno 15 giorni, come il decreto prevede. A causa di un governo indeciso a tutto già nel tardo pomeriggio del 7 marzo era iniziata la Grande Fuga verso Sud. Alla fine, chi si sottrae alla morsa saranno centomila. L’8 marzo, Speranza ribadisce la sua linea: “La Lombardia non basta. Dobbiamo chiudere tutto. Con 90 province aperte su 105, la gente viaggerà verso le zone dove non c’è il blocco, è inevitabile”. Conte comprende l’errore della notte precedente. Che “per chiudere la Lombardia, è necessario chiudere l’Italia”. Il 3 marzo, dopo dieci ore di riunione a Palazzo Chigi, l’esecutivo aveva annunciato la chiusura delle scuole di ogni ordine e grado. Franceschini, Boccia e Speranza saranno determinanti per questa scelta. Lo scontro interno, però, è durissimo. Conte tentenna, sempre. E’ una decisione che sembra subire. Il parere degli scienziati è questo: se chiudete gli istituti, dovete farlo per almeno due o tre mesi, altrimenti sarà inutile. Conte non è sicuro che il Paese possa reggere.
Dal 31 gennaio 2020 quando Conte dichiara lo stato di emergenza e nomina Borrelli, il capo della protezione, “commissario dell’emergenza coronavirus” sino al 3 marzo, i cronisti di Repubblica spiegano cosa sia successo e fanno i ritratti dei personaggi. Angelo Borrelli, per esempio, non è un medico, è un revisore contabile, non si capisce perchè abbia dovuto fare il commissario lui e non Speranza. Speranza è l’ottimo ministro della Salute, ne esce bene dalla vicenda, soprattutto da quando si affianca Walter Ricciardi. Ma dall’OMS sino all’ultimo impiegato del Ministero della salute nessuno capisce nulla di nulla dal 31 gennaio sino ad oggi. Uno solo, racconta Repubblica (ma io l’ho già fatto per chi consulta questo blog), capisce subito tutto: Andrea Crisanti, 65 anni, microbiologo che ha lavorato a Londra e adesso è a Padova. Zaia, presidente del Veneto, prima va dietro al direttore generale Mantoan, poi finalmente si accorge di Crisanti. La linea di Crisanti, da Vò Euganeo in poi, è fare tamponi a tutti e avere dati generali precisi. La linea dell’Oms e degli italiani è il contrario: tamponi solo ai sintomatici e dati affastellati andando vedendo. Crisanti non perde tempo e compra in tempi rapidi mascherine, reagenti, tamponi, test. L’Italia ha un piano pandemico solo sulla carta e quando si decide a comprare le protezioni necessarie non trova nulla. Borrelli getta la spugna e viene commissariato da Arcuri, ma è ormai troppo tardi. I dati del contagio che ogni giorno vengono diffusi alle 18 sono tutti sballati.
Il rituale delle 18, numeri che parlano del nulla per spiegare il nulla, non ha fatto altro che accrescere la tensione sociale. Una gestione tra il terroristico e il paternalistico. La Protezione civile è in bambola, Conte, lo schiavo di Casalino, è prudente e perde tempo, Speranza è quello più deciso a chiudere ma il suo ministero è infiacchito, impreparato. Diversi uffici nascondono ogni scelta dietro la burocrazia, si limitano a fare “inoltra” alle mail. Racconta il viceministro Pierpaolo Sileri: “Questo ministero non sa quante unità Covid – intendo gli ospedali con reparti dedicati e i lavoratori ai centralini – siano presenti in Italia. L’ho chiesto a inizio aprile, mi hanno risposto che servono cinque mesi per sapere. Ho scoperto il numero rivolgendomi alle singole Regioni tramite la Protezione civile. L’Agenas, decapitata da Speranza a novembre, è ferma da quattro mesi. L’agenzia per i servizi regionali sarebbe l’ideale per gestire i dati sanitari, hanno un’esperienza storica in questo campo, e invece abbiamo dovuto girarli alla Protezione civile che non sa bene come maneggiarli”.
L’unica voce certa in quelle tabelle sono i decessi, assicura. “Il numero dei tamponi non sai mai a quale periodo si riferisce, i guariti a volte ti arrivano dopo quattro giorni, a volte dopo una settimana, i posti in Terapia intensiva non puoi sapere se si sono liberati perché il paziente è guarito o perché è morto. La raccolta dati è decisiva, ma in questa fase non è certo a prova di bomba. Sono molto stupito che l’R0, il parametro del contagio, possa essere stato calcolato su questi numeri.
Insomma, Repubblica spiega, per chi volesse capire, come questo governo e questo sistema amministrativo vengano travolti da qualcosa che possiamo definire “ pandemia imprevista”. Imprevista, ma adesso siamo al 20 maggio. Non tutti sono stati all’altezza e dopo tre mesi è ora che qualcuno dica basta: tutti a casa e cambiamo pagina. Non è che questi stessi signori possano continuare come se niente fosse ( e magari atteggiandosi ad eroi) sfornando decreti di centinaia di articoli per venire a capo di problemi epocali che non sono in grado di gestire. Solo con le norme non si gestisce la ricostruzione nè i prossimi nuovi focolai. A chiacchiere siamo bravi tutti, ma quando si tratta di passare ai fatti, adesso sappiamo che sul governo Conte non possiamo contare. Il problema italiano è l’amministrazione, e la politica non è in grado di mettervi mano. Al reportage di Repubblica aggiungerei la frase di Conte riportata all’inizio. Gli storici la conservino per i loro libri.