Cassese spiega perchè ha vinto il No

In Riforme istituzionali e strategie della politica, a cura di Sabino Cassese (2015, Giuffrè Editore, collana Rivista trim. di diritto pubblico), c’è la più compiuta analisi dello storico dibattito ormai settantennale intorno alle riforme costituzionali, e la spiegazione “culturale” dell’ impotenza a riformare un sistema di decisioni collettive, di cui l’esito del referendum è stato l’ultimo atto.

Cassese innanzitutto descrive i sei miti  da sfatare: 1) Le riforme si devono fare insieme con l’opposizione; 2) Si possono fare riforme politiche solo decontestualizzate, senza fini politici; 3) Le riforme non devono essere strumento di lotta politica; 4) la legge elettorale deve procedere quella costituzionale; 5) i riformatori istituzionali farebbero violenza al libero gioco politico imponendo regole giuridiche costrittive; 6) la società italiana sarebbe stata ed è più divisa e meno omogenea rispetto ad altre società per cui ad essa non si confacerebbero né il maggioratismo né forti istituzioni di governo in grado di compiere sintesi unitarie.

“L’insieme di questi miti …ha prodotto una cronica deficienza di decisione politica che ha avuto come effetto, a sua volta, un’altrettanto cronica difficoltà a ricondurre ad unità i molteplici interessi presenti nella società, difficoltà accentuata dall’evolversi della società italiana in direzione di un ricco e via via sempre più autonomo pluralismo…”

Cassese analizza in maniera molto chiara le tendenze che emergono “…ed emerge infine, con cronica regolarità, insieme alla paura del tiranno, la tendenza di parte di larghe componenti della società a guardare con sospetto e ostilità la leadership democratica in quanto tale, accanto ai rischi di presunte tirannidi della maggioranza di cui nessuno ha mai visto ad oggi nessun minimo cenno; con la tendenza a scambiare come necessario strumento di garanzia la strutturata garantita debolezza del potere democratico, quasi in diretta continuità  con l’atteggiamento delle forze politiche alla Costituente, come se le condizioni odierne fossero sostanzialmente quelle di settanta anni fa”.

Per quanto riguarda la sinistra è una posizione che nasce negli anni settanta”…si avvia un’opzione politica, in contemporanea con le prime credibili proposte di riforme istituzionali, che deriva dalla convinzione della sinistra comunista dell’epoca (affiancata da numerosi intellettuali) secondo la quale quella dei riformatori fosse una strategia di mera normalizzazione autoritaria di una democrazia italiana che invece andava felicemente in direzione di prassi ed equilibri democratici  anche più avanzati rispetto alle grandi democrazie. Una variante di questo approccio è l’idea secondo la quale sarebbe sbagliato imporre regole del gioco volte a forzare le forze politiche che debbono invece essere lasciate padrone del loro destino e del funzionamento della forma di  Governo (in coerenza con uno dei capisaldi della Costituzione del ’48)”.

La conclusione è : “E’ un fenomeno culturale che trova fondamento nella storia del paese così come, ad esempio, avviene per l’innata paura del rischio inflazione in Germania”.